Successore di Andy Warhol, artista di fama e talento mondiali, genio contemporaneo, rivoluzionario dei nostri tempi, attento e cinico critico della società odierna, chi più ne ha più ne metta.
Ma dove, mi domando io?! Dopo aver letto le lodi sperticate allo sbarco, nella nostra splendida Firenze, di Jeff Koons, sono rimasta alquanto allibita, non lo nego, e l'orticaria si è impossessata di me.
"Jeff Koons In Florence è l’evento più atteso dell’anno: un confronto tra la provocante bellezza delle opere del geniale artista americano e i capolavori senza tempo di Donatello (1386-1466) e Michelangelo (1475-1564)", si legge sul sito ufficiale del'evento.
Mapperpiacere.
Nulla di personale nei confronti dell'ex "cicciolino", parafrasando il nome di battaglia dell'amata ex moglie, ma definirlo grande artista mi sembra un insulto agli illustri artisti che l'hanno preceduto sul suolo fiorentino.
E, aggiungo, mi ha riempita di gioia e soddisfazione l'autorevole parere di critici dell'arte e intellettuali quali Tomaso Montanari e Pablo Echaurren, che hanno ridimensionato notevolmente la fama e il valore di Koons, smorzando i lussuriosi animi di buona parte dei giornalisti italiani che, probabilmente, di Koons conoscono soltanto la già citata ex moglie, e le sue indubbie grazie.
Se, per ottenere una sfilza di like su Facebook o la stima e gli apprezzamenti della massa di pseudo cultori dell'arte contemporanea basta presentare al mondo una improbabile serie di dipinti porno-trash iperrealisti, degni di un assoluto e incontrastato re del kitsch venuto da oltre oceano, e spiegare le suddette opere, di dubbio gusto, con aggettivi pressoché incomprensibili e altisonanti quali "gestaltico", "transeunte", "pellicolare", scelti a casaccio sfogliando un ben fornito dizionario, allora il mio sdegno supera l'umana comprensione.
Non ci credete? Ecco come Koons ha spiegato il senso della sua opera esposta a Firenze, "Gazing Ball (Barberini Faun)", opera realizzata nel 2013 per la serie intitolata appunto "Gazing Ball", un insieme di calchi in gesso di celebri sculture del periodo greco-romano cui l’artista ha aggiunto, in posizione di precario equilibrio, una sfera di colore azzurro brillante e dalla superficie specchiante: “Ho pensato a Gazing Ball guardando per molti anni sfere di questo genere. Ho voluto affermare la perentorietà e la generosità della superficie specchiante e la gioia che scatenano sfere come queste. La serie Gazing Ball si basa sulla trascendenza. La consapevolezza della propria mortalità è un pensiero astratto, e a partire da questa scoperta uno inizia ad avere coscienza maggiore del mondo esterno, della propria famiglia, della comunità, può instaurare un dialogo più vasto con l’umanità al di là del presente”.
Mapperpiacere (e due).
Ma, evidentemente, fingere di apprezzare simili obbrobri fa figo, fa subito "esperto d'arte dalle aperte vedute", amante della bellezza e dell'eros che queste opere sprigionano (ma siamo sicuri non sia soltanto esilarante pacchianaggine?).
Se siete ancora scettici su ciò che vi sto dicendo, vi basterà dare un'occhiata, anche superficiale, alle fotografie dell'arlecchinesca (per non dir di peggio) parata che ha accolto Koons al suo arrivo a Firenze con, tanto per citare un esempio, majorette in parrucca blu nel Salone dei Cinquecento (eresia!!!); per usare le parole di Echaurren, un esempio perfetto della "sudditanza dei media e delle amministrazioni e dell'autocompiacimento dell'esibizione del valore inteso come prezzo", ovvero del piegarsi dell'arte al volere di mercato.
Il pubblico degli acquirenti è formato da capre (benedetto Sgarbi) che anelano a mettersi in casa un'opera che raffigura Koons e Cicciolina in piena baldoria?
E allora questo occorre fornirgli, con tanto di firma del grande artista, spacciando porcherie per immense manifestazioni artistiche.
Ma sapete cosa vi dico? Ce lo meritiamo, eccome.
Se una volta i committenti erano Lorenzo Il Magnifico e illuminati principi di corte, mentre oggi, tuttalpiù, sono magnati tanto pieni di soldi quanto di cattivo gusto, è giusto così.
E allora è qui che possiamo finalmente dare una ragion d'essere al nostro amico Koons, perfettamente inserito in questa grottesca giostra che è, sempre più spesso, il mondo dell'arte contemporanea, una bestia da palcoscenico, un perfetto esempio di cosa produce la società dei consumi, del degenero della cultura Pop, del mondo come grande operazione commerciale, orchestrata da pochi e seguita con zelante ignoranza dai molti.
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