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lunedì 29 febbraio 2016

#RecensioniPerEsordienti: La Dittatura dello Zero Assoluto, Michele Marca

Venerdì 26 febbraio 2016: la data di nascita ufficiale del nuovo spazio dedicato esclusivamente agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/, che d'ora in avanti arricchirà La mansarda dei Ravatti con recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo. 

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere. 

E allora iniziamo la nostra avventurosa partnership, con la mia prima recensione di un giovane esordiente che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "La dittatura dello Zero Assoluto" di Michele Marca: buona lettura!


Violenza, ansia, una sorta di paura indefinita ma ben percepibile che trascina il lettore in un vertiginoso vortice di terrore, in un crescendo di suspense che tiene incollati fino all'ultima pagina.       Così potremmo definire “La dittatura dello Zero Assoluto” (Eretica Edizioni, 2015), di Michele Marca, un breve romanzo a metà tra psicologico e horror, una trama originale e ben strutturata che è un continuo richiamo a grandi riferimenti letterari e cinematografici del passato e non solo: dal classico “1984” di George Orwell al filone del thriller psicologico di derivazione americana, strizzando l'occhio anche al cinema horror d'autore, in primis il riuscitissimo “Saw. L'enigmista” diretto nel 2004 da James Wan.

Ma veniamo a noi: il romanzo è ambientato in un futuro non ben definito, in un'epoca storica dove ci è permesso di comprendere che l'umanità è stata sottomessa ad una spietata dittatura, e dove libertà di parola, di pensiero e lo stesso diritto alla vita vengono prepotentemente messi in discussione, se non violati.
   Paradigma di questa situazione la scena centrale, che fa da fil rouge all'intera opera: sei prigionieri, rinchiusi all'interno di celle fatte di specchi infrangibili, imprigionati nella più completa solitudine, imbottiti di cocktail di psicofarmaci e soggetti ad ogni tipo di abuso, messi alla prova da un sadico, un “cattivo” senza possibilità di redenzione, “Il Burattinaio”.
   Infatti ognuno dei sei carcerati, durante i sei turni di prova previsti, dovrà scrivere una storia, talmente accattivante da stupire il Burattinaio e aver salva la vita; gli altri moriranno tra le più atroci sofferenze.
   Ma, come spesso accade, le cose non andranno proprio secondo il previsto.

Oltre alla trama avvincente, il grande pregio di questo romanzo sta sicuramente nell'accuratissima caratterizzazione dei personaggi: la descrizione fisica, spesso ripugnante, rispecchia appieno il completo degrado morale che aleggia per l'intera durata della storia, evidente denuncia di quel degrado, più sottile ma altrettanto subdolo e pericolo, che affligge la società moderna (e in questo il già citato riferimento ad Orwell viene spontaneo).
 
Ne “La dittatura dello Zero Assoluto” non c'è spazio per la pietà, per la solidarietà fra vittime di uno stesso destino, c'è soltanto il bisogno di sopravvivere, e talvolta muore anche quello.
   Insomma, nel complesso un romanzo che suscita le più disparate emozioni, che infastidisce volutamente il lettore, lo spaventa, e al tempo stesso lo fa riflettere: la cattività rende ferina la natura umana, ma non ottiene forse lo stesso risultato anche il bombardamento mediatico, la concorrenza spietata nel mondo del lavoro, l'abuso della tecnologia, la graduale perdita dei rapporti umani che affligge questo mondo così 2.0?

Per altre recensioni visitate anche il portale http://www.recensioniperesordienti.it/, e continuate a seguire l'angolo contrassegnato dall'hashtag #RecensioniPerEsordienti, ne vedrete delle belle!


venerdì 26 febbraio 2016

#arte: "Tranquillo Cremona e la Scapigliatura", Pavia, Scuderie del Castello Visconteo

Dopo la mostra “I Macchiaioli. Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo”, il programma espositivo delle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia prosegue con un’altra importante corrente artistica italiana dell’Ottocento: la Scapigliatura.


Dal 26 febbraio al 5 giugno 2016 le sale delle Scuderie ospiteranno “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura”, un progetto ideato, prodotto e organizzato da ViDi in collaborazione con il Comune di Pavia, e curato da Simona Bartolena e Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici di Pavia.

Collegandosi idealmente con la grande esposizione “Tranquillo Cremona e gli artisti lombardi del suo tempo”, allestita nel 1938 nel Castello Visconteo e inaugurata dal Re Vittorio Emanuele III, la mostra intende rendere omaggio al gruppo scapigliato, partendo dalla ricerca dell’iniziatore del nuovo linguaggio stilistico, Tranquillo Cremona - che a Pavia è nato e si è formato alla Civica Scuola di pittura - per indagare il movimento in tutte le sue diverse espressioni artistiche.

Ma facciamo una breve parentesi storico/artistica su questo movimento così innovativa nel panorama artistica italiano: il termine “scapigliatura” - libera traduzione dal francese bohême - deriva da “La scapigliatura e il 6 febbraio” del 1862, un testo misto di riflessioni critiche e di narrativa dello scrittore Cletto Arrighi.
   Nella Milano postunitaria, centro dinamico della borghesia italiana, si riunisce un gruppo di intellettuali, diversi per temperamento, ma accomunati da atteggiamenti anticonformistici e dal rifiuto delle regole imposte dalla società dell’epoca.
   Questo spirito di rivolta, nato dapprima in ambito letterario, si evolve in una vera e propria corrente che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’inizio del Novecento, coinvolge tutte le arti e pone le basi per un importante rinnovamento ideologico del mondo culturale italiano.

Al fine di offrire una panoramica completa del mondo degli scapigliati, l’esposizione svilupperà un percorso tra pittura, scultura, letteratura e musica per far rivivere al pubblico l’atmosfera di questo movimento nelle sue principali forme espressive.
   La mostra presenta una selezione di circa sessanta opere degli artisti più rappresentativi della Scapigliatura tra i quali appunto Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni, Giuseppe Grandi, Luigi Conconi, provenienti da prestigiose sedi come la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, la Casa Museo Pisani Dossi, la Fondazione Lamberti di Codogno, il Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Castello di Masnago, Raccolte Frugone Musei di Genova, Civico Gabinetto dei Disegni, Castello Sforzesco e diverse collezioni private.

Un racconto pittorico, ma anche letterario e musicale, secondo la teoria, fermamente sostenuta dagli Scapigliati, delle “arti sorelle”, ovvero della necessaria contaminazione e del reciproco scambio di suggestioni tra le diverse discipline.
   Tra i personaggi che hanno frequentato gli ambienti scapigliati si annoverano infatti celebri scrittori, musicisti o librettisti come Cletto Arrighi, Iginio Ugo Tarchetti, Carlo Dossi, Giuseppe Rovani, Emilio Praga, Arrigo Boito, Antonio Ghislanzoni, Giacomo Puccini, Alfredo Catalani e molti altri.
   Per offrire, quindi, una lettura completa di un movimento che costituì un vero e proprio fenomeno culturale nell’Italia postunitaria, in mostra saranno approfonditi – con ascolti musicali, manoscritti e partiture originali e pannelli didattici – anche le opere letterarie e musicali della scapigliatura.

Lungo le sale delle Scuderie i visitatori saranno accompagnati dalle parole del capogruppo degli scapigliati, lo stesso Tranquillo Cremona, che porterà il visitatore a rivivere lo straordinario fermento culturale dell’epoca alla scoperta della vita, dell’opera e delle forti personalità dei suoi compagni.

Il progetto espositivo vanta la collaborazione di Gianfranca Lavezzi, docente dell'Università di Pavia, per gli approfondimenti letterari, e di Daniela Gatti e Candida Felici dell'Istituto Superiore di Studi musicali Franco Vittadini di Pavia, per gli aspetti legati alla musica.

ViDi, in collaborazione con l’Associazione ARTpiù Creative Project propone inoltre una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti con l’obiettivo di approfondire le tematiche affrontate dalla mostra.

Info utili: 

Scuderie del Castello Visconteo
Viale XI Febbraio, 35 - 27100 Pavia

Orari
Dal lunedì al venerdì: 10.00-13.00/14.00-18.30
Sabato, domenica e festivi: 10.00 – 19.00
(La biglietteria chiude un’ora prima)

Biglietti
Intero: 10,00 euro | Ridotto: 8,00 euro Audioguida inclusa nel prezzo
Scuole: 5,00 euro

Informazioni e prenotazioni
www.scuderiepavia.com | info@scuderiepavia.com | Tel: +39 0382 33676
www.vivipavia.it

giovedì 25 febbraio 2016

#cinema: OSCAR SO… DEPRESSING?


Ormai siamo in odore di Premi Oscar, si sa, e io che faccio? 
   Vi dedico un'acida, acidissima riflessione macguffiana sui criteri che spingono l'Academy ad assegnare le statuette (mooolto, ma mooolto discutibili, a parer mio)
   Concordate con me? Sarà meglio per voi... ;) 
PS: andatevi a leggere il pezzo, e fatevi quattro risate, che di gente cinica e petulante così non ne fanno più, garantito...


Intanto, godetevi un assaggino del pezzo in questione...

Tu sei buono
e ti tirano le pietre

Sei cattivo
e ti tirano le pietre

Non sei ricco
e ti tirano le pietre

Così faceva un (molesto) motivetto anni Sessanta, ma ad oggi, in odore di Academy, sarebbe più appropriato dire che, se sei sfigato, al limite ti tirano gli Oscar, quelle benedette statuette dorate tanto ambite, che soltanto il bel Leo DiCaprio non riesce a vincere manco a morire.

A pochi giorni dall’inizio dei prestigiosi Academy Awards, concedeteci una tanto breve quanto acida riflessione su quella che sembra essere la tendenza dominante degli ultimi anni, ovvero l’assegnare l'”omino in gold” solo ed esclusivamente a film strappalacrime o socialmente impegnati, storie di menomati, disabili e malati terminali più o meno inventati, drammi di guerra o casalinghi che siano, e via discorrendo (o dovremmo dire deprimendo…).

Sì, lo so che vi sembreranno affermazioni un po’ forti ma niente paura, non siamo né un branco di nazisti sostenitori dell’eugenetica, né dei mostri senza cuore, ne abbiamo soltanto pieni gli zebedei di assistere, ormai annualmente, alla sagra dell’ipocrisia e della banalità.

Per carità, non ci sogneremmo mai di affermare che film come, per esempio, 12 anni schiavo di Steve McQueen, vincitore del premio Oscar come miglior film nel 2014, non abbia meritato la vittoria, né che Eddie Redmayne non sia stato abbastanza intenso da aggiudicarsi l’Oscar come miglior attore protagonista per la sua interpretazione di Stephen Hawking ne La teoria del tutto (James Marsh, 2014), ma diciamocela tutta: l’Academy of Motion Picture Arts and Science ha assegnato i premi alle storie, alla drammaticità delle trame scelte, senza considerare altri fattori pregnanti come, in primis, la bravura interpretativa degli attori candidati.

E volete che quest’anno a fare incetta di premi non sia proprio The Danish Girl (Tom Hooper, 2015), dove il buon Eddie Redmayne (lo adoriamo, davvero, ma… di nuovo?! Eh no, un po’ per uno in braccio alla mamma, come ci dicevano da piccoli…) interpreta il primo transessuale della storia, con tanto di storia d’amore travagliata, trionfo dei buoni sentimenti e tutti gli annessi e connessi? ...

Se volete leggere il resto, cliccate qui: http://www.themacguffin.it/focus/1582/



mercoledì 24 febbraio 2016

#film: Il piccolo Principe, Mark Osborne


Una ragazzina che si affaccia alla vita adulta troppo presto, una madre sull'orlo della crisi di nervi che ha stabilito che tutto sia meticolosamente organizzato, sistemato, previsto, terribilmente triste e deprimente, un quartiere dove le case (e le persone) sono tutte terribilmente uguali e monotone.
   Un mondo adulto, efficiente all’inverosimile, al quale è precluso l’essenziale, quello fatto di sentimenti, emozioni, forse proprio perché «l'essenziale è invisibile agli occhi». 

Per chi ha amato, da bambino o magari in età adulta, "Il piccolo principe", celeberrima opera dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, l'inizio della sua trasposizione cinematografica è decisamente efficace, e ci trasporta subito all'interno della dimensione dell'opera, che si presenta subito per quello che è: una denuncia sociale travestita da fiaba per bambini. 

E infatti non manca certamente il cuore a questo film, toccante e intenso al punto giusto, che inizia raccontando la storia di una magica amicizia tra questa ragazzina e l'anziano e strambo aviatore che si ritrova come vicino di casa, un'amicizia profonda che si protrae fino alla fine; sarà proprio il goffo, eccentrico vecchietto a far cambiare prospettiva alla piccola, che, da inquadrata che è, comincia poco per volta ad aprirsi, fino a trasformarsi in ciò che avrebbe dovuto essere fin dal principio: una bambina di 10 anni, con tanta voglia di scoprire il mondo che la circonda. 

La storia pone particolare attenzione a questo magico rapporto, ma ovviamente il piccolo principe non poteva certo mancare, ed è proprio il suo ingresso a rendere ancor più meraviglioso questo film, che non è una trascrizione pedissequa del libro, ma a questo si ispira soltanto, seppur fedelmente.
   Una storia nella storia, insomma, due piani temporali che si amalgamano perfettamente, e che sono forse la più grande invenzione stilistica operata dal regista, il bravo Mark Osborne (già noto per il successo mondiale Kung Fu Panda).

A riprova di questa voglia di innovazione il fatto che, oltre alla figura del principino, accompagnato dall'inseparabile Rosa, dalla Volpe e dai personaggi storici del libro, conosciamo anche quella del principe divenuto adulto, in preda alle nevrosi quotidiane del lavoro, in una società talmente fredda e arida da aver impedito anche alle stelle di brillare, in balia del più spregevole capitalismo (mi ricorda qualcosa...).
   Un ragazzo adulto, stressato, depresso ma che, grazie al ricordo dei tempi che furono e all'incontro con la piccola, vera protagonista della storia, riuscirà a recuperare tutti i frammenti della sua infanzia, insieme alla sua felicità.

Per quanto riguarda i dettagli tecnici, lodevole il fatto che i disegni relativi al piccolo principe siano rimasti pressoché inalterati rispetto a quelli dell'opera originale, e che leghino bene con i nuovi personaggi, caratterizzati da uno stile grafico comunque decisamente differente.
   Una differenza sostanziale, appunto, dovuta al fatto che, se la storia principale è realizzata in CGI, i personaggi del libro sono disegnati su quei fogli sparsi che, tra le mani della bambina, prendono vita grazie alla tecnica dello stop-motion. 
   I colori sono potenti, e ci trasportano in un universo onirico oggettivamente bello e piacevole anche soltanto da vedere.

Anche il doppiaggio merita una nota a sé: è decisamente divertente riconoscere, di volta in volta, le voci dei grandi personaggi (mi sto riferendo al doppiaggio italiano, ma anche quello originale non scherza affatto) che compongono il cast, ovvero:


  • Lorenzo D'Agata: Piccolo Principe
  • Paola Cortellesi: La Mamma
  • Vittoria Bartolomei: Piccola Ragazza
  • Stefano Accorsi: La Volpe
  • Micaela Ramazzotti: La Rosa
  • Toni Servillo: L'Aviatore
  • Alessandro Gassmann: Il Serpente
  • Alessandro Siani: Il Vanitoso
  • Giuseppe Battiston: L'uomo d'affari
  • Pif: Il Re
  • Angelo Pintus: Il Signor Principe
  • Carlo Valli: L'insegnante
  • Carlo Reali: L'esaminatore


Nel complesso, tirando le somme, ciò che resta inalterato e potente, sia nel libro che nel film, è il messaggio, splendido, che arriva forte e chiaro alle orecchie, ma soprattutto al cuore, dello spettatore: i bambini hanno il diritto di essere tali, e anche noi "grandi" faremmo bene a conservare gelosamente, dentro di noi, una parte di quel fanciullo che tutti siamo stati, una fonte inesauribile di gioia e magica fantasia.



lunedì 22 febbraio 2016

#viaggi: Firenze, diario di una vacanza (quasi) in solitaria

Mi sono fatta un po' attendere, lo ammetto, ma finalmente ho avuto il tempo di sedermi a tavolino, davanti all'inseparabile pc, per potervi raccontare, brevemente, del mio viaggetto in Toscana, e più precisamente nella splendida Firenze.
   L'occasione è capitata quasi per caso, decisamente inaspettata, e con pochissimo preavviso, rispetto ai miei soliti 2/3 mesi di cui necessito per studiare tappe e itinerari che manco Alberto Angela nei suoi momenti migliori riuscirebbe ad eguagliar peer precisione e maniacalità assoluta e totale.
   Come vi dicevo, ho colto l'occasione: il ferroviere che mi sta accanto da ormai 7 anni ha dovuto fare un corso di aggiornamento proprio nel capoluogo fiorentino, e io potevo forse starmene a casa buona buona?!
   Giammai, carpe diem e, valigia dal peso improponibile al seguito, sono saltata sul treno (sì, perché noialtri si viaggia sempre così, ormai lo sapete..), pronta ad esplorare il "mondo".

In realtà a Firenze ero già stata due volte, ma durante dei classici weekend romantici, durante i quali si gira ma in modo non sufficientemente approfondito per i miei ossessivi gusti.
   Questa volta, invece, posso dire di aver girato praticamente sempre in solitaria, e ammetto che è stata un'esperienza assolutamente utile e decisamente piacevole: sola 9 ore al giorno circa, ho imparato a cavarmela nella difficile attitudine dell'orientamento, che è forse il mio più grande limite: portatemi in un qualsiasi luogo, e anche dopo 20 volte, sarò ancora in grado di perdermi nei meandri della mia confusione totale.

Invece ho appurato sulla mia pelle che, quando non hai nessuno su cui contare, se non su una banalissima cartina della città very very used, allora sì che ci si sveglia, eccome.
   Mi sono ripromessa di basarmi soltanto su questa, niente informazioni chieste in giro, né tantomeno navigatore satellitare sul cellulare, soltanto me medesima e un foglio di carta in mano: il primo giorno credo di aver girato a vuoto complessivamente un paio d'ore, forse più, per riuscire a capire da che parte fossi girata, ma da lì la strada è stata tutta in discesa.
   E poi diciamocelo, perdersi all'interno del centro storico di una delle città più belle al mondo, non può che essere un'esperienza più che piacevole.

Per quanto riguarda il viaggio vero e proprio, il primo giorno tappa d'obbligo al Duomo di Santa Maria Novella e al Battistero; c'ero già stata, ma rivederli è sempre un'emozione per cui vale la pena ritornare.
   Inoltre, sempre all'interno della Cattedrale, è possibile visitare un interessante museo che mostra, oltre a reperti di epoca romana, anche le preesistenze sotto lo strato pavimentale odierno, veri e propri scavi decisamente suggestivi.
   Per non parlare del Museo dell'Opera del Duomo: la maestosità e la bellezza dell'architettura si fondono con la sapienza di maestri cesellatori di incredibile ricchezza.

E il primo giorno è stato sicuramente quello più strong, come già vi avevo anticipato in diretta durante la mia permanenza fiorentina: la salita in cima al campanile di Giotto, 85 metri per un totale di 414 scalini, un'esperienza da cardiopalma, che tuttavia merita ogni singola goccia di sudore versato, grazie al magnifico panorama che potrete godervi da lassù.

Oltre alle mete più scontate, dalle quali è impossibile prescindere, vi consiglio una piccola chicca: la Sinagoga ebraica di Firenze, testimonianza storica di rara bellezza, un tripudio di oro, decorazioni, il tutto condito da quell'alone di misteriosa soggezione che soltanto le chiese di altre confessioni, a mio parere, sanno dare.

Altra tappa obbligatoria Palazzo Vecchio, nella splendida Piazza della Signoria: all'interno troverete un interessante museo, e non perdete la parte degli scavi romani, proposti in maniera semplice ma decisamente affascinante, con tanto di video interattivi che faranno la gioia anche dei più piccini.
   Stesso discorso per il Museo del Bargello, sul quale non mi dilungo poiché esiste già un sito riccamente fornito di informazioni dettagliate.

E degli Uffizi? Ne vogliamo parlare? Se non ci siete ancora stati vedete di rimediare subito. Sì, è una minaccia...
   Scherzi a parte, questo è sicuramente un ottimo periodo per visitarli: code pressoché inesistenti, fattore eccezionalmente raro, poiché solitamente è quasi necessaria la prenotazione, onde evitare di dover attendere fuori per ore.

E ora una carrellata di tutto ciò che non potete perdere assolutamente nel cento storico di Firenze, con una top ten mordi e fuggi:


  • Palazzo Medici Riccardi
  • Badia Fiorentina
  • Chiese di OrSanMichele, Santa Croce, San Lorenzo e Cappelle Medicee
  • Chiesa e annesso Museo di San Marco (per gli appassionati di pittura medievale, specialmente di Beato Angelico)
  • Casa di Michelangelo Buonarroti
  • Gallerie dell'Accademia (non vedere almeno una volta nella vita il David di Michelangelo - quello in piazza è una copia, dunque non vale - e i Prigioni è un delitto, e dovrebbe essere penalmente punito!)
  • Ponte Vecchio (se avete i soldi per acquistare anche qualche manufatto di oreficeria, avete tutta la mia più cocente invidia, sappiatelo...)
  • Palazzo Pitti con relativi Museo degli Argenti e del Costume (mi raccomando scarpe comode, la ricchezza del percorso potrebbe stremarvi)
  • Giardini di Boboli e Giardini Bardini (vedi sopra)
  • Cene abbondanti presso qualsiasi ristorante/trattoria locale: si mangia non bene, si mangia divinamente (e almeno una volta, la Fiorentina, rigorosamente con filetto e al sangue, ci sta tutta, non fare i taccagni, su su...) 
E per quanto riguarda la panza?
   Niente paura, come sempre ho dato abbondantemente anche in questo campo, tra fiorentina, ribollita, crostini e bruschette, taglieri di salumi, pappardelle al cinghiale, trippa e cantucci col vin santo. 
   Qualche consiglio su dove mangiare? Sicuramente consigliatissime le trattorie "Da Giorgio", "L'Antico Fattore", "Il cantastorie" e "Da Zazà", tutte in pieno centro. 

E infine, una piccola parentesi: lo shopping
   Ebbene sì, mi sono lasciata tentare, e un giretto al mercato del Porcellino e a quello del quartiere San Lorenzo (decisamente più economico) non potevo non concedermeli: per i profani sappiate che qui troverete tutti prodotti in classica pelle e cuoio fiorentini, tra cui borse di ogni foggia, cinture, giubbotti e scarpe, ma anche agende realizzate con la pregiata carta fiorentina e foulard in seta finissima
   Insomma, partite con due soldini in tasca se potete, tornerete a casa certamente soddisfatti. 

Nel complesso non vi avrò fornito dettagli particolarmente arcani, ma una cosa ve la posso dire con certezza: Firenze è una città decisamente vivibile, a misura d'uomo, sia a livello di comodità (pur essendo ricchissima di attrazioni da non perdere, si riesce a girare tranquillamente a piedi) che di tranquillità, dove una ragazza può andare ovunque, e da sola, senza trovare la benché minima difficoltà, anche grazie all'incredibile calore e all'accoglienza che caratterizza la gente che abita questa meravigliosa città. 
   Se siete in procinto di organizzare una piccola vacanza proprio qui, vi consiglio di girarla senza fretta, godendovi ogni suo angolo, ogni via, ogni piazza; potrete così immergervi in quella che è pura bellezza, tra quei prodotti dell'ingegno umano che ci fanno un po' rivalutare la nostra razza impestata (e ne abbiamo taaanto bisogno, viste le boiate che ci tocca ascoltare quotidianamente...). 

E dopo un sacco di parole, lasciamo spazio alle immagini, un piccolo assaggio del mio diario di viaggio fotografico...




















 

venerdì 19 febbraio 2016

#libri: I libri degli Incubi - Sergio L. Duma


Adolescenti scomparse in un centro commerciale, strani giochi da tavolo con omicidio finale, ristoranti per cannibali dagli ovvi appetiti, un San Giovanni Battista che ascolta musica metal a tutto volume, demoni seducenti che insidiano sacerdoti dediti al vizio, prostitute e pornostar coinvolte in storie decisamente pericolose, questi sono soltanto alcuni dei personaggi protagonisti della nuova raccolta di racconti di Sergio L. Duma, I libri degli incubi (Teomedia, 2015).
   E in effetti mai titolo fu più appropriato, perché fin dalle prime pagine il lettore viene catapultato all'interno di una dimensione crudele, malvagia, apparentemente senza via di fuga, dove il dolore e la sofferenza provengono tutte da un unico denominatore comune: l'essere umano.

Gli incubi che danno origine al titolo non sono popolati dalle più classiche creature del genere orrorifico, come vampiri, licantropi e morti viventi, ma dalle sfaccettature più malate e perverse dell'animo umano, che ci mostra tutti gli abomini che hanno macchiato la nostra specie: incesto, stupro, violenza sui minori, crudeltà disumane che disturbano profondamente, ma allo stesso tempo danno origine a disincantate riflessioni sulla realtà circostante.

“Nessuno di loro mi ha aiutato! Niente e nessuno mi ha impedito di diventare una bambola seviziata! Io ero solo una ragazzina qualsiasi e che cazzo! Non avevo fatto niente di male! Perché doveva succedere a me? Per quale motivo?” 

Queste le parole che sentiamo pronunciare alla protagonista di “Dark Tunnel”, il primo racconto, il più significativo, parole che escono dalla bocca di una tredicenne abusata per anni dai genitori, parole che potrebbero tranquillamente appartenere a un servizio di cronaca di un qualsiasi telegiornale nazionale.
   E così per tutti gli altri racconti, da “Io sono il Diavolo” a “Child Abuse Club”, da “Lolitas” a “Boys Unleashed”, e così via, in una spirale di violenza adatta a stomaci forti, e a ferme coscienze.

Lo stile ben si presta a trasmettere l'atmosfera surreale e violenta della raccolta, tuttavia risulta spesso ripetitivo e similare in ogni racconto, con costanti e reiterati riferimenti sessuali, spesso fini a se stessi, che scadono talvolta nel prosaico. 
   Tuttavia, la caratterizzazione dei personaggi è completa, personaggi che certamente è impossibile amare, ma che riflettono i gusti e le attitudini di una società in balia del più completo e irriducibile degrado etico, culturale e sociale.

Merita una menzione speciale la chiusura, piccolo tocco geniale che già di per sé vale l'intera opera: “Midnight Movies”, epilogo dove il protagonista è una versione decisamente “originale” dell'autore, che instilla il dubbio e ci fa capire che abbiamo a che fare con un personaggio sui generis... e dotato di una notevole ed encomiabile ironia.

"Questo articolo è apparso il 16/02/2016 sulla rivista online Paper Street. Per gentile concessione."
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/i-libri-degli-incubi-sergio-l-duma.html

martedì 16 febbraio 2016

#arte: “Ayrton Senna. L’ultima notte”, una mostra dedicata a un'icona del mondo sportivo

Era un campione ammirato e celebrato. E’ diventato un mito il 1° maggio del 1994, quando, a 34 anni, perse la vita in seguito ad un gravissimo incidente sulla pista di Imola.
   Ayrton Senna è stato senza dubbio un pilota straordinario, un uomo - soprattutto - che ha lasciato un segno indelebile non solo nell’universo sportivo.


L’idea della mostra “Ayrton Senna. L’ultima notte”, allestita negli spazi dell’Autodromo Nazionale Monza, Museo della Velocità dal 17 febbraio al 24 luglio 2016, nasce dal libro scritto dal giornalista Giorgio Terruzzi intitolato “Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna” (editore 66THAND2ND, collana “Vite inattese”, 2014).
   Un romanzo avvincente da cui emergono gli ultimi momenti della vita e le riflessioni del grande pilota nel suo approssimarsi al momento fatale.

Attraverso una selezione di circa cento fotografie di Ercole Colombo - uno dei più grandi fotografi della Formula 1 - la mostra intende raccontare la carriera sportiva, ma anche gli aspetti più intimi del campione brasiliano.
   Il percorso espositivo, arricchito dai testi di Giorgio Terruzzi, ripercorre i momenti più significativi di Ayrton Senna: gli inizi con il kart, l’esordio nel mondo della Formula 1, le vittorie e le sconfitte storiche, gli amici colleghi e i piloti rivali, il rapporto complesso con Alain Prost, gli amori, la fede, le dinamiche famigliari e le sue ultime, drammatiche ore in pista.

La mostra presenta inoltre alcuni oggetti di Senna tra i quali il kart originale del 1979 con cui il pilota, agli esordi della sua carriera, vinse diverse gare che rivelarono ben presto il suo grande talento.
   Da semplice divertimento giovanile, il mondo dei motori si trasforma rapidamente nella sua vera ragione di vita. Le corse e le competizioni diventano per Ayrton un mezzo per esprimersi e per andare oltre.
   Una passione irrefrenabile, ma anche un sentimento contrastante che spesso ha reso difficile la sua esistenza, i rapporti professionali e affettivi.

Il pubblico avrà la possibilità di immergersi in un racconto emozionante e coinvolgente che culmina con l’ultima notte del pilota, trascorsa nell’ormai celebre “Suite 200” dell’Hotel Castello a Castel San Pietro, vicino al circuito di Imola.
   In una sala suggestiva, in una stanza sospesa nel tempo e nello spazio, i visitatori potranno condividere le sensazioni, le riflessioni di una notte colma di pensieri dalla quale emerge il ritratto inedito di un campione, ma anche e soprattutto di una persona particolarmente sensibile, la cui scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile.

La mostra, a cura di Giorgio Terruzzi ed Ercole Colombo, è ideata, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con l’Autodromo Nazionale Monza e con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.

Sede
Autodromo Nazionale Monza, Museo della Velocità
Via Vedano, 5 – 20900 Monza

Orari
Lunedì e martedì chiuso
Da mercoledì a venerdì: 10.00 – 13.00 / 14.00 – 18.00
Sabato e domenica: 10.00 – 19.00

Biglietti
Intero: 7,00 euro
Ridotto: 5,00 euro

Informazioni
www.monzanet.it
www.reggiadimonza.it
Tel. +39 02 36638600

lunedì 15 febbraio 2016

#libri: Al via la nuova edizione del torneo letterario IoScrittore





Questa sera, alle ore 18.00 presso il Circolo dei Lettori di Torino, sarà presentata la nuova edizione del torneo letterario IoScrittore.
Introdurrà la presentazione l’incontro dal titolo “Fare libri: il mestiere e la passione”, condotto da Stefano Mauri (Presidente del Gruppo editoriale Mauri Spagnol), Alice Basso (scrittrice) e Bruno Gambarotta (giornalista), che parleranno di libri come oggetti culturali ma anche prodotti commerciali inseriti nel contesto di un mercato sempre più articolato e complesso.





IoScrittore, torneo letterario online giunto alla sua settima edizione, è un’iniziativa digitale volta a scoprire e pubblicare nuovi autori della narrativa italiana, un'iniziativa completamente gratuita e una nuova forma di scouting innovativa e democratica.
   Caricando la propria opera sul sito http://www.ioscrittore.it e superando due fasi eliminatorie, i partecipanti si assicurano l’attenzione degli editor delle case editrici del Gruppo GeMS, oltre a tanti giudizi degli altri concorrenti, utili a migliorare il proprio romanzo.

I 10 migliori romanzi si aggiudicano la pubblicazione in ebook e almeno una delle opere finaliste sarà pubblicata in cartaceo da un’importante sigla editoriale (tra le quali: Corbaccio, Garzanti, Guanda, Longanesi, Nord, Salani, Tea).
   Tante nuove promettenti voci della narrativa sono nate proprio da questo torneo: da Valentina D’Urbano a Ignazio Tarantino, da Giuseppe Marotta a Susanna Raule e molti altri autori.

Inoltre, da quest’anno IoScrittore offre un servizio editoriale in più di print on demand: gli autori che vinceranno la pubblicazione ebook del proprio romanzo otterranno, non solo editing e distribuzione dell’opera in formato elettronico in tutti i principali negozi online italiani, ma anche la possibilità della stampa su carta e la messa in vendita attraverso il partner http://www.IBS.it.

Alcuni premi speciali arricchiscono questa edizione: oltre ai tradizionali Premio ebook e Premio Fatti di Carta, saranno assegnati premi e menzioni speciali dai partner di IoScrittore 2016: IBS, MSN, Vanity Fair, Librerie Coop e Circolo dei Lettori di Torino, che premieranno un romanzo ciascuno tra tutte le opere partecipanti, con varie categorie: da Miglior protagonista a Miglior colpo di scena, da Miglior personaggio femminile ad Ambientazione più suggestiva.

Per partecipare:

Regolamento: http://www.ioscrittore.it/regolamento

Iscrizioni: http://www.ioscrittore.it/ioscrittore2016/iscrizione.aspx

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giovedì 11 febbraio 2016

#musica: Ezio Bosso a Sanremo 2016, attimi di pura poesia

Non voglio parlare di Sanremo, delle canzonette in gara, dello spettacolo, degli abiti, del trucco e del parrucco, delle feste sfarzose e del gossip che ne consegue.
   Voglio soltanto dedicarvi una minuscola, istintiva riflessione, nata da una casualità fortuita, quella di aver deciso di sintonizzarmi su Rai Uno, proprio ieri sera, e aver assistito ad un momento di profonda poesia e umanità.


... E poi non mi venite a dire che questo Sanremo fa schifo. Che l'hanno chiamato per "fare il botto" o, ancor peggio, per intenerire la platea e l'opinione pubblica. Che fa pena.Tacete un po', una buona volta, piantatela di lamentarvi di stronzate, bassezze, ripicche e meschinità varie. Imparate ad apprezzare ciò che avete, che ci guadagnate in salute e pure in simpatia.Imparate da un uomo che è riuscito a trasformare una potenziale debolezza in un'incredibile forza, e l'ha saputo dimostrare con dolcezza, intelligenza e una buona dose di autoironia.Una lezione magistrale da parte di un grandissimo Maestro.

mercoledì 10 febbraio 2016

#arte: “Richiami: esperienze di arte contemporanea ad Alessandria. Disegno e grafica"


L'interessante mostra “Richiami: esperienze di arte contemporanea ad Alessandria. Disegno e grafica" costituisce il terzo appuntamento dedicato all’arte contemporanea alle Sale D'Arte nei pressi di Palazzo Cuttica, nel cuore del centro storico di Alessandria, appuntamento che prevede una selezione di opere che offrono  al pubblico degli spettatori una visione della ricerca portata avanti da alcuni anni da artisti del calibro di Ivano A. Antonazzo, Alessandro Beluardo, Livio Degiovanni, Marco De Rosa, Gea Ferraris, Max Ferrigno, Enrico Francescon, Riccardo Guasco, Claudio Magrassi, Michele Melotti, Cecilia Prete, Paola Rossi, alle prese con materiali e tecniche diverse. 

Dopo quella sul figurativo e quella sulla scultura, viene proposta al pubblico una breve riflessione sul concetto l'evoluzione del disegno, probabilmente la più antica forma di espressività artistica praticata dall’uomo. 
   Anche in questo caso particolare attenzione è stata posta alle forme espressive contemporanee, cominciando da quelle risolvibili con supporti elettronici, come l’affiche di Riccado Guasco o la computer grafica di Ivano Antonazzo, accanto ad altre forme più tradizionali, nelle quali l’elaborazione e la sperimentazione sono alcuni degli elementi portanti della costruzione estetica. 
   In questo caso, attraverso modalità assai differenti, si passa dai lavori di Claudio Magrassi, nei quali il disegno nasce dalla composizione di colle e macchie, a quelli di Cecilia Prete che, come i precedenti, denotano un evidente riferimento al classicismo, per continuare con l’opera al limite dell’astratto di Alessandro Beluardo, che può essere accostata agli acquerelli di Livio Degiovanni, fino all’espressionismo di Paola Rossi

L’indagine continua con le soluzioni fortemente pop di Max Ferrigno, il riferimento “street” di Marco De Rosa, la caricatura di Michele Melotti e il fumetto sui generis di Gea Ferraris. 
   Non poteva infine mancare un riferimento alla grafica attraverso le incisioni di Enrico Francescon


Se volete visitare la mostra, sappiate che è aperta fino al 10 aprile; ecco gli orari: mercoledì, sabato e domenica dalle 15.30 alle 19.30, Sale D'Arte, Via Parma, Alessandria.
   Durante la mostra sarà disponibile il catalogo con il testo critico di Carlo Pesce, curatore dell'allestimento e della mostra stessa.

martedì 9 febbraio 2016

#cinema: Joy (David O. Russell, 2016)

ALTRO CHE CASALINGA DISPERATA, AL CINEMA È ARRIVATA UNA VENTATA DI… JOY


Una volta c’erano le Donne sull’orlo di una crisi di nervi, oggi c’è Joy a raccontarci quanto possa essere variegato, determinato e ostinato l’universo femminile.

Forse il nome di Joy Mangano non vi dirà assolutamente nulla, e vi starete chiedendo per quale improbabile motivo dovreste pagare il biglietto del cinema per sorbirvi la biografia di un’emerita sconosciuta, ma quando capirete di chi si tratta, il vostro snobismo si scioglierà come neve al sole: perché la bella Joy è nientepopodimeno che l’inventrice del Miracle Mop, più  semplicemente il Mocio, lo scettro del potere di qualsiasi casalinga/o che si rispetti.

Il regista statunitense David O. Russell ha scelto di portare sul grande schermo una storia dal sapore quotidiano, raccontata con semplicità, senza abbellimenti né ricercatezze di sorta: un grande ritorno dopo l’incredibile successo di American Hustle (2013), che tuttavia ha suscitato non poche critiche a livello internazionale.
   Le accuse? L’eccessivo buonismo nel proporre un classico esempio della realizzazione del sogno americano, una favola troppo positiva dove gli ingredienti principali sono i buoni sentimenti e tanta stereotipizzazione.


Ma sapete che vi dico? A me Joy è piaciuto.
   Mi è piaciuto per la bravura di Jennifer Lawrence (ed evidentemente non soltanto a me, considerando che è candidata al Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista), che non sfigura nemmeno di fronte ad un mostro sacro qual è Robert De Niro, un’attrice perfetta nell’interpretare tutte le sfumature di una donna demoralizzata, divisa tra la propria ambizione e la necessità di accudire una famiglia ingombrante ed egoista, una mamma single con tanto di genitori a carico, costretta a reinventarsi e a tirare fuori l’idea vincente; mi è piaciuto per il messaggio che trasmette, che sarà anche un  po’ stereotipato, ma di cui oggi più che mai abbiamo tanto bisogno: se lo vuoi, tutto è possibile, e non c’è nulla di più vero.

Nel complesso vi posso concedere giusto un paio di critiche: il montaggio, talvolta un po’ frettoloso, che spezza la narrazione con sequenze veloci ed eccessivamente cariche di pathos, e l’interpretazione della nostrana Isabella Rossellini, esasperata nel ruolo dell’italiana media all’estero, “caciarona” e venale al limite del verosimile.

Ad ogni modo, in un panorama cinematografico dove ai supereroi si alternano eroine femminili sexy e imbellettate, io scelgo un’eroina quotidiana, che al posto del rimmel impugna il suo Mocio, una Cenerentola contemporanea in grado di farla sotto al naso alla crudele matrigna, e alla grande.

Potete trovare questo articolo anche su http://www.themacguffin.it/in-sala/joy-david-o-russell-2016/.

lunedì 8 febbraio 2016

#news - #cinema: Eccoci qui: MacGuffin apre i battenti

“Un MacGuffin non è nulla”, diceva Hitchcock. Ma se apri questo trovi dentro tutto.”

“Stai osservando attentamente?”



Brevi post enigmatici, criptici, una sorta di rebus che ha affollato le bacheche del popolo Facebookiano da qualche giorno a questa parte e che oggi, dopo ore di trepidante attesa, finalmente verrà svelato.
   Niente propaganda elettorale né astuti modi per rifilarvi un aspirapolvere ultimo modello, in realtà questo tam tam mediatico è nato per stuzzicare e incuriosire voi utenti, popolo del web, per rendervi partecipi della nascita di TheMacGuffin.it, un sito portato avanti da un gruppo di ragazzi carichi di passione, sogni, aspettative, cresciuti a pane, cinema e marmellata.

Brutta gente, pessimi soggetti che, a partire da oggi, vi proporranno una visione alternativa, pungente e talvolta ironica del variegato universo del cinema e di tutti i suoi corollari.
   Spulciando all’interno del sito troverete infatti trailer, recensioni di ultime uscite ma anche di film che sono entrati di diritto nella storia del cinema mondiale, e ancora delle serie tv più amate e discusse delle ultime stagioni e non solo, oltre ad approfondimenti su registi, attori, pellicole particolari e molto, molto altro.

Una chicca? Il consiglio del giorno, un film raccontato “in pillole quotidiane” perfetto per salvarvi la serata o fare colpo alla cena con gli amici cinefili.
   Insomma, un portale dedicato attivo proprio da oggi, pronto a farsi caparbiamente strada nel mare magnum di Internet, sperando si tratti di un piccolo, grande, inutile gingillo, inutile come la valigetta di Pulp Fiction, per intenderci.

Un’offerta che non potrete proprio rifiutare. Avete ancora dei dubbi?

giovedì 4 febbraio 2016

#libri: Ti amo e ti temo, Carlo Rosso

"Tutti desideriamo essere amati. Ma rassegnatevi: l'amore non è per tutti. Il libro può aiutarvi a riflettere sul vostro amore. Su quello attuale, passato o che sperate di trovare". 



Regalo per l'imminente San Valentino, perfetta arma di seduzione di massa per colpire al cuore un partner sfuggente?
   Prolisso saggio accademico, in grado di disintegrare in un nanosecondo tutto il romanticismo insito nella fenomenologia dell'innamoramento come lo intendiamo convenzionalmente?
Niente di tutto ciò.

Ti amo e ti temo (SV Press, 2015), ultima opera dello psichiatra e sessuologo Carlo Rosso, si pone come uno studio approfondito sulla concezione e l'epifania dell'amore ai tempi del web 2.0, senza mezzi termini né false illusioni, con piglio scientifico condito da uno stile narrativo fluido e godibile anche da parte dei "non addetti ai lavori".
   Un saggio corposo che attraversa l'arte e la scienza, la filosofia e la psicanalisi, il mito e la sessualità, alternando teoria e trattazione analitica al sentire comune, alla ricerca del significato più profondo di quel grande mistero umano che è il rapporto di coppia.

Tra i pareri autorevoli citati nel libro, oltre a quello dello stesso autore, troviamo quelli di Sigmund Freud, Jacques Lacan, Francesco Alberoni, François Jullien molti altri, figure che hanno tentato, ognuno a modo proprio, di spiegare fenomeni complessi e affascinanti come l'attrazione sessuale, l'innamoramento e il cosiddetto"amore duraturo", quello stato di grazia che tutti desiderano e pochi ottengono.

Fattore che si evince anche dalle numerose testimonianze dirette contenute nel volume, che propone stralci di storie di pazienti narrate in prima persona da Rosso, permettendo così al lettore una completa ed empatica immedesimazione e comprensione dei concetti trattati attraverso storie di quotidianità sincera e disincantata.
   Un tema quanto mai attuale insomma, specialmente nella contemporaneità, dove l'intimità ha gradualmente lasciato il posto alla fretta, alla smania di dedicarsi a relazioni in pillole, brevi ed effimere come un tweet.

Ma forse, pensandoci bene, se n'era già accorto un altro autore che d'amore se ne intendeva, e parecchio, come ci ricorda ad un certo punto Carlo Rosso tra le pagine del suo libro: stiamo parlando del palermitano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, storico autore de Il Gattopardo che, già un secolo fa sosteneva, pessimista: "Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta...".

"Questo articolo è apparso il 01/02/2016 sulla rivista online Paper Street. Per gentile concessione."
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/ti-amo-e-ti-temo-carlo-rosso.html

martedì 2 febbraio 2016

#viaggi: La mansarda dei ravatti in trasferta a Firenze!

Come avrete notato in questi giorni i post si sono un po' diradati. Il motivo? Semplice, la Mansarda dei Ravatti (e la sua legittima proprietaria, of course) è in trasferta a Firenze, per un'inaspettata vacanza toscana. 

Come sempre, di ritorno dal viaggio proporrò un breve resoconto ricco di consigli e dritte per partire all'arrembaggio, ma nel frattempo vi voglio salutare con un'immagine piuttosto significativa, legata ad un'esperienza che tutti noi dovremmo fare, almeno una volta nella vita: vincere le vertigini, la paura dell'altezza, lasciarci andare e salire su, sempre più su, fino a quando sembra quasi di toccare il cielo con un dito.

A me è successo in solitaria, sul Campanile di Giotto, elemento prezioso della splendida cattedrale di Santa Maria del Fiore, vero e proprio gioiello di Firenze: dopo ben 414 scalini, senza ascensore, il premio è quello di godere dello spettacolare panorama di una delle città più belle al mondo, viste da un'altezza di circa 85 metri.
Insomma, ne vale la pena, garantito al 100%! ;)