Una ragazzina che si affaccia alla vita adulta troppo presto, una madre sull'orlo della crisi di nervi che ha stabilito che tutto sia meticolosamente organizzato, sistemato, previsto, terribilmente triste e deprimente, un quartiere dove le case (e le persone) sono tutte terribilmente uguali e monotone.
Un mondo adulto, efficiente all’inverosimile, al quale è precluso l’essenziale, quello fatto di sentimenti, emozioni, forse proprio perché «l'essenziale è invisibile agli occhi».
Per chi ha amato, da bambino o magari in età adulta, "Il piccolo principe", celeberrima opera dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, l'inizio della sua trasposizione cinematografica è decisamente efficace, e ci trasporta subito all'interno della dimensione dell'opera, che si presenta subito per quello che è: una denuncia sociale travestita da fiaba per bambini.
E infatti non manca certamente il cuore a questo film, toccante e intenso al punto giusto, che inizia raccontando la storia di una magica amicizia tra questa ragazzina e l'anziano e strambo aviatore che si ritrova come vicino di casa, un'amicizia profonda che si protrae fino alla fine; sarà proprio il goffo, eccentrico vecchietto a far cambiare prospettiva alla piccola, che, da inquadrata che è, comincia poco per volta ad aprirsi, fino a trasformarsi in ciò che avrebbe dovuto essere fin dal principio: una bambina di 10 anni, con tanta voglia di scoprire il mondo che la circonda.
La storia pone particolare attenzione a questo magico rapporto, ma ovviamente il piccolo principe non poteva certo mancare, ed è proprio il suo ingresso a rendere ancor più meraviglioso questo film, che non è una trascrizione pedissequa del libro, ma a questo si ispira soltanto, seppur fedelmente.
Una storia nella storia, insomma, due piani temporali che si amalgamano perfettamente, e che sono forse la più grande invenzione stilistica operata dal regista, il bravo Mark Osborne (già noto per il successo mondiale Kung Fu Panda).
A riprova di questa voglia di innovazione il fatto che, oltre alla figura del principino, accompagnato dall'inseparabile Rosa, dalla Volpe e dai personaggi storici del libro, conosciamo anche quella del principe divenuto adulto, in preda alle nevrosi quotidiane del lavoro, in una società talmente fredda e arida da aver impedito anche alle stelle di brillare, in balia del più spregevole capitalismo (mi ricorda qualcosa...).
Un ragazzo adulto, stressato, depresso ma che, grazie al ricordo dei tempi che furono e all'incontro con la piccola, vera protagonista della storia, riuscirà a recuperare tutti i frammenti della sua infanzia, insieme alla sua felicità.
Per quanto riguarda i dettagli tecnici, lodevole il fatto che i disegni relativi al piccolo principe siano rimasti pressoché inalterati rispetto a quelli dell'opera originale, e che leghino bene con i nuovi personaggi, caratterizzati da uno stile grafico comunque decisamente differente.
Una differenza sostanziale, appunto, dovuta al fatto che, se la storia principale è realizzata in CGI, i personaggi del libro sono disegnati su quei fogli sparsi che, tra le mani della bambina, prendono vita grazie alla tecnica dello stop-motion.
I colori sono potenti, e ci trasportano in un universo onirico oggettivamente bello e piacevole anche soltanto da vedere.
Anche il doppiaggio merita una nota a sé: è decisamente divertente riconoscere, di volta in volta, le voci dei grandi personaggi (mi sto riferendo al doppiaggio italiano, ma anche quello originale non scherza affatto) che compongono il cast, ovvero:
- Lorenzo D'Agata: Piccolo Principe
- Paola Cortellesi: La Mamma
- Vittoria Bartolomei: Piccola Ragazza
- Stefano Accorsi: La Volpe
- Micaela Ramazzotti: La Rosa
- Toni Servillo: L'Aviatore
- Alessandro Gassmann: Il Serpente
- Alessandro Siani: Il Vanitoso
- Giuseppe Battiston: L'uomo d'affari
- Pif: Il Re
- Angelo Pintus: Il Signor Principe
- Carlo Valli: L'insegnante
- Carlo Reali: L'esaminatore
Nel complesso, tirando le somme, ciò che resta inalterato e potente, sia nel libro che nel film, è il messaggio, splendido, che arriva forte e chiaro alle orecchie, ma soprattutto al cuore, dello spettatore: i bambini hanno il diritto di essere tali, e anche noi "grandi" faremmo bene a conservare gelosamente, dentro di noi, una parte di quel fanciullo che tutti siamo stati, una fonte inesauribile di gioia e magica fantasia.
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