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venerdì 28 ottobre 2016

#libri: Non dirmi addio, Reika Kell

Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.

E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Non dirmi addio" di Reika Kell: buona lettura!


Lise è una ragazza dal vissuto difficile: sopravvissuta a un incidente che l'ha lasciata orfana dell'adorata madre e ricoperta di ferite (nell'anima, più che nel corpo, e sono le più difficili da rimarginare), si ritrova nuovamente a Hopefield, nell’albergo di famiglia, doloroso luogo della memoria capace di evocare gli spettri di un passato difficile da digerire.
   La ragazza vi fa ritorno dopo anni, dopo esser fuggita col rocker Colin, bello e dannato, e aver rinnegato un padre depresso e una sorella che, da sola, tenta di salvare l'insalvabile.
   Lise finirà per mettere in dubbio la propria vita e le proprie certezze, specialmente dopo l'incontro con Adam, un giovane scrittore misterioso, tanto superbo e arrogante quanto sensuale e malinconico.

Questo il tratteggio della trama di Non dirmi addio, romanzo sorprendente di Reika Kell, un volume che, fin dalle prime pagine, è in grado di catturare l'attenzione (e il cuore) del lettore.

Sarà grazie alla maestria del filo narrativo, allo stile pulito, evocativo, suggestivo, alla caratterizzazione dei personaggi, estremamente curata ed efficace, fatto sta che staccarsi da questo romanzo diventa veramente difficile.

La scoperta, pagina dopo pagina, del filo conduttore che lega i due protagonisti, lo sviluppo della passione che avvampa tra i due giovani, fino all'incredibile epilogo ricco di colpi di scena, tutto fa sì che le emozioni traspaiano gradualmente, facendo oscillare Non dirmi addio tra il romanzo sentimentale e il thriller psicologico, tra sensualità e dolore, sofferenza e redenzione.

Reika Kell sa trasportare il lettore in un abisso profondo e, apparentemente, insondabile, sa giocare abilmente con la gamma cromatica delle emozioni umane senza mai sbagliare un colpo, ma soprattutto sa donarci un messaggio positivo, di speranza: l'amore, quello vero, quello con la A maiuscola, quello che fa sussultare il cuore e lo rende libero, esiste; può essere mascherato, nascosto, sepolto sotto un passato di pesanti macerie ma, alla fine, emerge sempre, basta soltanto avere la pazienza, e il coraggio, di accoglierlo a braccia aperte, proprio come imparerà a fare la nostra Lise.

lunedì 24 ottobre 2016

#libri: Otel Bruni, Valerio Massimo Manfredi




La cascina nella pianura emiliana, i campi coltivati con fatica e sacrifici, la grande stalla, albergo dove ogni pellegrino può trovare ricovero e un piatto caldo di minestra, il luogo in cui ci si riunisce per raccontarsi storie durante le lunghe notti d'inverno, suggestivo retaggio di una tradizione millenaria.
   Un mondo antico, fatto di valori semplici ma incredibilmente sentiti, di leggende ancestrali, superstizioni, sofferenze, ma anche solidarietà e piccole gioie quotidiane, un mondo autentico, quello abitato dai Bruni - Callisto, la Clerice, i loro figli, sette maschi e due femmine, una famiglia contadina stretta tra gli eventi della Storia, quella che non guarda in faccia nessuno, che scorre indomita senza curarsi dei suoi piccoli protagonisti.


Questo il contesto che fa da cornice a Otel Bruni (Mondadori, 2011), un'opera che, almeno in apparenza, si distacca dalla consueta produzione letteraria di Valerio Massimo Manfredi, perlopiù dedicata al mondo dell'epica e della storia greco/romana.

Il romanzo, ambientato nell’Italia della prima metà del ’900, possiede una potente forza descrittiva ed evocativa: il Paese è quello raccontato dai nonni e dai bisnonni, più oggettivo rispetto ai racconti familiari, più coinvolgente dei testi di storia che si studiano sui banchi di scuola; il contesto storico quello dell'Italia contadina e della sua irrefrenabile caduta nel nero baratro della Grande Guerra. 

Un'opera che attraversa il genere storico e si avvicina al romanzo di formazione, ben percepibile specialmente nell'evoluzione costante dei personaggi, via via mossi da passioni e motivazioni sempre più contemporanee, dal desiderio e dal fascino della modernità, della vita borghese, dalla volontà di riscatto da una vita povera fatta di fatiche (molte) e soddisfazioni (poche).

Se la prima parte del racconto narra di quotidianità in toni decisamente realistici, la seconda, che va dall’ascesa di Mussolini alla seconda guerra mondiale, merita una menzione particolare per l'oggettività con cui vengono raccontate le motivazioni dei giovani di entrambi gli schieramenti politici, ragazzi semplici, influenzati da idee sufficienti a metterli l’uno contro l’altro, fino alla morte.

Lo stile è magistrale, racconta senza giudicare, con una scrittura pulita e chiara, affine a quella della cronaca, che non risparmia al lettore momenti di crudeltà affiancati ad altri di semplice e pura poesia.
Nel complesso un romanzo corale che, a pensarci bene, non si discosta forse poi così tanto dalla produzione manfrediana: protagonista è sempre la Storia, ma soprattutto coloro che la storia talvolta la fanno, altre volte la subiscono, sempre la influenzano e ne vengono influenzati, mantenendo comunque una profonda, ineluttabile umanità.

"Questo articolo è apparso su rivista Paper Street in data 02/10/2016 /. Per gentile concessione". 
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/otel-bruni-valerio-massimo-manfredi.html

venerdì 21 ottobre 2016

#libri: L'effimero fotografico, Giulia Carmen Fasolo

"A volte mi sembra di toccarla la vita attraverso l'analisi dell'otturatore che mi permette di intravederne il senso (spietato e patologico). Altre volte mi dissemina di significati che in parte colgo, in parte lascio perché incapace di comprenderli.
... In questa mia visione, la macchina fotografica assume le sembianze di una protesi di un arto amputato che non c'è più; protesi che talune volte mi serve, anzi mi disturba, tanto che la uso solo quando voglio. Non parto sempre con la macchina fotografica al collo, spesso la lascio di proposito a casa, appoggiata su un ripiano qualsiasi, con la ricarica elettrica volontariamente a secco. Poi sembra che stia lì a chiamarmi, a chiedermi spazio, uno sprazzo di luce o di ombra. E così ci incontriamo. Io e lei, andando nel resto del mondo". 

Un rapporto intenso, emozionale, tangibile quanto capriccioso, quello che lega indissolubilmente Giulia Carmen Fasolo, autrice, scrittrice, editor e fotografa siciliana dalle mille sfaccettature, alla sua fedele macchina fotografica, come emerge chiaramente dalle pagine (poche, ma decisamente buone) di L'effimero fotografico (Edizioni Smasher, 2014) saggio suggestivo e poetico sull'arte della fotografia. 

Un saggio che non pretende di essere tale, di porsi come opera omnia, esaustiva sull'argomento, ma come una serie di riflessioni che scivolano nel letterario e filosofico, condita da una visione assolutamente personale di questo variegato universo artistico.

E allora. leggendolo, scopriamo come la pensa Giulia (ma non solo lei, il volumetto è ricco di citazioni tratte da grandi autori e fotografi quali Heinrich Schwarz, Diego Mormorio, Walter Benjamin, Franco Vaccari e molti altri) circa il rapporto tra otturatore e morte, sessualità, quali sono i meccanismi di difesa (e chi di noi non li ha mai messi in atto, almeno una volta?) che scattano di fronte a un obiettivo, la psicologia che sta dietro la fotografia ma anche davanti, negli occhi (e nella mente) di chi si ritrova, volente o nolente, di fronte al "mirino" della camera.

Nel complesso, un tributo alla fotografia che è una dichiarazione d'amore, un effimero che può durare il tempo di un click, di uno scatto, o un'eternità quando ci si affida alle parole, un omaggio intenso che si sviluppa attraverso un attento e puntuale excursus analitico (per non dire, direttamente, psicoanalitico) e un'indagine semantica affascinante che emana una profonda conoscenza non soltanto della materia in esame, ma della cultura nella sua accezione più ampia, il tutto attraverso uno stile elegante ma non pesante, denso ma scorrevole come un volume di narrativa.

mercoledì 19 ottobre 2016

#libri: Harry Potter e la maledizione dell'erede, J. K. Rowling


Sono passate appena tre settimane dall'uscita in Italia dell'ottavo capitolo della saga di Harry Potter, La maledizione dell'erede, ed è bastato un solo, scarno volume per mutare un fulgido esempio di fenomeno mondiale della letteratura per ragazzi (e non) in pretesto, palesemente commerciale, per fare della scadente subcultura pop. 

J.K. Rowling questa volta ha, purtroppo, mancato completamente il bersaglio, proponendo ai suoi fedeli, per non dire devoti, lettori un volume che si distacca nettamente dalla qualità e dalla bellezza, sicuramente poetica, dei volumi precedenti: un testo che non è romanzo ma adattamento di una sceneggiatura teatrale, una forma ardua, difficile da proporre al lettore che, se in alcuni casi potrebbe diventare accattivante, in altri, come questo, distrugge tutto il fascino della narrazione e dello svolgimento della trama.

E, a proposito della trama, scritta dalla stessa Rowling in collaborazione con gli sceneggiatori, autori e registi britannici Jack Thorne e John Tiffany, presenta spunti encomiabili, nonché i tratti cardine della poetica dell'autrice, amicizia, buoni sentimenti, coraggio, voglia di rivalsa, riscatto, perdono, assoluzione, tuttavia non prende il volo, non riesce a mantenere la magia che il lettore si sarebbe aspettato (e avrebbe preteso, a giusta ragione).

La magia e la suggestione delle ambientazioni, le descrizioni dettagliate e succose che hanno caratterizzato e reso celebri i sette volumi precedenti sono completamente sopite, ma il delitto maggiore è stato compiuto, forse, nei confronti dei personaggi: Potter, Weasley, Granger divenuti loro malgrado mere comparse esasperate nella loro caratterizzazione più estrema, le nuove leve (Albus e Scorpius, rispettivamente figli di Harry Potter e Draco Malfoy) ridotti ad una raffigurazione semplicistica, capovolta, dei genitori, uno capriccioso e stucchevolmente ribelle, l'altro totalmente privo di fantasia (come, del resto, gli autori), i buoni troppo buoni, i cattivi troppo cattivi, tutto troppo semplice, scontato, insomma.

Manca lo smalto, specialmente considerando che, i veri appassionati del mondo di Hogwarts, conoscono a memoria ogni battuta, ogni caratteristica dei propri personaggi preferiti, riescono persino a penetrare nella psicologia di ciascuno di loro, e questo soltanto grazie al meticoloso lavoro da cesellatore della Rowling dei bei tempi che furono; lavoro che, questa volta, è venuto completamente meno anche nello stile narrativo, più spiccio e grossolano. 
   Nel complesso, qualche barlume di positività in un mare di stereotipi, colpevole di aver spezzato una magia lunga quasi vent'anni e i sogni di milioni di lettori in tutto il mondo.

"Questo articolo è apparso su Paper Street in data 17/10/2016. Per gentile concessione".
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/harry-potter-e-la-maledizione-dellerede-j-k-rowling.html

venerdì 14 ottobre 2016

#libri: Keep calm e impara a capire l'arte, Alessandra Redaelli





Oggi non voglio proporvi una recensione, ma un vero e proprio consiglio per gli acquisti: sto parlando del libro "Keep calm e impara a capire l'arte", della storica dell'arte Alessandra Redaelli, un libro che, a vederlo, non gli daresti una cicca: troppo pop, dal titolo troppo commerciale, troppo... giallo, per i miei gusti.

E invece sorpresa: abbiamo magicamente tra le mani un volume completo ed esaustivo su quella che è l'arte contemporanea, quella dei giorni nostri, quella che, troppo spesso, ci appare assurda, troppo distante dall'umana comprensione, difficile da capire e, soprattutto, da amare.





"Keep Calm e impara a capire l’arte" (Newton Compton, euro 9,90), traccia una serie di profili ben definiti di artisti contemporanei, accompagnandoci per mano alla scoperta delle loro opere più significative; un libro leggero, di piacevolissima lettura ma estremamente efficace, in grado di analizzare puntualmente i concetti base dell’opera degli artisti, partendo dalle domande che tutti noi ci porremmo davanti ai loro lavori.

I protagonisti vengono raccontati per quello che sono, e l'autrice ci permette di capire a fondo quali sono le motivazioni che li hanno spinti a dipingere quadri completamente bianchi o blu, a inscatolare i propri escrementi o a farsi filmare durante i propri momenti più intimi.
   Diviso in quattordici capitoli che trattano i temi dell’identità, della morte, del cibo, del denaro e del sesso, questo libro ci invita a essere curiosi e ad approfondire i temi che caratterizzano tutta l’arte contemporanea; d'altronde, il suggerimento iniziale arriva al lettore forte e chiaro: occorre “abbandonarsi al piacere”, lasciarsi guidare dal proprio istinto, dimenticare il pregiudizio, e il gioco è fatto.

Un libro che ha tanto da insegnare ai profani della materia, ma decisamente godibile anche per chi, di arte contemporanea, ne mastica parecchia.

mercoledì 12 ottobre 2016

#mostre: Ai Weiwei. Libero! sbarca a Firenze

Durante il mio ultimo viaggio a Firenze ho avuto modo di vedere una mostra davvero interessante: infatti dal 23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017, a Palazzo Strozzi, è possibile visitare la prima grande mostra italiana dedicata a uno dei più importanti e controversi artisti contemporanei: Ai Weiwei.

Artista dissidente e personalità provocatoria, Ai Weiwei ha invaso Palazzo Strozzi con opere storiche e nuove produzioni che coinvolgono tutto lo spazio circostante: la facciata, il cortile, il Piano Nobile e la Strozzina, uno spazio espositivo in grado di immergere il visitatore all'interno di un perfetto esempio del rapporto tra tradizione e modernità, tipico della produzione artistica dell'eclettico artista.


La mostra propone un percorso suggestivo ed eterogeneo tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto politico e simbolico, permettendo una totale immersione nel mondo artistico e nella biografia personale di Ai Weiwei. 
   Impossibile restare indifferenti. 
 
Le opere esposte spaziano dal periodo newyorkese, tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui l'autore scopre l’arte dei suoi “maestri” Andy Warhol e Marcel Duchamp, per arrivare alle grandi opere iconiche del nuovo millennio, fatte di assemblaggi di materiali e oggetti come biciclette e sgabelli, fino alle opere politiche e controverse che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione artistica, come i ritratti dei più grandi dissidenti politici della storia, realizzati in mattoncini LEGO, o i recenti progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.


Per quanto riguarda la sua carriera, nel corso degli ultimi venti anni Ai Weiwei si è imposto sulla scena internazionale come il più famoso artista cinese vivente, sicuramente una delle più influenti personalità del nostro tempo, mescolando perfettamente attivismo politico e ricerca artistica al punto da diventare un vero e proprio simbolo della lotta per la libertà di espressione. 
 
Nel complesso, una mostra che va assolutamente vista, ma soprattutto, capita, in grado di sintetizzare perfettamente il rapporto ambivalente dell'artista con il proprio Paese, perennemente diviso tra un profondo senso d’appartenenza, che emerge dall’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, e un altrettanto forte senso di ribellione talmente forte e violento da manipolare oggetti, immagini e metafore della cultura cinese, segnato indelebilmente dalle contraddizioni tra individuo e collettività nel mondo contemporaneo.

lunedì 10 ottobre 2016

#news: Paesaggio rurale e politiche agricole. Convegno dell'Associazione GentildonNa a Bergamasco

Sabato 29 ottobre a partire dalle ore 14.30 presso la sala consiliare del comune di Bergamasco (AL), si terrà un interessante convegno intitolato "Paesaggio rurale e politiche agricole", organizzato dall'associazione culturale locale GentildonNa. 



Il programma dell'evento è particolarmente ricco, e prevede:
  • 14.30 Saluto di benvenuto di Cristina Piccarolo, Presidente dell'Associazione BelladonNa
  • 14.40 Saluto del Sindaco di Bergamasco Gianni Benvenuti
  • 14.50 Introduzione e apertura lavori da parte di Michele Maranzana
  • 15.05 Giorgio Ferrero - Assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte
  • 15.25 Franco Pozzoli - Responsabile CIA zona di Alessandria
  • 15.45 Giancarlo Bassi - Coldiretti Alessandria
  • 16.05 Roberto Giorgi - Confagricoltura Alessandria
  • 16.25 Franco Fischetti - vice Presidente Agribio Piemonte
  • 16.45 Coffee break
  • 17.00 Enrico Gottero - ricercatore IRES Piemonte
  • 17.30 Dibattito e conclusione dei lavori - Michele Maranzana
La partecipazione è aperta a tutti, vietato mancare! 

venerdì 7 ottobre 2016

#fotografia: "The other side of Seoul", Fabio Menghinasso

Un mese e mezzo a Seoul. Un fotografo. Il risultato? Una serie di Polaroid intense e delicate al tempo stesso, dove la fluidità dei contorni, la scelta di immagini abilmente rubate alla quotidianità, la capacità di trasfigurare elementi paesaggistici apparentemente comuni in una dimensione che ha, per certi versi, un non so che di onirico, i colori quasi acquerellati, sfumati, pennellate di luce che pervade le immagini, le fa vivere, lasciando trasparire una profonda sensibilità e un occhio esperto, ma non per questo disincantato.


Di cosa sto parlando? Di un progetto fotografico decisamente interessante, "The other side of Seoul", di Fabio Menghinasso, giovane fotografo della provincia di Alessandria che ha tutte le carte in regola per  emergere nel variegato mare magnum della fotografia contemporanea.


"Tutti noi abbiamo un'immagine della città moderna, piena di luci, con alti grattacieli, con uomini d’affari in continuo movimento e gente ricca grazie alla loro forte economia. E’ così in parte: Seoul ha una doppia faccia, è ricca nella parte sud ma povera al nord, dove la maggior parte dei palazzi è fatiscente, ci sono persone povere che in strada mendicano per il cibo e uomini in solitudine ridotti come automi a causa del lavoro asfissiante. Nelle mie polaroid ho voluto catturare un volto meno “turistico” della capitale coreana.”, sottolinea Fabio riguardo la sua esperienza.


E c'è riuscito, eccome se c'è riuscito, tant'è che questo reportage ha iniziato a circolare sul web ed è stato pubblicato anche da portali online specializzati, come ArtAbout.

Trasformare la quotidianità in bellezza: una mission ambiziosa, un risultato che, da solo, parla chiaro.

lunedì 3 ottobre 2016

#libri: Io non amo, Jacopo Lupi

Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con i portali culturali http://www.recensioniperesordienti.it/ e Chanceincomune.it per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: si tratta di siti online nati dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web.


E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di Io non amo di Jacopo Lupi: buona lettura!

Devis Reno è un ragazzo come tanti, studente universitario a Bologna e impiegato par-time nel policlinico Sant’Orsola, più incline agli eccessi che ai doveri di studente, dedito a divertimento sfrenato, serate alcoliche e, soprattutto, a decine di donne, ragazze di ogni età che, pur con lo slancio e la passione dei suoi vent'anni o poco più, non riesce ad amare realmente.

Il protagonista di Io non amo, di Jacopo Lupi, è un ragazzo come tanti, appunto, proprio perché non riesce a stare solo ma rifugge i legami duraturi, vuole emergere dalla massa ma nello stesso tempo vi precipita, puntualmente e razionalmente, trascinando nel suo vortice di autodistruzione i personaggi che fanno da cornice alla sua vicenda, la bella Ilaria, Michela detta Mimì, l'inseparabile amico Claudio. 

La trama risulta avvincente poiché gioca sull'empatia creatasi con il lettore, specialmente se si tratta di un pubblico giovanile, tuttavia lo sviluppo della stessa diventa, a tratti, fumosa, ripetitiva nella narrazione quasi ossessiva delle vicende amorose (o meglio, sessuali, come intuiamo già dal titolo) del protagonista, in una ricerca del piacere che non ha nulla delle raffinatezza sensuale ed elegante dannunziana ma più il sapore di un mordi e fuggi - insapore - da fast food contemporaneo.

Specchio di una società, quella dei giovani d'oggi, in lento ma progressivo disfacimento, o inanellarsi continuo di stereotipi sui generi?
   Difficile stabilirlo con certezza, fatto sta che risulta quasi fastidiosa la lettura delle riflessioni, profondamente sessiste, del giovane protagonista, dove la donna viene relegata alla sua amara funzione di oggetto, tanto deprecata sul piccolo schermo ma mai abbastanza nella realtà quotidiana.

Anche lo stile, fluido e vicino al parlato, se da un lato può stimolare l'attenzione del lettore poiché semplice e accattivante, dall'altro scivola nel prolisso, specialmente nelle digressioni riflessive (sottolineate tipograficamente con l'utilizzo massiccio del corsivo) che risultano fini a se stesse ed eccessivamente reiterate. 

Nel complesso un romanzo ambizioso, che presenta qualche spunto originale, personaggi ben tratteggiati psicologicamente affini alla contemporaneità, tuttavia privo di poesia, di fascino narrativo, dove le esperienze di vita vissuta vengono narrate in maniera eccessivamente prosaica, sottraendo pathos ed emozione, purtroppo, anche all'epilogo a sorpresa.