Già il fatto che, dopo la messa in onda di appena una puntata, Schiavone abbia già fatto incazzare un po' dei nostri beneamati politici italiani, non fa che fargli acquisire punti in più: a lamentarsi del vicequestore Schiavone è stato, in primis, l'illuminato vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia (sì, quello che su Twitter ha scambiato Jim Morrison per un rapinatore di origini slave pluriricercato, proprio lui...), indignato per il fatto che su Rai 2 venga mostrato un poliziotto che potrebbe «denigrare la polizia di stato» e «fare apologia della cannabis», etichettandolo come un «eroe per imbecilli» (Gasparri, ma allora è il tuo eroe, altro che Batman o Superman! - ndr.)
Ad ogni modo, lo sdegno ha portato ben ad un’interrogazione parlamentare, sottoscritta da Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello, in cui viene richiesto che la serie tv non venga più trasmessa. Poveri noi.
Ok, deliri e idiozie a parte, stiamo assistendo a una delle rare, bellissime volte in cui dimensione letteraria e televisiva si mescolano perfettamente, in pieno rispetto e armonia reciproci: Schiavone sembra ritagliato su misura per l'indubbio talento di Giallini che, con ogni sua ruga, ogni sua espressione, ogni imprecazione sibilata tra i denti dà vita al personaggio cartaceo arricchendolo di mille sfumature, riuscendo a rendere poetico anche un mestiere crudo, difficile, e a scaldare, con una ventata di romanità verace, il clima freddo e, apparentemente, inospitale, dell'algida Aosta.
La figura solitaria del protagonista, le ambientazioni nordiche, il gelo interiore che si confonde con quello climatico rendono la fiction suggestiva non soltanto per gli amanti del genere, anche grazie alla profonda accuratezza dei dialoghi e della messa in scena, molto realistica, pulita e ben costruita.
E anche gli altri interpreti non sono da meno: nel cast delle sei puntate, dirette da Michele Soavi, spiccano anche Ernesto D'Argenio, Claudia Vismara, Francesca Cavallin, Massimo Reale e Isabella Ragonese, che interpreta la defunta moglie di Schiavone, Marina, tutti perfettamente calati nei loro panni, con interpretazioni magistrali e realistiche.
Nel complesso, un prodotto televisivo che, forse, non è per tutti - qualcuno potrebbe lamentare la leggera lentezza ritmica rispetto al poliziesco solito – ma soltanto per palati fini, come del resto anche i romanzi di Manzini: l'azione, talvolta, cede il posto all'interiorizzazione; la parola, detta o scritta che sia, ha la meglio sul cazzotto (ma anche quello ci sta sempre, per carità), il passato riemerge, oscuro, a gettare ombra sull'operato di un vicequestore che, tra una canna e una "rottura di coglioni almeno di ottavo livello", sa mostrarci il lato più umano di un duro decisamente sui generis.
"... Non è certo un bravo poliziotto, ma i casi li risolve perché ha fiuto, perché i banditi e le loro psicologie spicce li conosce da quando giocava a battimuro sui sampietrini di Trastevere. Rocco ha un brutto carattere, è un uomo cinico, spesso sgradevole eppure siamo con lui. Sarà perché ha un cuore d'oro, sarà perché la vita non è stata tenera con lui, sarà forse perché la sua sete di giustizia, che spesso non combacia con la legge, ce l'abbiamo un po' anche noi". E se lo dice il papà di Schiavone (che è anche sceneggiatore della fiction), allora non possiamo che fidarci.
La serie va in onda il mercoledì alle ore 21.20 su Rai Due, #sapevatelo.
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