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venerdì 4 dicembre 2015

#SerieTv: American Horror Story, un trash di qualità




Ebbene sì, in ritardo, ma ci sono arrivata anch'io.

   Dopo mesi e mesi di insistenze da parte di amici/conoscenti e via dicendo, mi sono decisa: ho iniziato a guardare la prima stagione di American Horror Story, una delle serie più amate e discusse degli ultimi anni.
   Per farlo, ho dovuto vincere l'iniziale astio che mi crea, puntualmente, la serie cool del momento, la componente horror mi ha dato la spinta finale, e devo ammettere che non saprei dare un parere certo e univoco.




Infatti, ho avuto, e ho tutt'ora, una serie di reazioni contrastanti: inizialmente delusione totale, durante le prime puntate il caos regna sovrano, gli episodi si affastellano e accumulano senza un preciso criterio, rendendo la trama fumosa e poco chiara ma, proseguendo, l'ansia e la tensione salgono, la suspense pure, e mi sono ritrovata a guardare 4 episodi consecutivi per scoprire il finale a sorpresa.
   Sarà capitato sicuramente anche a voi di ritrovarvi a leggerne la trama, pensando "Ecco, la solita serie sulla casa infestata, che barba che noia", ma in effetti non è proprio così: il pretesto è sì banale, il contesto visto e rivisto, la casa abitata da presenze oscure è davvero un classico del cinema horror, ma in questo caso la differenza la fanno i personaggi, in primis, e lo sviluppo della narrazione.

Per quanto riguarda i personaggi, magistrale l'interpretazione di Jessica Lange, la vera protagonista della serie, che interpreta un personaggio controverso, contraddittorio, altalenante tra compassione, crudeltà, a tratti aberrante ma non completamente negativo, personaggio che, tra l'altro, è valso alla Lange un Golden Globe.
   Interessante anche il giovane Evan Peters, nuovo idolo delle teen agers mondiali (basta un attimo, è proprio vero...), sensuale e aberrante, ma deludente la resa sul piccolo schermo di Dylan McDermott, decisamente poco espressivo, a tratti amorfo, forse l'unico elemento discordante all'interno di un cast di altissimo livello.


Per quanto riguarda la narrazione, è sicuramente qui che troviamo la vera novità di American Horror Story: la storia procede per continui flashback che, dopo la confusione iniziale (tanta, fidatevi, tanta da far quasi passare la voglia di proseguire nella visione), svelano quello che diventa, pian piano e sotto gli occhi dell'attonito e basito spettatore, una trama affascinante e disturbante al tempo stesso.
  Tra violenze, momenti di shock (pochi, ma ci accontentiamo) decisamente inaspettati, "mostri" più o meno paurosi, l'asticella sale, e anche la sensazione di fastidio e ribrezzo nei confronti di scene e personaggi concepiti appositamente per suscitare queste reazioni nel pubblico.

Ma l'elemento principale, quello che connota profondamente questa serie, quello che caratterizza in maniera pressoché assoluta American Horror Story, è il concetto di "trash": trash è l'accumulo di situazioni spaventose e grottesche al tempo stesso, trash è il voler spaventare a tutti i costi, trash sono le continue allusioni sessuali più o meno velate e spesso gratuite ma comunque contestualizzate, trash è il cliché della sexy governante, trash sono i dialoghi surreali e le musichette allegre in sottofondo, quasi da giostra, trash è il finale, trash è la dicitura "Horror Story", perché di horror questa storia tutto sommato ha poco, ma riesce comunque a calamitare l'attenzione dello spettatore con originalità e fantasia.

Insomma, consigliato se siete alla ricerca di un prodotto televisivo nuovo e sconcertante, fuori dagli schemi e non semplice da apprezzare, ma che merita comunque una chance, anche da parte del telespettatore più scettico.

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