Etichette

giovedì 23 febbraio 2017

#libri: Chavela, un'icona di stile

Un mondo raro è un mondo strano, sospeso tra realtà e magia, intriso tanto di tequila quanto di passione, un mondo fatto di racconti e verità ancestrali, dove una donna, una piccola, grande, fragile, potente donna, da sola, può prendere in mano il proprio destino e plasmarlo fregandosene delle convenzioni, vivendo soltanto di musica, di amore, di dolore, di libertà.

Il mondo raro è quello appartenuto a Chavela Vargas (1919-2012), una delle voci più importanti e meravigliose dell’America Latina, una Edith Piaf messicana che è stata amante di Frida Kahlo e Ava Gardner, musa di Almodòvar e icona omosessuale capace di rompere gli schemi di un intero secolo. 

La sua, una carriera iniziata negli anni ’40 dopo un'infanzia difficile e dolorosa vissuta in Costa Rica, una giostra capace di correre e girare velocissima, intaccata da vent’anni di alcolismo e dal rischio di sprofondare definitivamente nell'oblio; una carriera (e una vita) ricominciata grazie a un incontro misterioso, che ha riportato la cantante alle scene mondiali, seppur dopo molte primavere.

Ad oggi, il merito di aver riscoperto e raccontato la vita di quest'artista così unica e immortale è di due giovani musicisti palermitani, Antonio Dimartino e Fabrizio Cammarata: difatti “Un mondo raro. Vita e incanto di Chavela Vargas” nasce proprio da un viaggio compiuto da Palermo a Città del Messico alla scoperta dell’universo di una vera e propria istituzione della musica messicana, scomparsa nel 2012 a 93 anni dopo una vita vissuta sempre al massimo, sotto ogni aspetto possibile.      Un viaggio che si può letteralmente toccare con mano nelle circa duecento pagine di questo intenso romanzo, perfettamente in grado di restituire una vivida immagine della sua protagonista (poncho rosso sulle spalle, sigaro in bocca e pistola nella fondina) e della bellezza carnale del Messico nei suoi anni d'oro.



La “negritudine”, quel calore profondo tipico delle culture del Sud America, sa stregare il lettore anche grazie a uno stile empatico, suggestivo, ai continui salti temporali che ci mostrano, alternativamente, una Chavela (o meglio, una Isabelita) bambina, già diversa dalle sue coetanee, più profonda, matura, e un'adulta inconsapevolmente sensuale, capace di stregare la dama di Casa Azul con un solo sguardo.

E da qui un'epifania di artisti, Frida, Diego Rivera, Jiménez, García Lorca, le notti brave impregnate di alcol e umori, i primi concerti con i gruppi di mariachi più disparati, l'intensità della ranchera, così carica di vita e di morte da risvegliare la coscienza di un Paese a partire dal basso, da quella cultura popolare incredibilmente viva e mai dimenticata.

Insomma, “Un mondo raro” ha il grande, inestimabile pregio di farci vivere, sfogliandone le pagine, un'avventura indimenticabile: la colonna sonora c'è già, a questo punto basta soltanto chiudere gli occhi e abbandonarsi a Chavela, alla sua voce, a quel graffio potente capace di squarciare l'anima di chi l'ascolta.

"Questo articolo è apparso su Paper Street, per gentile concessione". 
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/chavela-vargas-un-mondo-raro-antonio-di-martino-fabrizio-cammarata-album-libro-recensione.html

mercoledì 15 febbraio 2017

#libri: Storia di un corpo, Daniel Pennac






Mangiare, dormire, evacuare (ebbene sì, scandalo supremo!), fare l'amore, ammalarsi, guarire, provare dolore, provare piacere: tutti fattori che diamo per scontati, catene logiche che seguono il principio di azione/reazione, processi apparentemente banali che il nostro corpo compie quotidianamente, da quando veniamo al mondo, con un sonoro vagito, al saluto estremo, più o meno eclatante e sofferto che sia.








E proprio questi processi sono alla base di Storia di un corpo, ennesimo capolavoro del genio creativo e inesauribile di Daniel Pennac, una storia puramente corporea elevata a poesia altissima, una lirica espressa in modo spesso prosaico, ma spaventosamente efficace.

Perché non c'è nulla di più meravigliosamente imperfetto della macchina del corpo umano, nulla di più umoralmente sublime, questo il messaggio, di portata fondamentale, che ci dona Pennac, con la curiosità e la tenerezza del suo sguardo attento e bonariamente indagatore, con l'amore con cui osserva questa variegata e fantasiosa umanità.

Un vero e proprio diario personale che non scivola mai nel sentimentale, un trattato di anatomia umana decisamente sui generis, il dono fatto da un padre all'amata figlia, il racconto di una vita osservata con indulgente divertimento: dalla prima infanzia, segnata dalla morte del padre e da una madre lontana dal sui ruolo canonico, alla giovinezza caparbia e vissuta fino in fondo, alla vecchiaia, quel tunnel che conduce inesorabilmente alla morte, una dipartita narrata con toni lievi, leggeri, come solo il professore più amato al mondo sa fare.

Perché non c'è vergogna nel corpo umano, nelle sue funzioni, solo bellezza, da custodire e raccontare senza falsi pudori.

lunedì 6 febbraio 2017

#RecensioniperEsordienti: Condannati a morte, Paola Di Nino

Nuovo appuntamento con lo spazio dedicato esclusivamente agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ e il portale Chanceincomune.it, due siti ricchi di recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo. 

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere. 

E allora proseguiamo la nostra avventurosa partnership, con la mia recensione di una giovane esordiente dall'indubbio talento: quest'oggi parliamo di Condannati a morte di Paola Di Nino: buona lettura!


Condannati a morte è un romanzo coraggioso, forte, che non ha paura di affrontare un tema tanto attuale quanto scomodo: quello della violenza e degli abusi nelle carceri. 

La protagonista femminile tratteggiata da Paola Di Nino è una guardia carceraria che non si accontenta di svolgere il proprio compito a testa bassa, senza porsi domande. 
   Il suo senso di giustizia la porta a combattere per la causa di Koray e Azmiye, fratello e sorella condannati ingiustamente, vittime silenziose di una giustizia che troppo spesso è impegnata a perseguire i propri interessi piuttosto che scovare i veri colpevoli di un sistema malato. 

Una vicenda dove il canonico lieto fine è sostituito dall'amarezza della sconfitta, unito tuttavia alla speranza, quella che le tante anime abusate possano avere, anche dopo la morte, un barlume di verità.

L'autrice narra una storia difficile e lo fa in prima persona, catapultando il lettore all'interno di un carcere come tanti, facendoci percepire a pelle il dolore, la sporcizia, l'umiliazione e la violenza alla quale ci siamo ormai, tristemente, assuefatti. 

Leggendo questo volume ci si immedesima facilmente nella protagonista, nella sua frustrazione durante la ricerca di prove e alleati con cui combattere una guerra che potrebbe sembrare già persa in partenza, nell'ulteriore difficoltà di essere donna in un ambiente di soli uomini (o, per meglio dire, di soli maschilisti), il senso di soffocamento di chi annaspa in un mare di corruzione dilagante.  

Proprio per rendere al meglio questo spettro cromatico personale la narrazione procede al ritmo delle emozioni della protagonista, diventando fin dalle prime pagine un racconto intimistico ed emozionante scritto con uno stile fluido, mai banale e coinvolgente. 

Un esordio decisamente importante, dove la bravura dell'autrice si vede specialmente nella cura dedicata all'aspetto introspettivo dell'opera, e nella scelta di raccontare la vita in un penitenziario, contesto ancora sconosciuto (volutamente?), specialmente nel nostro Paese.