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mercoledì 9 marzo 2016

#film: Il caso Spotlight, Thomas McCarthy

Tema spinoso e quantomai attuale, cast stellare, ritmo serrato e coinvolgente: non mi stupisce che "Il caso Spotlight" (traduzione orrenda, tra parentesi, poiché non esiste alcun caso Spotlight, come capirete tra poco) abbia vinto l'Oscar come Miglior Film dell'anno, perché se lo merita tutto, alla faccia di chi avrebbe voluto un film più glam/patetico/strappalacrime/pacchiano/hollywoodiano e chi più ne ha più ne metta. 


La pellicola è basata su un'inchiesta giornalistica nata agli albori degli anni 2000, nell'apparente tranquillità del pre - 11 settembre.
   Quando Marty Baron (Liev Schreiber) approda al Boston Globe per prenderne il timone si trova di fronte un gruppo di quattro giornalisti, denominato Spotlight, impegnato sui casi più scottanti di Boston e dintorni, con una minuzia ed un’ostinazione tali da aver loro guadagnato una certa autorevolezza nell’ambiente.
   Un team dove non mancano certamente screzi, discussioni, talvolta vere e proprie liti nate da incomprensioni e punti di vista differenti, ma comunque estremamente affiatato, pronto a tutto pur di svelare il marcio che sta sotto ad un'apparenza così perfetta.
   E sarà proprio Baron a chiede a Walter Robinson (Michael Keaton), leader del gruppo, di interrompere qualsiasi cosa stiano seguendo per focalizzarsi sugli abusi sui minori che si protraggono da decenni all’interno della diocesi di Boston.

Ad oggi può sembrare una tematica piuttosto comune, ma nel 2001, pur non essendo poi così lontano, i tempi non erano ancora maturi per lo scandalo planetario che si abbatterà sulla Chiesa Apostolica Romana di lì a poco.
   Proprio per questo i redattori del Globe inizialmente restano spiazzati e procedono nelle indagini con i piedi di piombo, anche perché la presenza cattolica nella città statunitense è nutrita ed influente, ma poi rompono gli argini e si buttano a capofitto in una delle vicende più scabrose e vergognose degli ultimi decenni.

Un film potente che, con magistrale sobrietà, senza scadere negli episodi clamorosi ed eclatanti ai quali troppo spesso ci ha abituato il cinema americano, narra una storia vera, che è valsa il Premio Pulitzer al Globe, una storia scomoda che ha portato alla scoperta di ben 250 preti pedofili, criminali che hanno approfittato della loro influenza su minori disagiati, soli, in serissime difficoltà economiche e sociali, per spingerli a compiere atti indegni, abusando di loro fisicamente ma anche, fattore non meno importante, psicologicamente.
   Una pagina nera nella storia della Chiesa che, ai suoi più alti vertici,ha tentato di insabbiare la vicenda, anziché denunciarla, macchiandosi di un tacito assenso non meno grave della violenza.


Ed ora, permettetemi due brevi pensierini:


  • Considerazione n.1: osservando i meccanismi che stanno alla base di un giornalismo investigativo così accurato e approfondito, in grado perfettamente di fare le pulci al governo e ai poteri forti. e confrontandolo con il giornalismo italiano, che perlopiù si occupa dell'ultima marchetta del politico di turno o di quanto siano sode le chiappe di Belen, un po' di depressione ci viene. Un po' tanta, in effetti.
  • Considerazione n.2: questo film, in moltissime sale italiane, non è stato volutamente trasmesso. Siamo nel 2016 e, teoricamente, non ci sono Crociate in vista. E qui, puntualmente, arriva il mio solito invito: meditate gente, meditate...

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