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mercoledì 9 dicembre 2015

#libri: La città dell'oblio, René Frégni

"Le tentate evasioni, i suicidi, le sommosse, succede tutto lì. Quando non possono segare le loro sbarre, affilano la loro crudeltà. Ma quando la notte cala sulla prigione, in fondo alla propria cella, ciascuno di loro piange pensando alla propria madre"

 Definire "La città dell'oblio" semplicemente un noir è un atto profondamente riduttivo, quasi offensivo, per un romanzo come questo.
   Perché "La città dell'oblio" sa donare al suo lettore un'infinita gamma di colori, il rosso della passione, il blu della malinconia, il verde della speranza, il nero dell'ossessione, il grigio di una quotidianità insignificante, che può portare alla follia.
   Colori forti, ben definiti, che corrispondono poi alla gamma di emozioni e sfumature nel quale ci fa immergere René Frégni, scrittore marsigliese che conobbe il carcere all'età di appena 19 anni, esperienza che ha cambiato radicalmente il corso della sua vita, influenzando anche la sua produzione letteraria.

"Come raccontare i giorni, le notti, le stagioni dietro i muri di una prigione, a chi sicuramente non li valicherà mai, come descrivere gli uomini che fumano, mangiano, ridono, si insultano, si incrociano mettendosi la mano sul cuore in segno d’amicizia, aspettano, seduti su panchine di pietra, l’era del rancio, o la fine del tempo?"

Frégny ci riesce, e in modo magistrale, inserendo nella sua opera spunti fortemente autobiografici, negativi ma ancor più spesso decisamente positivi, uno su tutti l'attività che lo impegna a tutt'oggi, quella di insegnante di scrittura creativa a contatto con carcerati di tutte le età.
   E infatti proprio in un carcere è ambientata questa vicenda, nel penitenziario di Marsiglia, un luogo dimenticato da Dio dove l'umanità diventa ancor più concreta, reale, dolorosamente tangibile.
   Tra le sbarre di una prigione e le strade della città francese, fatte di luci ed ombre, si snoda la storia di un'ossessione, quella di un assassino per sua moglie, da lui stesso uccisa in un momento di folle rabbia, ma anche quella di uno scrittore fallito per questa stessa storia, così forte, emozionante, coraggiosa, fuori dalle righe, l'appiglio perfetto per evadere da una vita opprimente e priva della benché minima soddisfazione.
   E sarà proprio un'evasione a fare da fil rouge all'intera narrazione, e a condurre il lettore fino al tragico epilogo, o apparente tale.

Apparente, perché questo romanzo, oltre a condurci per mano nei meandri più reconditi e inquietanti dell'animo e dell'abisso umano, ci offre anche un fortissimo messaggio di speranza, condito anche da un pizzico di ironia assolutamente indovinata: un uomo può provare un piccolo assaggio di felicità anche quando viene privato della propria libertà, grazie all'amore di una donna, alla solidarietà tra detenuti, al profumo dell'estate imminente, al pensiero del tanto agognato ritorno a casa.
   E, per quanto grave possa essere il delitto commesso, c'è sempre una redenzione possibile, un momento in cui, contro tutte le aspettative, la coscienza si libera, dopo tanta agonia, si pente e spicca il volo, portando una goccia di serenità nel cuore di quelle che, se così non fosse, resterebbero soltanto anime in pena, condannate a scolorire giorno dopo giorno.

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