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venerdì 29 aprile 2016

#libri: Sotto le ciglia chissà, Fabrizio De André

... "Mi comperai la vita con i canti e i sorrisi"...


Appunti, note, schizzi, parole, frasi scritte di getto su qualsiasi superficie cartacea a disposizione, frammenti che ci permettono di sondare l'animo, qual lato più nascosto di uno dei cantautori italiani più grandi della storia del nostro Paese, Fabrizio De André. 

Il quadro che ne esce è intimo, ironico, beffardo, irriverente, il ritratto di una persona che dalla vita ha avuto tanto, sia in positivo che in negativo, ma ha anche dato tanto, un uomo che parlava dell'amore come della morte, della famiglia come del sesso, dell'amicizia come della sua arte, sempre con passione, carattere e un briciolo di testarda ostinazione. 
   Gli argomenti trattati sono moltissimi, e ci fanno comprendere come i discorsi che pronunciava sul palco, le risposte (spesso al vetriolo) che riservava ai giornalisti o i versi delle sue canzoni fossero frutto di un lavoro lungo e complesso, ma anche di una cultura profonda, di stampo classico e umanistico, che emerge tra le righe e tra i suoi versi. 

Tra i suoi appunti infatti si leggono riflessioni, a volte contraddittorie, diverse varianti della medesima frase, la lista dei "saluti pubblici a privatissimi affetti" da annotare durante la tappa di un tour, i pensieri privati sul suo rapporto travagliato con la religione, un riferimento costante che lo accompagnerà per tutta la vita, specialmente durante il sequestro in Sardegna insieme a Dori Ghezzi.

Faber annotava in maniera istintiva e quasi maniacale impressioni, ricordi, detti popolari appresi nei carruggi di Genova o dai contadini della Gallura, i suoi "luoghi del cuore", ricette, "pensierini" divertenti e goliardici, citazioni e molto altro, un disomogeneo mare di appunti frutto di un lavoro di artigiano meticoloso e virtuoso della lingua, italiana ma anche dialettale.

Leggere le carte inedite di Fabrizio De André, raccolte negli anni dalla moglie Dori Ghezzi e oggi conservate al Centro Studi a lui dedicato presso l'Università di Siena, è emozionante, com'è emozionante immaginare il meticoloso lavoro di cernita e catalogazione, guidato da una profonda ammirazione e stima nei confronti di un artista a tutto tondo, un signorino della Genova bene che ha deciso di trascorrere la sua vita tra gli umili, uscendo prepotentemente dalla sua "gabbia dorata", un uomo forte e fragile al tempo stesso, nato per viaggiare sempre "in direzione ostinata e contraria". 


"Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile."


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