Etichette

venerdì 7 agosto 2015

#lavoro: Giovani, sì, ma non per questo abelinati!

Questa mattina mi è arrivata, tramite una delle solite newsletter, l'ennesima offerta di lavoro (leggi "presa per i fondelli"): "Cercasi redattore web per periodico online di cultura... la collaborazione è da considerarsi a titolo gratuito, in cambio offriamo la visibilità sul nostro sito."
   Ma allora, ma pensate che noi poveri cristi facenti parte dell'amaro mondo della comunicazione siamo tutti quanti dei perdaballe (passatemi il termine)?!
   Chiedereste mai ad un ingegnere o ad un architetto di lavorare gratis?!

Io non mi capacito di come, in un Paese cosiddetto civilizzato, possano accadere cose simili, e credo che l'Italia sia un unicum anche sotto questo aspetto, purtroppo.
   Fossi un datore di lavoro, mi vergognerei nel pubblicare una simile offerta, se così la si può definire.

Io per fortuna un lavoro ce l'ho e, per quanto lo stipendio sia piuttosto striminzito, almeno sono riuscita a trovare un minimo sbocco professionale nel settore per cui ho studiato, ma questo è sfruttamento bello e buono: è troppo comodo far leva sul senso di frustrazione di persone che, dai sogni e dalle belle speranze degli anni universitari, hanno preso una vera e propria facciata contro un muro di cemento, quello della disoccupazione, degli stage che equivalgono pressoché a decine e decine di lavoro gratuito o quasi, a contratti dalla durata che definire ridicola è un eufemismo.

Ogni volta che parlo con qualche persona un po' più anziana, sento dire che, tutto sommato, si stava meglio ai tempi della guerra o giù di lì, e mi si accappona la pelle: ma come diavolo abbiamo fatto a ridurci così?!
   Quando sento i vari pseudo-politicanti parlare di ripresa, decantare che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non so se ridere, piangere o vomitare, ogni volta un dilemma.

Siamo tutti capaci a spingere questa generazione di gente così poco "choosy", della quale anch'io faccio parte, a far su baracca e burattini e andare all'estero, quando si ha il sedere incollato saldamente ad una poltrona.
 
Ma sapete cosa vi dico? Che IO, ALL'ESTERO, NON CI VOGLIO ANDARE. 

Non perché abbia qualche pregiudizio, ma semplicemente perché non è mai stato il mio sogno.    Conosco gente che, praticamente dal primo vagito, ha sempre anelato a cambiare aria, trasferirsi in qualche capitale europea o in qualche luogo esotico e, se c'è l'ha fatta, è assolutamente giusto e sacrosanto così.
   Ma, per il mestiere che faccio io, e per i sogni che ho ancora chiusi nel cassetto, va più che bene questa nostra meravigliosa e al tempo stesso ignorante Italia.
   Arte e comunicazione non potrebbero trovare habitat più favorevole, basterebbe soltanto che qualcuno si mettesse una mano sulla coscienza ma, in caso contrario, non dobbiamo dargli la soddisfazione di andarcene in massa, per lasciare liberi i posti ai classici figli, nipoti, parenti di...

Ci sono legami troppo forti che mi tengono legata qui, il desiderio di avere, un domani, una famiglia mia, e non sta scritto da nessuna parte che una donna non possa avere di questi sogni e, al tempo stesso, poter lavorare.

Oggigiorno sembra che, se non vai all'estero, non sei nessuno, non hai esperienze degne di nota da mettere nel Curriculum Vitae, uno zero assoluto, insomma.
   Persino per fare la commessa, occorre parlare fluentemente cinese, arabo o russo, ormai anche l'inglese è superato.
   Ma insomma, padroneggiare perfettamente la propria lingua madre è forse un handicap? Non credo, specialmente sentendo certi strafalcioni proferiti da celebri e illustre bocche.
   Non vorrei apparire mussoliniana, Dio ce ne scampi, ma un po' di sano orgoglio italiano non guasterebbe. Diamo valore alla NOSTRA lingua e alle NOSTRE tradizioni, alla NOSTRA cultura, smettiamola di snobbare tutto ciò che riguarda questo NOSTRO scalcinato, ma bellissimo Paese.

Per una volta, mi sento di dar ragione a quel tarantolato dell'amico Vittorio Sgarbi: "Siamo i camerieri della Germania, quando con un solo quadro degli Uffizi potremmo comprare la città di Colonia", ha tweettato qualche giorno fa.
   In poche parole, e un po' alla genovese, smettiamola di fare le bagasce di tutti, alziamo la testa e cerchiamo di riprenderci con le unghie e con i denti ciò che ci spetta di diritto (anche se a dirlo non è certo uno stinco di santo, ma questa è un'altra storia). Amen.

Nessun commento:

Posta un commento