Etichette

venerdì 9 ottobre 2015

#viaggi: Egeria, ovvero l'archetipo della donna libera

Ieri vi ho parlato di una donna straordinaria, la scrittrice e giornalista inviata di guerra Oriana Fallaci, un esempio di coraggio, forza e caparbietà che suscita in me profonda stima e ammirazione.
   Oggi voglio proseguire su questo filone femminile raccontandovi di un'altra grande donna, vissuta nel quarto secolo dopo Cristo, un tempo così remoto che, soltanto a parlarne, facciamo già fatica a immaginarlo.

Questa è la storia di Egeria, uno spunto che mi ha fornito il noto gossipparo Alfonso Signorini in un suo editoriale, uno che, sotto l'apparenza frivola e leggera, ogni tanto qualche perla la tira fuori, pescando nella sua formazione accademica.

Si tratta della prima, vera femminista della storia: una viaggiatrice in solitaria, una donna appartenente all'antica nobiltà della Galizia, conservatrice regione della Spagna, una che avrebbe potuto trascorrere la sua beata esistenza tra balli, luculliani banchetti, feste sfrenate, divertimento e abiti lussuosi, il tutto contornato da un'adorante servitù.
   Sì, ma guardiamo anche il rovescio della medaglia: la corte impone una rigida etichetta, la libertà di una donna, all'epoca, era ancor più limitata che ai giorni nostri e, nel complesso, l'indipendenza era forse una parola sconosciuta nel vocabolario femminile, anche in quello di una nobile.

Fatto sta che, un bel giorno, la nostra Egeria decise di farsi preparare un cavallo e un mulo da uno stalliere e, armata soltanto di fede, coraggio e di un'insopprimibile voglia di libertà, partì alla volta della Terra Santa.
   Sola, completamente sola, attraverso la Spagna, la Francia, l'Italia, verso Costantinopoli e,infine, nella splendida Gerusalemme.
   Una piccola, grande donna, indifesa ma evidentemente non troppo, che è riuscita a fronteggiare briganti e malintenzionati, facile preda di uomini senza scrupoli che avrebbero potuto mangiarsela in un sol boccone.

Ma lei ce l'ha fatta: ha raggiunto la sua meta, e ci ha lasciato un diario (che DEVO avere nella mia libreria personale, ormai è diventata una mission) dove racconta le sue avventure, le sue esperienze, gli usi e costumi con i quali è entrata in contatto, le popolazioni incontrate, una versione rosa (anche se non amo molto questo termine) del Milione di Marco Polo.

Ho anche visto una sua raffigurazione: occhi profondi, scuri, malinconici. Occhiaie ben marcate. Un naso lungo, capelli riuniti quasi a crocchia, un giro di collana di pietre verdi attorno al collo. Bellissima.



Egeria ha compiuto un viaggio, un percorso che è durato ben tre anni, altro che Pechino Express. Per carità, lo guardo e mi piace anche, ma viaggiare con tanto di troupe e telecamere annesse 24h non fa testo, siamo capaci tutti, Barale e Yari Carrisi compresi.



Oltre all'indubbio coraggio, Egeria possiede anche il ritmo del narratore essenziale, compie un viaggio straordinario e lo descrive con efficacia minimalista:

"Arrivammo ad un luogo dove i monti, attraverso i quali stavamo andando, si aprivano e formavano una valle immensa che si estendeva a perdita d’occhio, tutta pianeggiante e molto bella, e oltre la valle appariva la santa montagna di Dio: il Sinai".

Una donna moderna nei tempi più arcaici del Cristianesimo, proprio in quegli stessi anni in cui dottori come Gregorio di Nissa, teologo e vescovo greco, sconsigliavano i pellegrinaggi perché "ponevano a repentaglio la purità", soprattutto (avevamo dei dubbi in proposito?) delle donne.

Ma Egeria non vi ha dato ascolto: una donna che è un esempio per tutti noi, così contemporanea proprio perché ha viaggiato per il piacere di viaggiare, per il gusto della curiosità, per il bisogno della scoperta.
   Chapeau, splendida Egeria, ce ne fossero di donne come te.

Nessun commento:

Posta un commento