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venerdì 31 luglio 2015

#libri: Jonas Jonasson, Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

Le premesse per fare di "Il centenario che saltò dalla finestra" un buon libro, ci sono davvero tutte: una trama dai mille intrecci, ironia e humour a profusione, un protagonista che, nonostante la veneranda età, è degno del miglior film d'azione hollywoodiano, sicuramente più ginnico di me che di anni ne ho 74 in meno.

Tuttavia, secondo me, la storia non sempre riesce a decollare. Mi spiego meglio: sicuramente il romanzo è molto godibile, divertente ed è ricco di passaggi davvero esilaranti, tuttavia il ritmo narrativo e il dispiegarsi della trama sono, talvolta, un po' fumose, forse perché troppo ampi e articolati per un solo libro.

Ma, già che l'ho tirata in ballo, facciamola una piccola digressione su questa trama: il libro inizia con il nostro canuto eroe, Allan Karlsson, alle prese con i preparativi per festeggiare degnamente i suoi 100 anni, tondi tondi. O meglio, è l'arcigna infermiera Alice, direttrice della casa di riposo dove Allan risiede, a dirigere le operazioni poiché, dal canto suo, il nostro arzillo vecchietto sta meditando la fuga: è un attimo che, scavalcata la finestra, si ritrova alla stazione degli autobus, dove lo attende la prima epica avventura. Infatti, dopo un incontro alquanto sgradevole con un giovinastro biondo e maleducato, Allan decide che un pizzico di trasgressione non può che far bene ad un cuore vecchio di un secolo, e ruba la valigia del giovane, che, come scopriremo in seguito, è uno dei membri   della banda più violenta della città.
 
Questo il pretesto per dare inizio a una spirale di epiche disavventure, costellata di omicidi (!), incontri fortuiti, agenti di polizia sull'orlo dell'esaurimento nervoso, killer dalla dubbia ferocia, elefanti di nome Sonia (!!) e un epilogo che cade a fagiuolo in una storia come questa.

Il racconto si muove su due piani temporali paralleli che, soltanto nell'ultimo capitolo, si incontrano chiudendo un ciclo; si alternano capitoli ambientati nei primi anni del Novecento, con i ricordi di gioventù di Allan (la permanenza in una struttura psichiatrica, la tendenza a far saltare per aria tutto ciò che lo circonda...) ma soprattutto le sue esperienze di vita più significative.
   E qui inizia un po' di caos narrativo. Infatti l'autore ci conduce in un viaggio attraverso contesti e momenti storici innumerevoli, raccontandoci dell'incontro tra il protagonista e Stalin ("un folle in preda a terribili attacchi d'ira"), Mao Tse Tung ("generoso, al punto da donargli una rendita che gli permette di vivere a Bali da gran signore"), il presidente Truman ("un bonaccione") e i suoi successori, e via così, in un susseguirsi vertiginoso di episodi accattivanti, ma che rischiano di far perdere il filo al lettore.

A tratti sembra quasi di leggere un Bignami di storia moderna, che va dalla Rivoluzione Russa fino al disarmo nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica (a proposito: indovinate un po' chi avrebbe inavvertitamente svelato la formula della bomba atomica ai russi? Sì, proprio lui.), un racconto narrato dalla lucida memoria di un uomo che ha vissuto una vita a base di lampi di genio, nitroglicerina e acquavite.

Allan Karlsson si pone come un novello (e svedese) Forrest Gump, morde la vita con un'innocenza commovente, vive con una leggerezza che fa invidia, un po' sprovveduto, questo sì, ma sempre capace di strappare un sorriso a chi gli sta vicino.



Tirando le somme, a prescindere da trama, stile letterario e dettagli più tecnici (che possono piacere o meno, ma che comunque non ne pregiudicano la bellezza), ciò che dona veramente valore all'opera è il messaggio che ci trasmette: la vita continua, anche a 100 anni, e va vissuta intensamente fino in fondo.
   Un inno alla gioia di vivere e al coraggio di non darsi mai per vinti perché, con quel balzo, Allan non ha soltanto saltato una finestra, ma ha oltrepassato la soglia tra costrizione e libertà, ha scelto di trovare, ancora una volta, il suo posto nel mondo.
   Un'iniezione di positività alla quale sono riuscita a dare un significato ancor più pregnante dopo aver letto qualche info biografica sull'autore, Jonas Jonasson: reduce da un terribile esaurimento nervoso e costretto a lasciare il suo lavoro di giornalista, ha trovato un rifugio spirituale nella scrittura, che evidentemente l'ha condotto ad una vera e propria catarsi personale.
   Quando si dice, il potere delle parole.  

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