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giovedì 23 luglio 2015

#arte: Metà tà physikà...

...ovvero, oltre la natura percepibile dai sensi.
"...si può concludere che ogni cosa abbia due aspetti: uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l'altro lo spettrale o il metafisico che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza e di astrazione metafisica, così come certo i corpi occultati da materia impenetrabile ai raggi solari non possono apparire che sotto la potenza di luci artificiali..." (Giorgio De Chirico).
Classicità ed estraniamento, due componenti fondamentali dell'opera di de Chirico


Una definizione, ma soprattutto un'idea che accomuna artisti come Carrà (di ritorno da una breve ma intensa parentesi futurista), De Pisis, Soffici, Morandi, ma specialmente Giorgio De Chirico, e che deriva dal filosofo Aristotele, che con questo termine indicava una realtà che trascende quella conoscibile attraverso i sensi, qualcosa di più immateriale e spirituale.

Ebbene sì, perché oggi si parla di arte, anzi di Arte, con la A maiuscola, poiché Giorgio De Chirico resta sempre uno dei miei primi amori nello studio della storia dell'arte. Nella speranza di riuscire ad andare a Ferrara a visitare la mostra su di lui, intitolata "De Chirico a Ferrara. Metafisica e Avanguardie", che si terrà a Palazzo dei Diamanti dal 14 novembre 2015 al 28 febbraio 2016, mi è venuta voglia di rispolverare un piccolo approfondimento su questo artista meraviglioso, in grado di stupire, far riflettere e turbare il fruitore delle sue opere al tempo stesso.

Ettore ed Andromaca


L'arte di De Chirico nasce in un periodo storico pieno d'incertezze quale fu quello della Prima Guerra Mondiale, quando le persone comuni, coloro che detenevano il potere, coloro che si ribellarono e coloro che acconsentirono senza opposizioni, ma soprattutto coloro che cercarono di dare espressione alle loro emozioni ed ideologie tramite l'arte, ebbero reazioni e manifestazioni contrastanti.

Canto d'amore




Due esempi su tutti: l'entusiastica adesione del Futurismo, con la sua esaltazione della forza della guerra, della macchina, della velocità e della modernità, contrapposta all'analisi più introspettiva della "Metafisica" di cui proprio De Chirico fu il maggiore esponente. E fu proprio lui a proporci una versione profonda e unica sui generis dell'uomo che si prepara a combattere, o a subire, la guerra, totalmente spersonalizzato: infatti nei suoi quadri non esiste più una figura umana vitale, dinamica, ma solo una pallida ombra, una statua, un inquietante manichino nelle mani di un destino più grande di loro.


Le Muse inquietanti


Le radici di questa nuova arte, a tratti pessimistica, si possono individuare nella filosofia storica di Nietzsche e nella solennità della mitologia greca, trasposta in una dimensione angosciosa e ambigua.
Così nascono le "Opere dell'Enigma", dove figure mitologiche come Ulisse scrutano un orizzonte statico, all'ombra di divinità classiche sotto forma di statue, o la serie delle "Piazze d'Italia", caratterizzate da un'architettura classica che tuttavia non permette di comprendere né il luogo né il momento in cui ci si trova, e che spesso si mescola ad elementi di modernità come le fabbriche, di cui si scorgono le ciminiere, in un continuo richiamo tra passato e presente.

A livello stilistico, questi concetti vengono resi da De Chirico tramite una costruzione prospettica secondo molteplici punti di fuga incongruenti tra loro, campiture di colore piatte, uniformi, prive di sfumature e chiaroscuri, figure statiche, immobili, fuori dal tempo e dallo spazio.
Analogo discorso vale per le nature morte, dove ai consueti soggetti si aggiungono elementi della classicità greca, come maschere o parti di statue.
L'arte diventa lo spazio di una rappresentazione mentale, di una dimensione interiore pervasa dall'angoscia dell'indefinito, dal dubbio che dilania l'uomo di fronte alla prospettiva della guerra.

A livello emotivo, è un po' l'effetto che mi fanno le opere di un altro pittore del '900, Francis Bacon. Artista non riconducibile a nessuna corrente artistica, espresse anch'egli l'angoscia dell'uomo, ma questa volta dopo la sconvolgente esperienza della Seconda Guerra Mondiale.
Il suo mezzo espressivo è nel contrasto tra sfondi dal colore piatto, ordinato, e soggetti, principalmente figure umane, trasfigurati, resi attraverso grumi di colore denso steso in maniera brutale.

Trittico, Maggio-Giugno 1973

Studio dal ritratto di Innocenzo X


I suoi soggetti vengono rappresentati in momenti quotidiani, spesso intimi, come l'uomo in bagno mentre vomita, segnali di un disagio fisico e psicologico. La brutalità delle cose, della vita, è resa anche nella dimensione religiosa: l'iconografia sacra è deformata da figure mostruose e stravolte dal dolore, addirittura i suoi ritratti di Pontefici hanno un aspetto disperato e straziato, talvolta ispirati da fotogrammi della "Corazzata Potemkin" di Eizenstein (1926).

Questi pittori credo siano un ottimo paradigma per comprendere come l'arte sia una delle forme più efficaci per comprendere ed esprimere i cambiamenti di un secolo, seppur breve, intenso come il '900, e come questi abbiano influito in maniera spesso negativa e sconvolgente sulla psiche e sull'animo umano.

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