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venerdì 18 settembre 2015

#musica: Mango, un poeta dei giorni nostri...

Oggi voglio parlarvi di musica, non lo faccio spesso anche perché la scena musicale contemporanea, perlopiù, mi schifa un po', per questo non sono mai troppo aggiornata e rischio di andare a rivangare cose di vent'anni fa almeno.
   Ma oggi, forse guardando i soliti talent tipo X Factor, ascoltando vecchi CD e riflettendo sul motivo del successo planetario di "artisti" di dubbio gusto piuttosto che di altri, mi è venuta voglia di dire due parole su un cantante che non c'è più, o meglio su un poeta che non c'è più e che, quando se n'è andato, accasciandosi sul palco, ha fatto un po' di scalpore sul momento, ma niente di più.




Sto parlando di Mango, all'anagrafe Giuseppe Mango, un cantautore sensibile, dotato di una tecnica vocale assolutamente unica, e credo il musicista più bistrattato e sottovalutato della storia della musica italiana.
   Se mi azzardo a dire a qualche coetaneo (di quelli più giovani non parlo nemmeno, fatica sprecata) quanto io abbia amato questo artista, ricevo occhiate basite, sguardi sconvolti, frasi sbigottite della serie "Ma come, io credevo ascoltassi musica rock o simili, non questa roba da vecchi/donnette sentimentali/sfigati/e chi più ne ha più ne metta!".
   Ma come si può generalizzare così?! Ok, può non piacere il genere, l'uso del falsetto che sicuramente è molto personale e non semplice da attualizzare, ma almeno sui testi, nulla mi si può dire.

Sono convinta che chiunque abbia un minimo di sensibilità e sappia andare oltre la melodia, sondando le parole che compongono i testi delle canzoni, non possa non amare certi brani, certe frasi, di una spontaneità e di un lirismo che non hanno nulla da invidiare ai grandi poeti della storia della letteratura.
   Un uomo prima che un personaggio, sempre educato e semplice, umile, uno che è sempre stato in disparte, poco avvezzo alla vita mondana sotto i riflettori, e che proprio per questo ha vissuto in disparte, senza ottenere il giusto riconoscimento.

Questa riflessione scaturisce da un moto di fastidio che ho provato, e che provo quotidianamente, osservando che, al giorno d'oggi, vanno avanti solo i cafoni, gente sfacciata dalle dubbie qualità canore, rapper a dir poco penosi che alternano il turpiloquio all'omicidio quotidiano del congiuntivo e della lingua italiana.
   Bellocci, tamarri fino al midollo, Dio ce ne scampi.

Una prova di ciò che sto dicendo? La morte di Mango, avvenuta sotto i riflettori pur di non interrompere la sua performance, l'atto estremo di un cantante che non voleva deludere il suo pubblico, che credeva di farcela.
   E i media che hanno fatto?
Dopo aver speculato in tutti i modi sul video che ha girato per mesi in rete, una morte in diretta che, se vivessimo in una società di gente civile o perlomeno con un briciolo di cuore e intelligenza, sarebbe stato immediatamente rimosso, l'hanno lasciato nel più totale oblio, dimenticato dopo appena una decina di giorni, in favore delle chiappe di Belen o dell'ultimo moroso di una starlette di infimo ordine.

Grandi onori per la scomparsa, praticamente nello stesso momento, di Pino Daniele (per carità, assolutamente meritati, non fraintendetemi), totale indifferenza per quella di Mango.
   Eppure i suoi meriti sono stati numerosi: infatti, oltre alla carriera di cantante, Mango ha scritto brani per diversi artisti tra cui Patty Pravo, Andrea Bocelli, Loretta Goggi, Mietta e Loredana Berté, alcuni dei quali in collaborazione con il fratello Armando.
   Le sue canzoni sono state anche interpretate da artisti italiani e internazionali come Mina, Mia Martini, Leo Sayer, Hélène Ségara e Eleutheria Arvanitakī, un artista che, nell'arco della sua carriera, ha venduto oltre 5 milioni di dischi in tutto il mondo, e qui è finito ben presto nel dimenticatoio.



Ma ditemi voi, come si può criticare, svalutare, dimenticare uno che ha scritto frasi come:

Se con un t'amo detto mai
ti sto perdendo e t'amo ancora,
l'assenza è segno di realtà,
quotidiano il silenzio sale e mi sa di vuoto
e tu
che accarezzi il mio domani
spezzami
quando sai che è tutto normale.
Se con un t'amo io ti amai,
se affianco a te mi son fermato,
io fossi in te ci penserei
a coprire così
ogni angolo in cui t'ho amato 

Non moriremo mai, 

il senso è tutto qui, 
mi piace quest'idea 
di eternità... non verità 
E... ho voglia di abbracciarti 
quando sei 
appesa ai miei tramonti 
e voli via... 
mia pace, mia inquietudine, 
mia intensità sottile


Siedi qui e getta lo sguardo giù tra gli ulivi l'acqua è scura quasi blu e lassù vola un falco lassù sembra guardi noi fermi così grandi come mai guarda là quella nuvola che va vola già dentro nell'eternità 

Io con te, io con te
nelle cose che fai,
mentre ascolti un temporale,
nelle notti stupide,
toccami coi sensi tuoi,
come un'abitudine
oh… come un'abitudine 

Io nascerò dove ti ho lasciato nascerò non avrò paura più del tuo maestrale non voglio più affondare io nascerò per me solo ancora nascerò nessun vento mi potrà più fare male ormai affronto il mare… affronto il mare… 


Sarò sentimentale, ma ogni volta che ascolto queste parole mi emoziono profondamente, sono lo specchio dell'anima di una persona che, pur non avendo mai conosciuto, ho apprezzato e stimato profondamente, per la sua capacità di andare controcorrente, di mantenersi integro, di esprimere pensieri intimi e personali senza falsi pudori, come dovrebbe sempre essere.

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