Etichette

martedì 31 maggio 2016

#mostre: "Dal Disegno al Click. 3 Secoli, 3 Tecniche, 7 Città" - Palazzo Cuttica, Alessandria

Oggi voglio parlarvi di un evento particolarmente interessante che riguarda la città di Alessandria: sto parlando della mostra "Dal disegno al Click. 3 Secoli, 3 Tecniche, 7 Città", esposizione che nasce dall’inventariazione del fondo di grafica di Giovanni Migliara custodito a Palazzo Cuttica, nel cuore della città, un patrimonio costituito da 628 fogli di disegni, 20 album e 25 stampe. 


Da questo vero e proprio tesoro nasce l’idea della mostra, nella quale alle vedute cittadine di Migliara vengono accostate stampe novecentesche e fotografie contemporanee con il medesimo soggetto.
   La scelta delle stampe è avvenuta tra quelle conservate nel Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne, mentre per le fotografie sono stati contattati dei foto-amatori, i fotolovers contemporanei, che hanno arricchito la mostra con una visione personalissima di questi suggestivi scorci.

L’esposizione è intesa come un viaggio ideale lungo lo stivale attraverso le opere esposte, in un confronto nato dalla volontà sia di far emergere le differenze e quindi l’evoluzione dei luoghi raffigurati, ma soprattutto di raffrontare le diverse tecniche.

Il tour ideale parte dalla città natale di Giovanni Migliara, Alessandria, con i suoi luoghi più simbolici: Piazza della Libertà, vero cuore del centro storico, la Cittadella, uno dei più grandiosi monumenti europei di fortificazione permanente del XVIII secolo, e la Cattedrale, quella distrutta all’inizio dell’Ottocento e quella attuale.

Si passerà poi a Milano, patria adottiva  dell’artista, a cui egli dedicò la maggior parte delle sue opere, tra cui spiccano monumenti quali l’abside del Duomo, la Basilica di Sant’Ambrogio e il Castello Sforzesco, ma anche le vedute di via Torino, dei navigli e di Piazza Fontana.

Sempre in Lombardia si toccheranno Pavia e Mantova. La prima, a metà strada tra le due “patrie” di Migliara, vedrà protagonisti la splendida Certosa e il Ponte Coperto sul Ticino, la seconda, capitale italiana della cultura 2016 e città natale di Antonio Carbonati, verrà rappresentata dalla cupola della chiesa di Sant’Andrea e dallo splendido panorama che regala la città dalle rive dei laghi che la circondano.

Si arriverà poi a Torino, prima capitale d’Italia , ricca di bellissimi scorci urbani tra cui quelli di Piazza Castello, di Palazzo Madama e della zona del Ponte Vittorio Emanuele I e della Chiesa della Gran Madre di Dio.

Dalla prima capitale si giungerà alla capitale attuale: Roma. Tra le numerose opere dedicate da Migliara all’Urbe si è deciso di esporre il disegno della fontana della Barcaccia, monumento che pare abbia attirato particolarmente la sua attenzione.

Ultima, ma non ultima per importanza, Napoli che affascinò l’artista alessandrino per i suoi splendidi paesaggi e i suoi monumenti.

L'obiettivo della mostra? Permettere al visitatore di riflettere sui cambiamenti del paesaggio urbano nell’arco di tre secoli, ma anche sulle differenze tra le tecniche esposte: il disegno, l’incisione e la fotografia; 3 secoli, 3 tecniche, 7 città, appunto, in un continuo parallelo di grande fascino.

Per quanto riguarda le info utili, la mostra verrà inaugurata il 3 giugno 2016 e terminerà il 31 luglio 2016 presso il Gabinetto delle Stampe Antiche e Moderne di Palazzo Cuttica, via Parma 1, Alessandria (ingresso gratuito).

Infine, ecco il link al blog che accompagna la mostra, e che fa le veci del catalogo cartaceo, permettendo così un diverso approccio alle opere, decisamente innovativo e contemporaneo.


PS: Tra i fotolovers troverete anche la sottoscritta, con una selezione di tre fotografie, una veduta della splendida Certosa di Pavia, le altre due con scorci rubati durante un weekend a Mantova. ;) 

lunedì 23 maggio 2016

#cinema: Il bavaglio al cinema: i 5 film più censurati di sempre

Oggi al cinema si va con i popcorn, gli occhialini per la visione in 3D e tanta leggerezza, pronti a metabolizzare sesso estremo, fiumi di sangue, violenza senza limiti senza battere ciglio. Ma non è sempre stato così: fino a qualche anno fa la censura, anche nel mondo del cinema, funzionava a pieno regime, impedendo la diffusione di moltissime pellicole, alcune addirittura impensabili, specialmente se paragonate alle cazzatone che circolano liberamente sul mercato cinematografico odierno.

Sì sì, lo so che, se vi dico censura, davanti ai vostri occhietti deviati passeranno panetti di burro e Marlon Brando, inni al dubbio gusto in stile Borat, deliri mistico/ religiosi che manco Mel Gibson nei suoi momenti peggiori, ma niente, voglio proporvi qualcos'altro.

E allora bando alle ciance, e beccatevi questo quintetto di film perfetti per traumatizzare la vostra nuova, puritana fidanzata in stile Olivia Newton - John. 

L'esorcista - William Friedkin (1973)



Poteva forse non inaugurare questa classifica?! Ok, questa scelta non sarà il top dell'originalità.
   Ok, per il vostro stomaco forte, potrebbe riassumersi nella sequenza "vomito verde - bestemmioni pesanti in aramaico o giù di lì - preti spretati in crisi mistica.
   Ma, ragazzi miei, si tratta di un film di ben 43 anni fa e, fidatevi, all'epoca ha fatto riempire pannolini a gente ben più cazzuta di voi, per cui non fate troppo gli sboroni.
   Nel '73, infatti, il film fu accolto con grande scandalo, registrato nel National Film Registry, l’elenco dei film preservati dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, classificato negli Stati Uniti con un rating R, che imponeva ai minorenni di essere accompagnati dai genitori, mentre in Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Israele fu vietato ai minori di 18 anni.
   Paradossalmente, nella stra - cattolica Italia fu imposto uno dei visti censori meno pesanti, ai minori di 14 anni, caso unico in Europa, questo grazie alla presenza di preti cattolici all'interno della narrazione filmica.

Cannibal Holocaust - Ruggero Deodato (1980)



Tralasciare questa porc... questo capolavoro del cinema horror sarebbe stato un delitto (e fidatevi, nel film ce ne sono già abbastanza): tra le scene più controverse, numerose sequenze di stupro (aberranti, con insistenti e gratuiti focus ad hoc sui genitali dei protagonisti), l’impalamento di una donna, l’uccisione e la tortura – REALI - di alcuni animali...
   Può bastare? Per voi non so, per la censura senz'altro, infatti in Italia il film fu vietato ai minori di 18 anni e, successivamente, addirittura ritirato, provvedimento che ne minò fortemente gli incassi; in molti paesi (Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Norvegia, Australia, Nuova Zelanda, Cile, Malesia, Filippine, Singapore) il film fu completamente vietato ma, al contrario, in Giappone si rivelò un successo clamoroso: nella sola Tokyo incassò ben 21 milioni di dollari.
   Eh, i giappo e il loro particolare senso del divertissement...

A Serbian Film - Srđan Spasojević (2010)



Penso che una roba più brutta, fastidiosa, ripugnante e perversa non si potesse concepire, anche per i canoni contemporanei: protagonista della storia un attore pornografico serbo chiamato a lavorare ad un nuovo film, dove si ritroverà a stuprare donne e bambini come se non ci fosse un domani, in un crescendo continuo di violenza inaudita.
   L’intento del regista pare fosse quello di fornire una metafora delle violenze subite dal popolo serbo, intento che, obiettivamente, resta ben celato per tutto il film, che infatti è stato completamente vietato in numerosi paesi, come Spagna, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda, e pesantemente tagliato in Italia, USA, Germania, Gran Bretagna, Corea del Sud.

Le facce della morte - Conan LeCilaire (1978)



Vietato in Finlandia, Australia, Norvegia e Nuova Zelanda, bloccato per il pubblico britannico per quasi 20 anni, privato delle scene più forti in Italia, si tratta del primo  "shockumentary" (parola odiosa, lo so, abbiate pazienza) della storia del cinema, un documentario contenente filmati di repertorio autentici e ricostruzioni effettuate dai cineasti che hanno un unico denominatore comune: la morte, declinata in ogni sua sfumatura, dalla pena capitale alla tortura, dall'omicidio alla violenza su animali, dall'autopsia ai più crudi incidenti stradali.
   Raccapricciante, anche per gli stomaci più temprati.

Salò o Le 120 giornate di Sodoma - Pier Paolo Pasolini (1975)



Ispirato all'omonimo romanzo del marchese De Sade (ma anche agli scritti di Barthes), con un'ambientazione trasferita nella Repubblica di Salò del '44, Pasolini mette in scena un film potente, prima respinto dalla censura poi, dopo l'omicidio del celebre regista, riabilitato nelle sale, ma comunque tagliato e vietato ai minori, e poi ancora sequestrato perché oggetto di attacchi neofascisti, mentre il produttore Alberto Grimaldi subì addirittura processi per oscenità e corruzione di minori . Insomma, una storia lunga e travagliata accompagna questo film, censurato perché giudicato troppo forte per l'epoca, o forse perché l'attacco ai veri mostri della contemporaneità - capitalismo, consumismo, superficialità e corruzione - era troppo manifesto? La grama fine che ha fatto Pasolini ne è una prova abbastanza eloquente...

Questo articolo è comparso su http://www.themacguffin.it/.



venerdì 20 maggio 2016

#cultura: Progetto Valore Forte: GaviFor Arts 27, 28 e 29 maggio 2016

Nell’ambito del progetto “Gavi For Arts” promosso dal Consorzio Tutela del Gavi il 27, 28 e 29 maggio, tra il Forte di Gavi e l’Area archeologica di Libarna, si terranno una serie di manifestazioni legate all’arte, alla storia, all’archeologia e al vino.


PROGRAMMA DI SABATO 28 MAGGIO

“Archeologia del vino” – Convegno (Forte di Gavi)

Alle ore 10,00 presso la Sala Conferenze del Forte di Gavi si terrà il Convegno dal titolo “Vigne e vini nell’archeologia dell’Italia settentrionale” con il seguente programma:

(ore 10.00) Saluto delle Autorità
(ore 10.15) Attualità dello studio dei processi di domesticazione della vite selvatica: una comune area di ricerca tra archeologia, antropologia e biologia (Attilio Scienza)
(ore 10.45) Dal rosso al bianco, dall’arbustum al carasso. I primi passi della viticoltura nella Liguria interna (Filippo Maria Gambari)
(ore 11.15) Coffee Break
(ore 11.30) Il vino fra i monti: archeologia del simposio nelle Alpi orientali (Franco Marzatico)
(ore 12.00) La diffusione/domesticazione della vite in Italia settentrionale attraverso gli studi archeobotanici (Marco Marchesini e Silvia Marvelli)
(ore 12.30) Conclusioni a cura di Egle Micheletto – Soprintendente per l’Archeologia del Piemonte


A seguire: “Street Food a Libarna – alle origini del cibo di strada” (Area archeologica di Libarna)

Dalle ore 16,30 all’interno dell’Area archeologica di Libarna si terrà l’evento “Street Food a Libarna: alle origini del cibo di strada” con un percorso che prevede degustazioni di prodotti del territorio i cui ingredienti affondano le proprie origini nell’antichità.

Il percorso di visita e le degustazioni guidate sono inserite nello splendido scenario dell’antica città romana secondo tre postazioni tematiche, nel rispetto delle tradizioni del territorio e con un comune denominatore: il Gavi Docg, il grande Bianco Piemontese.

Punto 1 – incrocio tra il decumano ed il cardine minore: lardo, salame, gallette di farro, focacce rustiche, Gavi Docg

Punto 2 – lato a) dell’anfiteatro: farinata di Serravalle, mollana della Val Borbera, libum, Gavi Docg

Punto 3 – lato b) dell’anfiteatro: caprini della Valle Scrivia, composte di rose e mele cotogne, gallette di farro, focacce rustiche, sambuchino, sciroppo di rose, bacio di Libarna (dolce a base di nocciola).

Territorio e cultura del cibo sono il binomio perfetto per raccontare la storia di un luogo, con i suoi colori, i suoi sapori che arrivano da un passato lontano ma ancora capace di coinvolgere ed emozionare i visitatori.
   Il filo conduttore del percorso “Street Food a Libarna” e protagonista della giornata, è il Gavi Docg prodotto negli 11 comuni della denominazione inseriti in un contesto ambientale unico: le “Colline del Gavi”.

Un viaggio nel luogo più antico del nostro territorio alla scoperta delle tante storie di vita quotidiana, storie di cibo e storie di vino raccontate grazie all’archeologia.


mercoledì 18 maggio 2016

#libri: Una giornata nell'antica Roma, Alberto Angela






Lo ammetto, se potessi scegliere di possedere un super potere, sarebbe senz'altro la capacità di viaggiare nel tempo.
   Ma, visto che purtroppo sono una comune mortale, allora ho scelto un libro che mi ha fatto sentire totalmente immersa in un'epoca lontana, lontanissima, tanto crudele quanto affascinante, un luogo e un'epoca nei quali, in effetti, una settimana (ma non di più!) l'avrei trascorsa volentieri: la Roma del 115 d.C., quella Città Eterna splendida, maestosa e implacabile raccontata da una guida d'eccezione: Alberto Angela, nel suo "Una giornata nell'antica Roma". 




"Ho cercato di scrivere il libro che avrei sempre voluto trovare in libreria per soddisfare la mia curiosità sul mondo dell'antica Roma. Mi auguro di soddisfare anche la vostra.", così Angela ha descritto la nascita di questo suo appassionante volume e, devo dire, la mia l'ha soddisfatta in pieno. 

Una straordinaria esplorazione della durata di 24 ore, che scandisce i momenti chiave della giornata pubblica e privata dei cittadini della capitale, dai ricchi patrizi circondati dal lusso più sfrenato, alla plebe più povera e miserabile, quotidianamente alle prese con le difficoltà di una vita assai dura.
   Ogni capitolo del libro è dedicato a un'ora e a un momento della giornata precisi; potremo seguire e conoscere le fasi del risveglio in una casa patrizia, i segreti della toilette del dominus e dell'abbigliamento e del trucco della padrona di casa, ci inoltreremo tra le strade della città che comincia ad animarsi al sorgere del sole, ci metteremo sulle tracce di uno schiavo che è addetto alla pulizia dei panni verso la fullonica, e tenderemo l'orecchio per ascoltare il chiacchiericcio dei clienti di una bottega di barbiere, o di quelli di una tipica taberna romana.
 
Perdendosi tra case e negozi della Roma popolana, l'itinerario tocca le insulae, quartieri occupati da caseggiati a sviluppo verticale, veri e propri grattacieli ante litteram, che raggiungono altezze ardite per l'epoca (21 metri, l'equivalente di sette piani d'oggi), antiche banlieu dove brulica un'umanità variegata, fatta di schiavi, portinai, ex legionari, veri e propri amministratori di condominio alle prese con affitti e subaffitti, personaggi dediti a traffici di ogni sorta e molti altri.

La sapiente penna di Alberto Angela ci fa toccare con mano i muri scrostati fatti di motti e graffiti "osé", ci apre le porte degli appartamenti dell'epoca. ci fa entrare al'interno dei Fori, centri della vita economica e politica cittadina, dentro all'immancabile Colosseo, luogo tanto celebre quanto teatro di indicibili violenze e crudeltà, e ancora alle terme e al Circo Massimo, ci fa conoscere da vicino le imprese dei mitici gladiatori e le loro lotte con le fiere più spaventose e pericolose del tempo.
   Per concludere, un'appendice un po' più piccante, che ci permette di indagare su vizi e segreti inconfessabili della vita sessuale degli antichi romani, varcando le soglie delle feste e dei luoghi dedicati ai piaceri notturni.

Insomma, nel complesso piccole curiosità e grandi scoperte che convivono in una descrizione appassionata, a riprova che studi storici rigorosi possono accompagnarsi ad una narrazione divertente e interessante, senza rinunciare alla spontaneità e piacevolezza di stile di un divulgatore esperto e competente, unita a una grande simpatia ed empatia col lettore.
   Una lettura assolutamente consigliata, sia per gli appassionati di storia, che per i "profani" della materia, che potranno gustare questa chicca che è entrata, a pieno diritto, nella classifica dei best e long seller nazionali, e non solo.
   Il potere evocativo di questo volume saprà trasportarvi a Roma in un battito di ciglia - o meglio, nell'attimo che occorre per sfogliare una pagina... :)

venerdì 13 maggio 2016

#attualità: Una storia a lieto fine che parla di speranza, ricerca e solidarietà

Si parla spesso di cervelli in fuga, si legge quotidianamente di giovani talenti che lasciano il nostro Paese alla ricerca di maggiori speranze lavorative all'estero, di studiosi costretti a rimettere nel cassetto i propri sogni per mancanza di fondi e possibilità.
   Ma fortunatamente, ogni tanto, si legge anche di qualche cervello che resta, di qualche giovane talento che sceglie di mettersi al servizio del proprio Paese, portando avanti progetti ambiziosi che possono davvero fare la differenza.

E questo è proprio il caso di un gruppo di giovani ricercatori dell'Università degli Studi di Pavia, un team collaudato coordinato dalla dottoressa Claudia Scotti, che sta portando avanti un progetto fondamentale, lo studio di una molecola che potrebbe aiutare moltissimo nella cura della leucemia infantile.
   Gli studi condotti sulla leucemia linfatica acuta dei bambini stanno dando grandi risultati: il team di ricercatori ha disegnato diverse forme modificate di una molecola, che risulterebbero più resistenti all’inattivazione da parte delle cellule tumorali, un grosso lavoro su un enzima che promette di combattere efficacemente la malattia e dona grandi speranze per il futuro di molti bambini e ragazzi.

Una bella favola, direte voi.
   Sì, una bella favola che ha rischiato di non avere il suo meritato lieto fine, però, il tutto per mancanza di finanziamenti; la tipica storia all'italiana, insomma, che lesina sui fondi per la ricerca abbondando in sprechi in ben altre categorie, ça va sans dire, e che ha rischiato di mandare a monte un progetto portato avanti con impegno e duro lavoro.
   Infatti, dopo tre anni di dottorato, lo scorso autunno la ricercatrice pavese non aveva più fondi per continuare nella sua ricerca, uno schiaffo morale che né lei né i suoi colleghi hanno voluto accettare.

Come agire?
   Dapprima è stato lanciato un piano di crowdfunding attraverso il web, poi, per arrivare alla somma necessaria, l’idea di rivolgersi a conoscenti e conterranei è sembrata subito quella vincente.
   Infatti, di questo affiatato gruppo fa parte anche una ricercatrice originaria di Metaponto, in Basilicata, che ha cominciato a prendere contatti, supportata dai colleghi, con le associazioni della sua zona, e qui la storia ha preso la piega migliore possibile dimostrando che, alle mancanze statali, può sopperire la solidarietà dei cittadini. 

E proprio un ente locale, l’associazione Gianfranco Lupo di Pomarico, un piccolo paesino di poco più di 4mila anime in provincia di Matera, ha deciso di aiutare il gruppo di ricerca con una donazione di ben 10mila euro da dedicare a un progetto che potrebbe cambiare il corso della vita di tanti bambini.
   Uno sforzo enorme, specialmente per una piccola associazione, fondata nel 2005 dai genitori di un bimbo ucciso a dieci anni da una leucemia, un obiettivo comune che si sta concretizzando giorno dopo giorno, una speranza finalmente un po' più tangibile.

Questa è l'Italia che ci piace, di cui vorremmo leggere ogni giorno, tralasciando, per non rovinare questa splendida happy ending, le (spontanee) polemiche che nascono nei confronti di un sistema statale profondamente sbagliato.

Ed ecco come assistere alla cerimonia di consegna della donazione, con tutte le info utili...

mercoledì 11 maggio 2016

#film: Su Marte non c'è il mare. Parola di Lucio Laugelli!

Oggi ho posto sotto interrogatorio serrato fatto due amabili chiacchiere con Lucio Laugelli, alessandrino classe 1987, giovane regista nostrano con un curriculum di tutto rispetto: fondatore dello Stan Wood Studio, direttore esecutivo della rivista culturale online Paper Street, ha vinto numerosi riconoscimenti grazie ai suoi cortometraggi e documentari, e i suoi lavori sono stati pubblicati da svariate testate nazionali tra cui RepubblicaTV, Panorama, Wired, Rolling Stone, Mymovies, TGcom, Il Fatto Quotidiano, Gazzetta Tv, La Stampa, Roxy Bar TV e Rockit.

Insomma, un alessandrino coi contro… fiocchi, non c’è che dire, che ho avuto il piacere di intervistare a proposito della sua ultima fatica, la webserie Su Marte non c’è il mare, la cui prima puntata, trasmessa sull’online de La Stampa, è già diventata un fenomeno virale.

Bando alle ciance, sotto con l’intervista!



Buongiorno Lucio, innanzitutto ti becchi subito la classica domanda per iniziare la nostra intervista con originalità: com’è nata l’idea di una webserie, e per quale motivo hai scelto questa forma? Avevi in mente un target ben preciso di pubblico?

L’idea era quella di realizzare un prodotto multipiattaforma: una mini-serie per il web e, al contempo, un lungometraggio per i festival. Con il budget a disposizione era fondamentale cercare di essere elastici e tenersi più strade possibili aperte. Il soggetto l’ho scritto nell’estate del 2014: mi interessava incuriosire lo spettatore con un meccanismo che lo portasse a chiedersi, minuto dopo minuto, cosa succedesse dall’altra parte del muro. 

Il protagonista è un ragazzo di trent’anni: qualche analogia dal sapore autobiografico, o magari ti sei ispirato a conoscenti e amici per tratteggiare il tuo personaggio?

Credo che si debba raccontare di quello che meglio si conosce senza però sconfinare nella mera autobiografia. Mi piacerebbe scrivere un soggetto su un pescatore norvegese ma non conosco il suo lavoro né la sua nazione e, probabilmente, con i miei limiti da sceneggiatore, verrebbe fuori qualcosa di insensato. Invece se parlo di provincia, di una generazione che varca (o sta per varcare) la soglia dei trent’anni ecco che mi trovo a mio agio. Per quel che riguarda l’ispirazione dei personaggi principali… sicuramente Giulio (interpretato da Christian Bellomo – ndr), il quasi avvocato, è ispirato ad un mio caro amico, Enrico, che però fa l’ingegnere. 

Il linguaggio, l’età, il contesto nel quale si muovono i personaggi rispecchiano la realtà del giorno d’oggi, e le difficoltà che si trovano ad affrontare i trentenni contemporanei, né carne né pesce, speso costretti in una sorta di limbo dov’è difficile trovare la propria strada? Insomma, una generazione per certi versi un po’ sfigata?

Siamo una generazione, com’è noto e come scrivi, un po’ sfigata… però poteva andarci peggio, mio nonno alla mia età aveva già combattuto nella Seconda Guerra Mondiale. E poi siamo una generazione che è costretta, spesso, a reinventarsi, ad improvvisare: nel lavoro, nel quotidiano. E improvvisare è bellissimo. 

La scelta del tema e lo sviluppo della trama risultano molto particolari: come ti è venuto in mente di venare di noir una storia apparentemente quotidiana? Si tratta proprio di quel coup de théâtre, di quel MacGuffin che ha dato il nome anche al nostro sito?

Raccontare la provincia e basta è molto complicato, lo dico spesso a chi me lo chiede nelle ultime settimane: o sei un genio come Fellini e giri I vitelloni (e allora la storia noir non ti serve) oppure devi saper tenere alta l’attenzione dello spettatore sennò dopo un po’ si stufa del tuo racconto sulla quotidianità. Io adoro i MacGuffin: il titolo stesso di questa mini-serie lo è…

E già che parliamo di originalità: com’è nato il titolo della serie, Su Marte non c’è il mare?

Un giorno ero in macchina, guidavo… e pensavo al fatto che, se un domani conquistassimo Marte e riuscissimo a vivere là… comunque non potremmo sederci a bere una birra lungo il mare. Perché il mare non c’è su Marte. Lo so… sono un cretino. 

Assolutamente no, il ragionamento non fa una piega. Proseguendo, quanto impegno c’è dietro questa serie, parliamo di tempistiche, difficoltà incontrare sul set, etc. etc?

10 giorni di set, 12 settimane di pre-produzione, 4 mesi di post-produzione. Le difficoltà sono legate, come spesso accade nei progetti indipendenti, al poco tempo e al budget esile: 10 giorni per 52 scene… una follia. Ma è grazie a macchine da guerra tipo il mio dop Paolo Bernadotti o a Giacomo Franzoso (con cui ho lavorato fianco a fianco sia sul set che in montaggio) che ce l’abbiamo fatta… perlomeno a finire in tempo e a portare a casa il girato (poi, sui risultati, lascio che si esprimano gli altri). Anche gli attori sono stati bravi e ho avuto la fortuna di avere una bella squadra coordinata, a distanza, da Giacomo Lamborizio con cui divido queste esperienze audiovisive fin dai primi corti no-budget dei tempi dell’università. 

Ironia, suspense, quotidianità: qual è il segreto per miscelare al meglio questi ingredienti, e come tenere accesa la curiosità dello spettatore? Io, personalmente, non vedo l’ora di godermi la prossima puntata… (e non lo dico soltanto perché sei il mio Direttore a Paper Street, giuro!).

(ride di gusto alla battuta sul direttore di Paper Street – ndr). Intanto sono davvero contento che tu voglia andare avanti con la storia: tanti sconosciuti in questi giorni mi hanno scritto dicendomi che non vedono l’ora di vedere come prosegue… non mi aspettavo tutte queste mail, davvero. 

Guardando il primo episodio, mi viene da fare una considerazione in pieno stile macguffiniano: sei riuscito a far sembrare bella anche Alessandria, solo per questo meriteresti fior fior di riconoscimenti artistici… scherzi a parte, la tua camera indugia molto spesso, e a lungo, su scorci cittadini più o meno affollati, più o meno conosciuti, fattore che denota, presumo, un certo amore per la tua città natale. Quanto è importante l’ambientazione in questa serie? Attraverso il tuo lavoro, hai voluto omaggiare Alessandria e sfatare una volta per tutte il mito di città grigia e anonima?

Per quel che riguarda Alessandria, non sono tra quelli che la esaltano (pochi, credo) ma neanche tra quelli che ne parlano male. Credo che sia piuttosto normale lamentarsi della città da cui si proviene, soprattutto se è una città di provincia. Non è un problema di Alessandria ma un problema comune a quelle città che stanno a metà tra il paese e la metropoli e non hanno grandissime attrattive turistiche, storiche (anche se ho sentito compagni di università lamentarsi delle loro città natali, Siena e Firenze). Quanto al cercare di rappresentare al meglio la mia città in questo lavoro, beh, era un passo abbastanza obbligato: la Fondazione CRAL mi ha supportato a livello economico e se facevo sembrare Alessandria tipo Gotham City… non sarei stato molto riconoscente nei confronti di chi ha creduto nel mio progetto. 

Sempre parlando di Alessandria, come hanno reagito i tuoi concittadini, nel vederti a spasso per le vie del centro armato di telecamera, cast e affini? Solita, proverbiale diffidenza piemontese, o entusiasmo al primo ciak? 

La maggior parte delle persone che hanno sfiorato il nostro set in giro per la città è stata gentile con noi. Un episodio divertente è avvenuto il primo giorno: un paio di passanti hanno chiesto all’organizzatore di produzione Giovanni Pesce (che ha anche una piccola parte nelle serie) se stessimo girando un film porno. Non chiedetemi perché!



Dai su su, ammettilo che vi sarete gasati come pochi dopo questa! Proprio parlando del cast, già dalla prima puntata risulta preparato, spontaneo, e il risultato è assolutamente godibile: ti sei avvalso di attori professionisti, o tra i giovani che vediamo sullo schermo si nasconde anche qualche esordiente?

Sono quasi tutti attori che han fatto per tanti anni teatro e girato altri corti. Però sono stati in gamba perché non è detto che uno molto bravo a teatro riesca a essere convincente anche in un prodotto audiovisivo. 

Parlaci un po’ di te: com’è nata la passione per questo mestiere, sogni, progetti per il futuro, insomma dacci anche qualche anticipazione gustosa, mi raccomando, altrimenti ci vediamo costretti a eliminarti definitivamente dalla programmazione del nostro portale, se non fisicamente…

Oddio, di colpo mi avete fatto paura a parlare di eliminazioni varie (ride): la passione è nata da bambino, lo racconto volentieri a chi me lo domanda… invece di guardare i cartoni animati facevo compagnia a mio padre mentre guardava film “proibiti” per la mia età. Buñuel, Ferreri, Kubrick, Fassbinder, Wenders, eccetera: certo, non sono venuto su molto normale guardando Intolleranza: Simon del deserto a 10 anni… ma se non altro ho scoperto di amare moltissimo il cinema, da subito. 

... Anticipazione gustosa sul prossimo episodio? Marco Lana, il protagonista, incontrerà una lei. Una lei molto rassicurante…

Per concludere, non possiamo che attendere la prossima puntata, la seconda di quattro in tutto, che andrà in onda online sul sito de La Stampa proprio domani… e a te, caro Lucio, non resta che convincere i lettori di TheMacGuffin.it a non perdersela per nulla al mondo, in una manciata di poche, pregnanti parole!

Lettori di TheMacguffin.it, guardate la prossima puntata e poi quella dopo ancora… per scoprire cosa succede al di là del muro. E soprattutto perché sennò Puleio aka Marco Lana piange. E mi scrive su WhatsApp a orari strani della notte chiedendomi spiegazioni… 

"Questo articolo è apparso su http://www.themacguffin.it/ in data 03/05/2016; per gentile concessione". 

lunedì 9 maggio 2016

#musica: Aftermath, Amy Lee


Quest'oggi parto con una premessa: nella mia adolescenza (ma anche oggi, che tanto adolescente non sono più...) ho amato follemente, visceralmente e sinceramente gli Evanescence, ma soprattutto la punta di diamante di questo gruppo, la splendida Amy Lee, tanto bella quanto vocalmente dotata di un'ugola preziosa, di immane potenza espressiva.
 



Per questo ho sofferto del suo distacco dal resto della band, ma allo stesso tempo mi sono precipitata ad acquistare il suo album da solista, Aftermath, primo capitolo di una storia dettata dalla piena e completa libertà artistica, il risultato raggiunto da un'artista svincolata dalle logiche di mercato, tornata sui palchi e sul mercato discografico mondiale con creatività e voglia di mettersi in gioco, elogiata dalla critica ma non compresa a fondo dal grande pubblico.

Il risultato del mio primo ascolto? Contrastante, e forse anche per questo ho atteso così tanto prima di scriverne.
   Infatti si tratta di un album non semplice da ascoltare, specialmente per chi si aspetta una versione rinnovata delle sonorità degli Evanescence, una serie di tracce di forte impatto emotivo ma alle quali ci dobbiamo approcciare più volte prima di farle nostre, un prodotto completamente nuovo, nato da una notevole commistione di differenti generi musicali.

"Amy Lee Featuring Dave Eggar: Aftermath" vede la vocalist statunitense collaborare con il noto e talentuoso violoncellista Dave Eggar, con il quale ha creato la colonna sonora liberamente ispirata a “War Story”, diretto da Mark Jackson.
 
Una mezz’ora circa di musica a cavallo tra elettronica (come avevamo già pregustato con Swimming Home, dall’ultimo “Evanescence”) ed elementi classici, dove non manca un'affascinante influenza orientale che riaffiora specialmente nella suggestiva Dark Water, in duetto con la bravissima Malika Zarra. 

La voce di Amy non è la protagonista assoluta dell’intero progetto, poiché stavolta l'artista ha scelto di occuparsi principalmente di produzione, programming e composizione delle tracce.
   Immancabili i momenti pianistici, suonati ovviamente dalla Lee (come in "Drifter”), mentre l’eclettica “Lockdown” regala brividi a profusione.


Nel complesso, un lavoro intenso, sicuramente di non facile ascolto, che probabilmente farà storcere il naso ai più accaniti Evanescence-addicted, ma di gran classe, un gioiello di archi, musicalità insolite, un mix quasi ipnotico, che spero doni nuova linfa e segni il definitivo ritorno di una delle voci migliori del panorama musicale internazionale contemporaneo.

lunedì 2 maggio 2016

#cultura: Un piccolo assaggio delle iniziative di maggio alla libreria Bookowski di Genova

Oggi vi voglio proporre una prima parte delle iniziative organizzate dalla libreria Bookowski di Genova (ve la ricordate? Ve l'avevo presentata proprio qui), che ha già preparato per voi un mese di maggio ricchissimo di eventi culturali decisamente interessanti.
   Il primo evento sarà mercoledì 4 dalle ore 21.00 con "I LIBRI...TANTO AL KG", un'iniziativa per lettori davvero voraci: infatti tutti i libri nelle cassette saranno venduti a peso, insomma delle vere e proprie pulizie di primavera prolungate... Accorrete numerosi a pesare il libro che vi piace di più!

Inoltre vi consiglio anche l'evento di sabato 7 alle ore 18 .30, "E' reale. E' Marte", presentazione del libro "Real Mars", edito da Zona 42 e a cura di Alessandro Vietti.
   Un volume che unisce cinema e letteratura, quelle due arti fondamentali che ci hanno spesso raccontato come potrebbe essere la conquista di Marte da parte dell'uomo, ma mai abbastanza concretamente.
   D'altronde, la premessa di questo libro è decisamente allettante: "Se mai un giorno non troppo distante andremo davvero su Marte, è probabile che la nostra esperienza non sarà molto diversa da quella raccontata in Real Mars: quattro astronauti in viaggio e miliardi di persone a guardarli e a commentare, a meravigliarsi e a disprezzare, e a modificare il palinsesto della propria vita in funzione di un programma TV che li seguirà in ogni momento della loro missione".


Insomma, Alessandro Vietti, autore, e Giorgio Raffaelli, l'editore, sono pronti a parlare del libro, dei sogni (perduti?) dell'esplorazione spaziale, di mass media e di tutto quello che siamo noi oggi e (forse) di quello che speriamo di essere un domani, in un percorso affascinante e suggestivo.

Per le prossime iniziative continuate a seguirmi nei prossimi giorni... stay tuned! ;)