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venerdì 30 dicembre 2016
#libri: Accabadora, Michela Murgia
"Accabadora" di Michela Murgia è, allo stesso tempo, un inno alla vita, ma anche un omaggio alla morte, vista non come creatura malevola, pronta a recidere crudelmente i legami tra gli esseri umani, ma come un fenomeno naturale, spontaneo, che qualche volta va aiutato con un pizzico di audacia e tanta umanità, ingredienti fondamentali comuni a tutte le grandi, terribili imprese.
Sì, perché l'altera e forte Bonaria Urrai di giorno ha scelto di fare la sarta, mestiere rispettabile che le permette di guadagnarsi il pane, ma la sera, quando c'è bisogno di lei, non esita a calarsi nei panni dell'Accabadora del paesino sardo di Soreni, colei che pone fine alla vita, ma soprattutto alla sofferenza altrui, aiutando i suoi compaesani a oltrepassare quel confine che si frappone fra l'agonia e la pace eterna.
Il mito della dolce morte, di antica derivazione, viene traslato nella suggestiva e ancestrale Sardegna più povera, quella delle tradizioni, quella dei contadini e dei pastori, quella più autentica delle convenzioni sociali e delle leggi non scritte, ma marchiate a fuoco sulla pelle dei suoi abitanti.
Dal canto opposto, ma collegata da un saldo filo che non può spezzarsi, c'è la vita, quella di una bimba divenuta presto ragazza, Maria, conosciuta da tutti perché "nata due volte" ("Fillus de anima, è così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra"), una giovane rifiutata da una famiglia troppo povera e numerosa, una giovane pronta a fare a cazzotti con un destino che sembra già indissolubilmente segnato, forte e fragile al contempo, dotata di ali per spiccare il volo, ma ancor più di radici che la tengono ancorata alla sua terra, alla quale farà sempre ritorno (ma forse, non se n'è mai andata...).
Michela Murgia sceglie di raccontare un tema quanto mai attuale, quello della morte assistita, dell'eutanasia, un tema che in Italia è, per certi versi, ancora un tabù (ricordiamo episodi come lo scandalo sollevato dalla morte "assistita" di Piergiorgio Welby il 20 dicembre 2006).
In questo bellissimo romanzo, la Murgia affronta temi scomodi, difficili da digerire, e lo fa con uno stile perfetto, personale, emozionante ma senza mai cedere al pathos o agli eccessi, pur prestando la propria voce a personaggi che appartengono, essenzialmente, ad un popolo sanguigno, semplice, autentico.
Infatti lo stile, sebbene infarcito di termini della sua "lingua " madre, il dialetto sardo della zona di Cabras, è cristallino, i personaggi incredibilmente ben caratterizzati, i tessuti sociali percepibili, fondati su valori che a noi sembrano sorpassati, ma che in realtà mantengono integra tutta la loro forza espressiva e autoritaria.
Michela Murgia non prende mai posizione sulla civiltà contadina, si limita a riportarci, con grande maestria, un pezzo di storia italiana, quella degli anni '50, e di una cultura a noi continentali del tutto "straniera", emozionando (ed emozionandosi) ad ogni pagina.
lunedì 26 dicembre 2016
#libri: I delitti di Borgoglio, Giovanni Barlocco
Il mostro di Bargagli, un caso irrisolto che ha macchiato la tranquillità dell'entroterra ligure nonché riempito per lungo tempo tutte le pagine di cronaca locale e nazionale, fornisce lo spunto per un romanzo di fantasia, un giallo perfettamente congegnato, I delitti di Borgoglio, del genovese Giovanni Barlocco.
In quest'opera Borgoglio, un paesino dell’entroterra genovese a pochi chilometri dalle acque mosse del mar Ligure, diventa il luogo dove, tra gli anni Settanta e Ottanta, vengono compiuti dei delitti efferati che sembrano collegati alla Seconda Guerra Mondiale.
Tocca al commissario Marcello Cattaneo dipanare questa matassa così intricata con l'aiuto di Paolo Dellepiane, l’immancabile amico cronista, scavezzacollo e ironico al punto giusto.
Questo interessante romanzo a tinte noir ben si colloca nell’ormai consolidata tradizione del giallo ligure, che negli ultimi anni ha dimostrato maturità e consapevolezza sempre crescenti, anche grazie alla capacità di costruire trame intricate con tanto di colpi di scena, lineari e godibili fino all'ultima pagina.
In quest'opera l’entroterra genovese è quello autentico, abitato soprattutto da anziani, un territorio ostile che appare pieno di zone in ombra, con i suoi abitanti spesso scontrosi che si chiudono a bozzolo di fronte alle domande troppo dirette.
Diversi sono i giovani – Marcello, Paolo, Michela e Laura - che fanno parte di un mondo globalizzato pur mantenendo radici fortemente ancorate alle proprie origini.
Affascinanti e protagoniste anche le descrizioni del paesaggio: la tensione si stempera tra le rocce a picco che rosolano al sole, la verticalità dei dirupi, gli odori e gli umori del bosco, gli alberi di fico e i castagni, i tramonti e le albe sul mare che diventa elemento primario sullo sfondo della narrazione.
Per quanto riguarda i personaggi, il protagonista assoluto di questo gustoso libro è proprio il nostro eroe, Marcello Cattaneo, un poliziotto decisamente sui generis, commissario, cuoco, poeta, motociclista, ex pallanuotista, intransigente e contraddittorio, innamorato, talvolta insicuro, sicuramente profondamente umano.
La sua amata Genova lo riaccoglierà nel suo seno salato e poco accessibile per metterlo subito alla prova con una serie di delitti apparentemente indecifrabili, che anche il lettore sentirà il bisogno e la voglia di risolvere una volta per tutte.
Ulteriore nota di pregio, le parti trascritte in dialetto genovese (tradotte in italiano nelle note finali, per i profani di questa melodiosa lingua) che, se da un lato possono risultare inizialmente ostiche per il lettore non della zona, dall'altro aggiungono folklore e fascino, proprio come accade per il dialetto siciliano di Montalbano.
Insomma, nel complesso un giallo piacevole, dalla lettura scorrevole e lineare, dove non mancano i colpi di scena né parti più divertenti, allegre e scanzonate: leggendo le pagine di questo volume vi sembrerà davvero di immergervi negli umori tipici di un carruggio genovese, di addentare un pezzo di focaccia accompagnata da un buon cappuccino, di aspirare a pieni polmoni la brezza marina che spira da porto portando con sé un fascino immemore e antico, con il plus di dover risolvere un enigma cesellato con cura da un autore dalla penna sapiente.
Assolutamente consigliato.
venerdì 23 dicembre 2016
BUON NATALE!!!
Ho pensato a tanti modi per augurarvi un buon Natale, ma poi ho preferito cedere il posto a chi sapeva giocare con le parole mooolto meglio di me.
Gianni Rodari aveva un dono: saper comunicare emozioni grandi attraverso piccole cose... una bambola di pezza, un ramo di agrifoglio, un fiocco di neve.
Perché in fondo il Natale è proprio questo: un sorriso, una carezza, un dono semplice ma fatto col cuore.
Gianni Rodari aveva un dono: saper comunicare emozioni grandi attraverso piccole cose... una bambola di pezza, un ramo di agrifoglio, un fiocco di neve.
Perché in fondo il Natale è proprio questo: un sorriso, una carezza, un dono semplice ma fatto col cuore.
Buon Natale a tutti, grandi e piccini.
Il mago di Natale di Gianni Rodari
S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.
In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi
e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.
In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero
del cioccolato;
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.
Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.
Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.
Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.
lunedì 19 dicembre 2016
#cinema: Animali fantastici e dove trovarli, David Yates
La magia, specialmente quando ti ci imbatti in giovane età, ti rimane dentro a lungo, latente negli anni, anche quando piccino non lo sei più.
A me è ciò che è accaduto con il mondo di Harry Potter, ma soprattutto con la penna di J.K. Rowling, una delle poche autrici contemporanee capaci di creare, con semplicità e freschezza, un universo magico parallelo, estremamente concreto, che ha conquistato milioni di ragazzi della mia generazione in tutto il mondo.
E, se ho amato follemente la saga del maghetto con la cicatrice, sia letteraria che cinematografica, ho amato altrettanto Animali fantastici e dove trovarli, perché la Rowling anche stavolta ce l’ha fatta.
Infatti è riuscita a distaccarsi dalla scia (che sarebbe stata troppo semplice) di Potter pur mantenendo indispensabili punti di contatto, ha dato vita a personaggi completamente nuovi, costruiti da zero, ma con una profondità psicologica davvero vincente, immersi in quell'atmosfera meravigliosa che abbiamo imparato a conoscere a menadito.
Rowling, che è anche sceneggiatrice della pellicola, riesce a far calare lo spettatore nel mondo magico newyorchese, fatto di nuovi luoghi, oggetti e personaggi bizzarri, stravaganti, ma perfettamente inseriti nel contesto. Per non parlare delle creature magiche, ovviamente.
Alla regia troviamo David Yates, che inserisce il suo tratto distintivo, lo humour, all'interno della narrazione, rendendola fluida e gradevole, pur mantenendo sempre intatti i temi cari all’autrice, come la violenza sui minori e la discriminazione razziale.
La sceneggiatura è brillante, i protagonisti fantastici: un Eddie Redmayne molto preciso nella caratterizzazione del personaggio di Newt Scamander, che si apre lentamente con lo svolgersi del film, un grandissimo è Dan Fogler, nella parte del babbano Kowalski, che non solo fa dannatamente ridere ma rappresenta lo spettatore stesso, con il suo genuino stupore alla vista del mondo magico e la sua tristezza all’idea che le porte di tutto ciò non ci verranno mai aperte.
Un discorso a parte lo meritano gli effetti speciali. Le creature magiche presenti nel film sono riprodotte con un realismo incredibile e un’imponente bellezza che non possono lasciare indifferenti.
Animali fantastici e dove trovarli avrebbe potuto giocare facile sull’effetto nostalgia, eppure i rimandi a Hogwarts e dintorni si contano sulle dita di una mano, e io ne sono immensamente felice.
A me è ciò che è accaduto con il mondo di Harry Potter, ma soprattutto con la penna di J.K. Rowling, una delle poche autrici contemporanee capaci di creare, con semplicità e freschezza, un universo magico parallelo, estremamente concreto, che ha conquistato milioni di ragazzi della mia generazione in tutto il mondo.
E, se ho amato follemente la saga del maghetto con la cicatrice, sia letteraria che cinematografica, ho amato altrettanto Animali fantastici e dove trovarli, perché la Rowling anche stavolta ce l’ha fatta.
Infatti è riuscita a distaccarsi dalla scia (che sarebbe stata troppo semplice) di Potter pur mantenendo indispensabili punti di contatto, ha dato vita a personaggi completamente nuovi, costruiti da zero, ma con una profondità psicologica davvero vincente, immersi in quell'atmosfera meravigliosa che abbiamo imparato a conoscere a menadito.
Rowling, che è anche sceneggiatrice della pellicola, riesce a far calare lo spettatore nel mondo magico newyorchese, fatto di nuovi luoghi, oggetti e personaggi bizzarri, stravaganti, ma perfettamente inseriti nel contesto. Per non parlare delle creature magiche, ovviamente.
Alla regia troviamo David Yates, che inserisce il suo tratto distintivo, lo humour, all'interno della narrazione, rendendola fluida e gradevole, pur mantenendo sempre intatti i temi cari all’autrice, come la violenza sui minori e la discriminazione razziale.
La sceneggiatura è brillante, i protagonisti fantastici: un Eddie Redmayne molto preciso nella caratterizzazione del personaggio di Newt Scamander, che si apre lentamente con lo svolgersi del film, un grandissimo è Dan Fogler, nella parte del babbano Kowalski, che non solo fa dannatamente ridere ma rappresenta lo spettatore stesso, con il suo genuino stupore alla vista del mondo magico e la sua tristezza all’idea che le porte di tutto ciò non ci verranno mai aperte.
Un discorso a parte lo meritano gli effetti speciali. Le creature magiche presenti nel film sono riprodotte con un realismo incredibile e un’imponente bellezza che non possono lasciare indifferenti.
Animali fantastici e dove trovarli avrebbe potuto giocare facile sull’effetto nostalgia, eppure i rimandi a Hogwarts e dintorni si contano sulle dita di una mano, e io ne sono immensamente felice.
lunedì 12 dicembre 2016
#libri: Il seggio vacante, J.K. Rowling
Ma basta allontanarsi di qualche passo dal centro della cittadina per imbattersi in una periferia difficile, ben più reale, fatta di adolescenti in balia delle droghe più disparate, fatta di prostituzione, di violenza, di sporcizia, di cazzotti e di lacci emostatici, ma anche di piccoli, insperati gesti di solidarietà.
Pagford potrebbe essere Milano, New York, Tokyo, è lo specchio di un qualsiasi spaccato sociale contemporaneo: e J.K. Rowling, nota ai più “semplicemente” come la “mamma di Harry Potter”, è maestra nel dipingere le sfumature dei personaggi e dei luoghi che animano questo pittoresco e disincantato affresco umano.
Il seggio vacante è, infatti, un'opera estremamente poliedrica: romanzo corale e profondamente analitico/descrittivo dei mutamenti sociali degli ultimi anni, romanzo di formazione per la continua evoluzione psicologica dei suoi personaggi principali, romanzo dal finale affilato, durissimo, che sceglie deliberatamente di uccidere il tanto atteso lieto fine in favore di un'iniezione di autenticità quasi dolorosa, ma necessaria.
La “casual vacancy” del titolo originale è quella di Barry Fairbrother, consigliere comunale sposato, quattro figli, appena quarantenne, amato - ma al tempo stesso profondamente odiato – dai suoi concittadini, che stramazzerà a terra alla terza pagina, in preda a un aneurisma cerebrale descritto con una crudezza allucinante.
Da qui si dipanano cinquecento pagine in grado di non annoiare, mai: è proprio questo il più grande dono di Rowling, in questo volume come nella saga fantasy giovanile più amata al mondo, la capacità di far vivere sulla carta stampata i suoi personaggi con incredibile veridicità, delineandone ogni pensiero, ogni sensazione, ogni azione, intessuta con accortezza e perfettamente inserita nei vari contesti e vissuti.
Il lettore, anche grazie allo stile fluido e immediato, affidato a numerosi dialoghi, riesce ad immedesimarsi nella psiche di ciascun protagonista, trovando continue affinità con il proprio mondo, contaminato dal bisogno di creare continuamente trincee, confini, limiti e differenze, apparentemente inconciliabili.
"Questo articolo è apparso su rivista Paper Street. Per gentile concessione."
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/il-seggio-vacante-jk-rowling.html
giovedì 8 dicembre 2016
#cinema: Dalla cronaca alla pellicola... il passo è breve
Che il cinema attinga, fin dai suoi albori, dalle storie narrate tra le pagine di romanzi e volumi di varia natura è, ormai, cosa assolutamente nota; ma, forse, un po' meno noto è il fatto che moltissimi film siano nati (o perlomeno abbiano ricevuto una buona dose di ispirazione) da articoli di giornale e da fatti di cronaca e costume raccolti tra le pagine consumate di quotidiani provenienti da ogni parte del mondo.
Fatti tragici, crudi, drammatici o, perché no, storie positive, in grado di portare speranza a chi le legge (o guarda, scegliete voi).
Se volete scoprire i 5 migliori film nati dal profumo della carta appena stampata, allora vi basta un click qui ;)
Fatti tragici, crudi, drammatici o, perché no, storie positive, in grado di portare speranza a chi le legge (o guarda, scegliete voi).
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"Questo articolo è apparso su http://www.themacguffin.it/. Per gentile concessione".
martedì 6 dicembre 2016
#libri: Introspezioni, Giuseppe Caliendi
Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Introspezioni" di Giuseppe Caliendi: buona lettura!
Una classe di alunni e professori “decisamente scalmanati”, la cronaca di un insolito viaggio in treno, una morte efferata e apparentemente senza senso, un convegno importante dai risvolti improbabili... Questi sono solo alcuni degli spunti che danno origine agli otto racconti presenti all'interno della breve silloge di Giuseppe Calendi, Introspezioni, una raccolta originale ma che non soddisfa fino in fondo il lettore.
Infatti, se risulta assolutamente vincente l'idea di trarre ispirazione da fatti della realtà quotidiana, la trama risulta invece inconsistente, a tratti fumosa, un limite che impedisce di godere anche dei numerosi momenti di ironia che arricchiscono la narrazione.
Manca l'emozione, il gusto della scoperta, e questo rende fragile l'intero apparato narrativo, un vero peccato considerando, invece, la qualità dello stile: la prosa è ben scritta e articolata, ricca di dettagli gustosi e ben assortiti, e allo stesso modo i personaggi, tratteggiati con fantasia e sapienza descrittiva, come del resto le numerose situazioni che ci vengono proposte.
Insomma, è chiaro il tentativo di totale stravolgimento della visuale quotidiana, sicuramente percepibile il ribaltamento del concetto di normalità che pervade l'intero lavoro dell’autore, desideroso di rompere con un gesto deciso quella coltre rassicurante che poniamo di fronte alla nostra abitudinaria consuetudine, ma l'effetto finale risulta poco riuscito: davanti ai racconti si resta basiti, ne esce difficile la comprensione, il caos la fa da padrone rischiando di allontanare il lettore piuttosto che incatenarlo, pur con sacrosanta stravaganza e originalità.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Introspezioni" di Giuseppe Caliendi: buona lettura!
Una classe di alunni e professori “decisamente scalmanati”, la cronaca di un insolito viaggio in treno, una morte efferata e apparentemente senza senso, un convegno importante dai risvolti improbabili... Questi sono solo alcuni degli spunti che danno origine agli otto racconti presenti all'interno della breve silloge di Giuseppe Calendi, Introspezioni, una raccolta originale ma che non soddisfa fino in fondo il lettore.
Infatti, se risulta assolutamente vincente l'idea di trarre ispirazione da fatti della realtà quotidiana, la trama risulta invece inconsistente, a tratti fumosa, un limite che impedisce di godere anche dei numerosi momenti di ironia che arricchiscono la narrazione.
Manca l'emozione, il gusto della scoperta, e questo rende fragile l'intero apparato narrativo, un vero peccato considerando, invece, la qualità dello stile: la prosa è ben scritta e articolata, ricca di dettagli gustosi e ben assortiti, e allo stesso modo i personaggi, tratteggiati con fantasia e sapienza descrittiva, come del resto le numerose situazioni che ci vengono proposte.
Insomma, è chiaro il tentativo di totale stravolgimento della visuale quotidiana, sicuramente percepibile il ribaltamento del concetto di normalità che pervade l'intero lavoro dell’autore, desideroso di rompere con un gesto deciso quella coltre rassicurante che poniamo di fronte alla nostra abitudinaria consuetudine, ma l'effetto finale risulta poco riuscito: davanti ai racconti si resta basiti, ne esce difficile la comprensione, il caos la fa da padrone rischiando di allontanare il lettore piuttosto che incatenarlo, pur con sacrosanta stravaganza e originalità.
venerdì 2 dicembre 2016
#libri: Il catino di zinco, Margaret Mazzantini
La vecchiaia è una brutta bestia: sì, perché la vecchiaia è fatta di carne, sangue, umori (e malumori), debolezza, rabbia, frustrazione, sensazioni discordanti fra loro e limiti invalicabili che, giorno dopo giorno, aumentano esponenzialmente.
Ed è ciò che accade anche alla protagonista de Il catino di Zinco, Antenora, donna d'altri tempi, matriarca che si impone, senza mezzi termini, nella vita della sua progenie rifiutandosi di subire passivamente il decorso della sua lunga vita.
Una piccola eroina in un piccolo mondo arcaico, ancestrale, confinata tra le pareti domestiche, ma non per questo meno attenta a tutto quel che le accade intorno; energica e impassibile nel dispensare valori netti, talvolta semplicistici, sentimenti forti e, a tratti, ossessivi, elementi che le permettono di affrontare, quasi incolume, esperienze traumatiche come la guerra, il fascismo, il dopoguerra e tutti i suoi strascichi, senza mai perdersi d'animo.
Il pretesto per raccontare la sua storia sarà proprio la sua morte, avvenuta in un gelido mattino d'inverno, brusco come Antenora, e narratrice d'eccezione diventerà l'amata/odiata nipote, più simile alla nonna di quanto voglia ammettere.
Il catino di zinco è il romanzo d'esordio di Margaret Mazzantini, un romanzo che si distacca in maniera abbastanza evidente da quella che sarà la sua produzione successiva, specialmente per quanto riguarda lo stile: i preziosismi linguistici e le ricercatezze lessicali la fanno da padrone all'interno di una narrazione ricca ma comunque fluida, affascinante, che eleva una storia quotidiana a letteratura a tutti gli effetti.
Superbo, all'interno del settimo capitolo, il flusso di coscienza, lo “stream of consciousness” di sapore joyciano che nonna Antenora, con humour, sarcasmo e un pizzico di acidità q.b., regala al suo lettore riflettendo su come vanno “le cose della vita”.
Nel complesso, si tratta certamente di un romanzo di non facile lettura, ma nell'accezione più positiva del termine: Mazzantini è cruda, dura, non lascia nulla all'immaginazione, ci mostra vette liriche altissime ma anche il rovescio della medaglia, le piccole miserie umane che accomunano la nostra specie, senza mezzi termini.
E Mazzantini, oltre a essere un astro fulgido della letteratura nostrana (e non solo), mostra anche una buona dose di ironia: la scelta millimetricamente curata di termini all'apparenza astrusi avrà costretto molti lettori, anche senza un'ammissione formale, a riprendere in mano un bel vocabolario della lingua italiana...
Questo articolo è apparso su Paper Street in data . Per gentile concessione".
martedì 29 novembre 2016
#SerieTv: Rocco Schiavone/ Marco Giallini, er mejo della TV de' noantri
Più lo guardo, e più me ne innamoro. Garko, Somerhalder, insomma il belloccio di turno? No, manco morta, sto parlando di Marco Giallini, alias il vicequestore Rocco Schiavone, il poliziotto più politicamente scorretto e fascinoso del piccolo schermo, (miracolosamente) targato Rai, il personaggio letterario più controverso degli ultimi anni, tratto dai romanzi di successo di Antonio Manzini.
Già il fatto che, dopo la messa in onda di appena una puntata, Schiavone abbia già fatto incazzare un po' dei nostri beneamati politici italiani, non fa che fargli acquisire punti in più: a lamentarsi del vicequestore Schiavone è stato, in primis, l'illuminato vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia (sì, quello che su Twitter ha scambiato Jim Morrison per un rapinatore di origini slave pluriricercato, proprio lui...), indignato per il fatto che su Rai 2 venga mostrato un poliziotto che potrebbe «denigrare la polizia di stato» e «fare apologia della cannabis», etichettandolo come un «eroe per imbecilli» (Gasparri, ma allora è il tuo eroe, altro che Batman o Superman! - ndr.)
Ok, deliri e idiozie a parte, stiamo assistendo a una delle rare, bellissime volte in cui dimensione letteraria e televisiva si mescolano perfettamente, in pieno rispetto e armonia reciproci: Schiavone sembra ritagliato su misura per l'indubbio talento di Giallini che, con ogni sua ruga, ogni sua espressione, ogni imprecazione sibilata tra i denti dà vita al personaggio cartaceo arricchendolo di mille sfumature, riuscendo a rendere poetico anche un mestiere crudo, difficile, e a scaldare, con una ventata di romanità verace, il clima freddo e, apparentemente, inospitale, dell'algida Aosta.
La figura solitaria del protagonista, le ambientazioni nordiche, il gelo interiore che si confonde con quello climatico rendono la fiction suggestiva non soltanto per gli amanti del genere, anche grazie alla profonda accuratezza dei dialoghi e della messa in scena, molto realistica, pulita e ben costruita.
E anche gli altri interpreti non sono da meno: nel cast delle sei puntate, dirette da Michele Soavi, spiccano anche Ernesto D'Argenio, Claudia Vismara, Francesca Cavallin, Massimo Reale e Isabella Ragonese, che interpreta la defunta moglie di Schiavone, Marina, tutti perfettamente calati nei loro panni, con interpretazioni magistrali e realistiche.
Nel complesso, un prodotto televisivo che, forse, non è per tutti - qualcuno potrebbe lamentare la leggera lentezza ritmica rispetto al poliziesco solito – ma soltanto per palati fini, come del resto anche i romanzi di Manzini: l'azione, talvolta, cede il posto all'interiorizzazione; la parola, detta o scritta che sia, ha la meglio sul cazzotto (ma anche quello ci sta sempre, per carità), il passato riemerge, oscuro, a gettare ombra sull'operato di un vicequestore che, tra una canna e una "rottura di coglioni almeno di ottavo livello", sa mostrarci il lato più umano di un duro decisamente sui generis.
"... Non è certo un bravo poliziotto, ma i casi li risolve perché ha fiuto, perché i banditi e le loro psicologie spicce li conosce da quando giocava a battimuro sui sampietrini di Trastevere. Rocco ha un brutto carattere, è un uomo cinico, spesso sgradevole eppure siamo con lui. Sarà perché ha un cuore d'oro, sarà perché la vita non è stata tenera con lui, sarà forse perché la sua sete di giustizia, che spesso non combacia con la legge, ce l'abbiamo un po' anche noi". E se lo dice il papà di Schiavone (che è anche sceneggiatore della fiction), allora non possiamo che fidarci.
"Questo articolo è apparso su TheMacGuffin.it. Per gentile concessione".
Già il fatto che, dopo la messa in onda di appena una puntata, Schiavone abbia già fatto incazzare un po' dei nostri beneamati politici italiani, non fa che fargli acquisire punti in più: a lamentarsi del vicequestore Schiavone è stato, in primis, l'illuminato vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia (sì, quello che su Twitter ha scambiato Jim Morrison per un rapinatore di origini slave pluriricercato, proprio lui...), indignato per il fatto che su Rai 2 venga mostrato un poliziotto che potrebbe «denigrare la polizia di stato» e «fare apologia della cannabis», etichettandolo come un «eroe per imbecilli» (Gasparri, ma allora è il tuo eroe, altro che Batman o Superman! - ndr.)
Ad ogni modo, lo sdegno ha portato ben ad un’interrogazione parlamentare, sottoscritta da Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello, in cui viene richiesto che la serie tv non venga più trasmessa. Poveri noi.
Ok, deliri e idiozie a parte, stiamo assistendo a una delle rare, bellissime volte in cui dimensione letteraria e televisiva si mescolano perfettamente, in pieno rispetto e armonia reciproci: Schiavone sembra ritagliato su misura per l'indubbio talento di Giallini che, con ogni sua ruga, ogni sua espressione, ogni imprecazione sibilata tra i denti dà vita al personaggio cartaceo arricchendolo di mille sfumature, riuscendo a rendere poetico anche un mestiere crudo, difficile, e a scaldare, con una ventata di romanità verace, il clima freddo e, apparentemente, inospitale, dell'algida Aosta.
La figura solitaria del protagonista, le ambientazioni nordiche, il gelo interiore che si confonde con quello climatico rendono la fiction suggestiva non soltanto per gli amanti del genere, anche grazie alla profonda accuratezza dei dialoghi e della messa in scena, molto realistica, pulita e ben costruita.
E anche gli altri interpreti non sono da meno: nel cast delle sei puntate, dirette da Michele Soavi, spiccano anche Ernesto D'Argenio, Claudia Vismara, Francesca Cavallin, Massimo Reale e Isabella Ragonese, che interpreta la defunta moglie di Schiavone, Marina, tutti perfettamente calati nei loro panni, con interpretazioni magistrali e realistiche.
Nel complesso, un prodotto televisivo che, forse, non è per tutti - qualcuno potrebbe lamentare la leggera lentezza ritmica rispetto al poliziesco solito – ma soltanto per palati fini, come del resto anche i romanzi di Manzini: l'azione, talvolta, cede il posto all'interiorizzazione; la parola, detta o scritta che sia, ha la meglio sul cazzotto (ma anche quello ci sta sempre, per carità), il passato riemerge, oscuro, a gettare ombra sull'operato di un vicequestore che, tra una canna e una "rottura di coglioni almeno di ottavo livello", sa mostrarci il lato più umano di un duro decisamente sui generis.
"... Non è certo un bravo poliziotto, ma i casi li risolve perché ha fiuto, perché i banditi e le loro psicologie spicce li conosce da quando giocava a battimuro sui sampietrini di Trastevere. Rocco ha un brutto carattere, è un uomo cinico, spesso sgradevole eppure siamo con lui. Sarà perché ha un cuore d'oro, sarà perché la vita non è stata tenera con lui, sarà forse perché la sua sete di giustizia, che spesso non combacia con la legge, ce l'abbiamo un po' anche noi". E se lo dice il papà di Schiavone (che è anche sceneggiatore della fiction), allora non possiamo che fidarci.
La serie va in onda il mercoledì alle ore 21.20 su Rai Due, #sapevatelo.
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venerdì 25 novembre 2016
#libri: "Ho sposato un deficiente", Carla Signoris
Oggi non ho intenzione di fornirvi una vera e propria recensione come faccio solitamente; per questa volta mi sarà sufficiente dirvi il titolo del libro che ho letto ieri sera per spezzare un po' dalle opere più "serie" alle quali mi dedico solitamente, e sono certa che al parterre femminile non servirà altro per correre immediatamente nella libreria più vicina ad acquistarlo.
Sto parlando di "Ho sposato un deficiente", della comica e conduttrice tv Carla Signoris, a.k.a. la moglie di Maurizio Crozza, ovvero la personificazione della satira intelligente per eccellenza in televisione.
In effetti, già il titolo di per sé, fa un certo effetto, nulla da dire.
Ma, al tripudio esaltato di noi donnine, non deve assolutamente corrispondere l'ira funesta dei maschietti, anzi: perché in questo caso la parola deficiente dev'essere considerata e compresa per quello che è, ovvero un termine di derivazione latina, direttamente dal verbo "deficiere", che significa "mancare di qualcosa".
Quindi nessun insulto, ma una sacrosanta verità.
E vi sfido a non riconoscervi, almeno in alcune delle situazioni esilaranti qui di seguito, tratte direttamente dalle pagine di questo divertente volumetto...
"Lui si alza spesso di notte, e ovviamente per accendere l'abat-jour tira giù tutto quello che c'è sul comodino facendo un gran fracasso."
"Lui sviene mentre gli fanno un semplice prelievo del sangue e macchia le scarpe nuove scamosciate color ghiaccio tipo mattatoio."
"Lui non sa vestirsi e se d'inverno si salva grazie al monocolore nero, d'estate sfoggia improbabili accostamenti e mutande ascellari."
"Lui si dà arie da espertone del design e impone alla casa deliri architettonici rigorosamente non funzionali."
"Lui quando prepara il brasato ai carciofi – peraltro buonissimo – lascia la cucina in condizioni tali che sembra ci sia esplosa una bomba atomica."
"Lui quando generosamente si propone di aiutare i due figli nei compiti, i ragazzini scappano in camera loro terrorizzati perché sanno che dopo cinque minuti, al primo apostrofo sbagliato, attaccherà un barbosissimo comizio sui mali della scuola italiana."
"Lui pretende che il secondogenito giochi a calcetto anche se il pargolo non vorrebbe e si scatena in imbarazzanti performance sugli spalti quando lo accompagna alle partite."
"Lui, insomma, è un deficiente, cioè un marito e un padre come quasi tutti..."
D'altronde, se già noi comuni mortali siamo costretti a subire quotidianamente situazioni di questo genere, figuriamoci quanto possa essere esilarante la vita coniugale di due protagonisti indiscussi della satira e della comicità italiana come appunto la coppia Signoris- Crozza.
Un libro che sarà anche un luogo comune sulle differenze tra uomo e donna nella vita domestica, ma che strappa ben più di una risata a crepapelle, anche grazie allo stile personalissimo dell'autrice.
Ovviamente a questo libro dobbiamo aggiungere anche un ingrediente in più, ovvero quello della curiosità che ci assale nei confronti della sfera privata di una coppia famosa, ma a prescindere da questo si tratta di un ottimo consiglio per gli acquisti, perfetto se avete voglia di concedervi una piccola pausa, o avete terminato gli spunti per insultare marito, fidanzato o qualsiasi creatura di sesso maschile nei paraggi.
D'altronde, anche il sottotitolo la dice lunga: “Dietro ogni uomo c'è sempre una donna che alza gli occhi al cielo”.
lunedì 21 novembre 2016
#libri: Tremiti di paura, Cesario Picca
Un omicidio efferato, la bellezza della Puglia e, in particolare, delle sue isole, l'amore per la buona tavola e tutta la passione, la voglia di vivere con il sorriso sulle labbra e la sensualità del Salento e dei suoi abitanti: questi gli ingredienti principali del romanzo "Tremiti di paura", un giallo godibile dello scrittore e giornalista Cesario Picca, classe 1972, penna veloce e divertente, un inno al piacere venato di noir.
Tutto merito del giornalista di "nera" nato dalla fantasia di Picca, il piacione Rosario Santacroce, cronista quarantenne salentino che vive a Bologna e lavora per un quotidiano locale.
Un uomo rude, loquace e carismatico q.b, amante di tutto ciò che può essere assaporato e goduto lentamente, dalle donne alla buona cucina, dal sole dorato del Sud al mare cristallino dell'isola di San Nicola.
Soprannominato Saru, è perseguitato dal lavoro, che lo segue anche in ferie, ed è proprio per questo che si trova invischiato nell’omicidio di una facoltosa turista bolognese, come lui in vacanza alle Isole Tremiti, una donna fascinosa che lo stesso protagonista aveva conosciuto il giorno prima durante un giro in barca, un incontro che aveva scatenato in entrambi un profondo e irrefrenabile desiderio.
Da qui inizierà una vorticosa indagine investigativa e giornalistica, un turbinio di prove, indizi, smentite e colpi di scena, favoriti anche dall’amicizia di Saru con il maresciallo della locale stazione, suo compaesano e alleato nelle indagini.
Lo stile è semplice e diretto, il linguaggio è reso ancor più accattivante dalle frequenti citazioni dialettali salentine (Andrea Camilleri docet), la trama contiene un buon mix di erotismo e suspense, leggerezza e realismo.
Anche i personaggi hanno la capacità di instaurare un rapporto di empatia col lettore, nonostante gli scivoloni nella stereotipizzazione non manchino, e la reiterazione nel racconto degli incontri amorosi tra il focoso Saru e la sua volitiva compagna, Elisa, rischi di risultare, talvolta, un po' ripetitiva, pur senza ledere la piacevole lettura di questo romanzo.
Nel complesso un libro leggero, gustoso, una lettura da ombrellone che ben si accompagna ad una vacanza fatta di sole, mare e voglia di divertirsi.
giovedì 17 novembre 2016
#cultura: Ambrosia di Libarna, racconto di un'etichetta d'autore
Sabato 26 novembre 2016, a partire dalle ore 15.00, appuntamento imperdibile con il magico e suggestivo racconto di un'etichetta d'autore realizzata per un grande vino come il Gavi Docg, capace di legare la storia antica di Libarna con il suo meraviglioso territorio.
Questo messaggio, nelle Terre del Gavi, è ormai una tradizione consolidata elevata a eccellenza grazie all’attività di promozione e valorizzazione promossa dal Consorzio tutela del Gavi.
Un progetto che si concretizzerà ulteriormente proprio sabato 26 novembre nella Sala Conferenze dell'Area archeologica di Libarna: quel giorno sarà protagonista Ambrosia di Libarna, l'etichetta disegnata dall'illustratore Massimo Sardi e scelta dal Consorzio tutela del Gavi per rappresentare la bottiglia istituzionale della vendemmia 2015.
Il programma della giornata prevede:
ore 15:00 - Una storia di violenza e liberazione: la trasformazione di ambrosia in vite (Marica Venturino); Il mito di Licurgo e Ambrosia nelle pitture e nei mosaici romani (Alessandro Quercia)
ore 16:00 - Presentazione dell'etichetta della bottiglia istituzionale Gavi Docg con interventi di: Massimo Sardi, illustratore e autore dell'etichetta "Ambrosia di Libarna"; Maurizio Montobbio (Il Gavi, un racconto di terra e di vita); Iudica Dameri (Il vino nell'arte)
ore 17:30 - Aperitivo con degustazione di prodotti di eccellenza del territorio come: farinata di Serravalle, gallette di farro, salame Nobile del Giarolo, bacio di Libarna in abbinamento al Gavi Docg.
Un appuntamento imperdibile, insomma, vietato mancare!
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venerdì 11 novembre 2016
#libri: Scassy, Fabio Girometta
Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Scassy" di Fabio Girometta: buona lettura!
Tutti noi abbiamo avuto, almeno una volta nella vita, una veneranda “Scassy”, piena zeppa di ricordi, un'automobile decisamente “vissuta”, used, al quale ci siamo affezionati e che ci accompagnati nei nostri anni migliori.
E “Scassy” è proprio la protagonista dell'omonimo libro per bambini scritto da Fabio Girometta, una favola moderna semplice ma estremamente accattivante, dove i valori della famiglia e i buoni sentimenti donano ai piccini un profondo insegnamento.
Tra le pagine di questo volume le vicende di una tipica famiglia dei nostri giorni, umile, un po' precaria ma unita come non mai, si intrecciano a quelle, arricchite da un bel pizzico di magia, di una vecchia auto un po' brontolona, capace di esprimere sentimenti ed emozioni, ma rigorosamente in dialetto.
Sarà un suggestivo viaggio tra le stelle a cementare ancor di più questa unione, e anche un salvataggio in extremis, quello di Giulia, la bimba protagonista del racconto, a concludere con un lieto fine questo centinaio di avventurose pagine.
Oltre alla trama decisamente divertente, anche lo stile concorre perfettamente a rendere questo romanzo appetibile anche dai più piccoli: i dialoghi sono fluidi, lineari, le parti in dialetto si prestano ad una lettura interpretativa che potrebbe diventare esilarante se fatta ad alta voce, magari nel contesto di una scuola primaria, la narrazione procede gradevolmente, come una classica fiaba da raccontare ai nostri bimbi.
Nel complesso un'opera ben costruita, sviluppata con coerenza stilistica e narrativa, permeata di positività, allegria e ottimismo, dove amore, amicizia, rispetto per se stessi e per il prossimo diventano i principi fondamentali da trasmettere, durante la lettura, a bambini e ragazzini.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Scassy" di Fabio Girometta: buona lettura!
E “Scassy” è proprio la protagonista dell'omonimo libro per bambini scritto da Fabio Girometta, una favola moderna semplice ma estremamente accattivante, dove i valori della famiglia e i buoni sentimenti donano ai piccini un profondo insegnamento.
Tra le pagine di questo volume le vicende di una tipica famiglia dei nostri giorni, umile, un po' precaria ma unita come non mai, si intrecciano a quelle, arricchite da un bel pizzico di magia, di una vecchia auto un po' brontolona, capace di esprimere sentimenti ed emozioni, ma rigorosamente in dialetto.
Sarà un suggestivo viaggio tra le stelle a cementare ancor di più questa unione, e anche un salvataggio in extremis, quello di Giulia, la bimba protagonista del racconto, a concludere con un lieto fine questo centinaio di avventurose pagine.
Oltre alla trama decisamente divertente, anche lo stile concorre perfettamente a rendere questo romanzo appetibile anche dai più piccoli: i dialoghi sono fluidi, lineari, le parti in dialetto si prestano ad una lettura interpretativa che potrebbe diventare esilarante se fatta ad alta voce, magari nel contesto di una scuola primaria, la narrazione procede gradevolmente, come una classica fiaba da raccontare ai nostri bimbi.
Nel complesso un'opera ben costruita, sviluppata con coerenza stilistica e narrativa, permeata di positività, allegria e ottimismo, dove amore, amicizia, rispetto per se stessi e per il prossimo diventano i principi fondamentali da trasmettere, durante la lettura, a bambini e ragazzini.
lunedì 7 novembre 2016
#libri: Posso e la fiamma nella foresta, Silvia Civano
Oggi vi voglio consigliare una lettura poetica, perfetta per deliziare e dare la buonanotte ai vostri bimbi, ma che sicuramente saprà rapire anche "noi grandi", l'esordio letterario nel mondo della narrativa per l'infanzia di Silvia Civano, genovese classe 1987, nonché mia ex collega di studi presso l'Università di Genova, Interfacoltà in Informazione ed Editoria.
Un piccolo libro dai testi interessanti, arguti e profondamente istruttivi, mai prolissi, dal ritmo accattivante e impreziositi dalle splendide illustrazioni di Andrea Modugno.
Protagonista di questa piccola, grande avventura è Posso, un esserino alto circa 10 cm, una creatura speciale che un giorno, a sua insaputa, si sveglia in un bosco sconosciuto, senza memoria del suo passato.
Il piccolo Posso ricorda soltanto il suo nome ma, con il passare del tempo, scoprirà di possedere dei poteri che si evolvono in base alle necessità e alla situazioni che si troverà a fronteggiare.
Siete curiosi di conoscere qualcosa in più su di lui? Allora non perdetevi il nuovissimo volume "Posso e la Fiamma nella foresta", che racconta il viaggio intrapreso dal nostro "eroe in miniatura" per cercare i suoi simili e ritrovare la propria misteriosa identità nel mondo di Candunia, ormai ridotto in cenere e disabitato.
Il vagabondare di Posso si divide tra questa dimensione magica e un bosco sperduto in Piemonte, dove imparerà a rendere se stesso e gli oggetti che desidera immateriali o invisibili, soprattutto per evitare di venire calpestato oppure di esser visto dagli umani.
Piccolo, con fattezze simili all'uomo (eccetto per i suoi grossi e ruvidi piedi), ma dotato di un coraggio da leoni, Posso decide un giorno di intraprendere un lunghissimo viaggio insieme alla sua migliore amica: Miss Lumachina Bla Bla.
Il percorso intrapreso li porta ad affrontare molte avventure: dal bosco, alla città, alla foresta Amazzonica, dove i due incontreranno ostacoli sempre più difficili da superare.
Pur avendo rischiato la vita nel “villaggio degli umani” dominato dal cemento e dalla frenesia, riusciranno comunque ad arrivare in Brasile, dove è invece la natura a regnare sovrana.
Qui incontreranno animali esotici mai visti prima ma non solo... perché in Amazzonia Posso scoprirà molto più di quello che avrebbe voluto trovare...
"Posso e la Fiamma nella foresta" fa parte della collana "The greenhouse" della casa editrice Il Prato, ma potete trovare ulteriori racconti brevi sul nostro piccolo, magico eroe anche sul blog di Silvia, a questo link, dove l'autrice presenterà ai suoi lettori dei piccoli assaggi, veri e propri prequel, alla storia più corposa narrata nel libro.
E ora un consiglio pratico: se volete acquistare questo volume, consigliatissimo, potete farlo spulciando all'interno di questo elenco di link alle librerie che lo rivendono:
http://libreriarizzoli.corriere.it/Posso-e-la-Fiamma-nella-foresta/0qGsEWcWTWMAAAFS04ZUBKBa/uEmsEWcWMKUAAAErNrkdhq_J/pc
https://www.bookrepublic.it/book/9788863363159-posso-e-la-fiamma-nella-foresta/
http://ebook.ilfattoquotidiano.it/catalog/product/view/id/202000/
http://www.amazon.it/Posso-Fiamma-nella-foresta-greenhouse-ebook/dp/B01BD30CPA/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1454485395&sr=1-1&keywords=Posso+e+la+fiamma
https://itunes.apple.com/it/book/posso-e-la-fiamma-nella-foresta/id1080278612?mt=11&app=itunes&ign-mpt=uo%3D4
http://www.ibs.it/ebook/silvia-civano/posso-e-la-fiamma/9788863363159.html
http://store.streetlib.com/posso-e-la-fiamma-nella-foresta
http://www.timreading.it/home.php/ebook-posso-e-la-fiamma-nella-foresta-silvia-civano-il-prato-9788863363159.html
http://www.libreriauniversitaria.it/ebook/9788863363159/autore-silvia-civano/posso-e-la-fiamma-nella-foresta-e-book.htm
http://www.omniabuk.com/scheda-ebook/silvia-civano/posso-e-la-fiamma-nella-foresta-9788863363159-330186.html
http://www.9am.it/sito/Catalog/Language0/Default.aspx?template=ebookDettaglio.html&ck=UOIWYTTTQ&F=Codice&V=%279788863363159%27
http://www.sanpaolostore.it/posso-fiamma-nella-foresta-silvia-civano-9788863363159.aspx
http://www.libreriaebook.it/ebooks/index.php?pag=scheda_ebook&isbn=9788863363159
http://ebook.unita.it/catalog/product/view/id/202000/
http://ebook.freeonline.it/scheda-ebook/silvia-civano/posso-e-la-fiamma-nella-foresta-9788863363159-330186.html
http://books.secretary.it/scheda-ebook/silvia-civano/posso-e-la-fiamma-nella-foresta-9788863363159-330186.html
http://www.amazon.fr/Posso-e-Fiamma-nella-foresta-ebook/dp/B01BD30CPA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454485486&sr=8-1&keywords=Posso+e+la+fiamma
http://www.amazon.de/Posso-Fiamma-nella-foresta-greenhouse-ebook/dp/B01BD30CPA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454485519&sr=8-1&keywords=Posso+e+la+fiamma
https://www.weltbild.de/artikel/ebook/the-greenhouse-italy-posso-e-la-fiamma-nella-foresta_21356917-1
http://www.hugendubel.de/de/ebook/silvia_civano-posso_e_la_fiamma_nella_foresta-25680319-produkt-details.html?searchId=1007505571
http://ebook.euronics.it/scheda-ebook/silvia-civano/posso-e-la-fiamma-nella-foresta-9788863363159-330186.html
http://www.peruebooks.com/ebook/0108662/posso-e-la-fiamma-nella-foresta
https://www.elcorteingles.es/ebooks/tagus-9788863363159-posso-e-la-fiamma-nella-foresta/
https://www.weltbild.de/artikel/ebook/the-greenhouse-italy-posso-e-la-fiamma-nella-foresta_21356917-1
https://www.weltbild.at/artikel/ebook/the-greenhouse-italy-posso-e-la-fiamma-nella-foresta_21356917-1
http://62.149.206.56/S//Silvia_Civano/Narrativa/ePub/Posso_e_la_Fiamma_nella_foresta.html
http://it.feedbooks.com/item/1637101/posso-e-la-fiamma-nella-foresta
http://www.amazon.co.uk/Posso-Fiamma-foresta-greenhouse-Italian-ebook/dp/B01BD30CPA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454485683&sr=8-1&keywords=Posso+e+la+fiamma
http://www.amazon.com/Posso-Fiamma-foresta-greenhouse-Italian-ebook/dp/B01BD30CPA/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454485720&sr=8-1&keywords=Posso+e+la+fiamma
http://www.casadellibro.com/ebook-posso-e-la-fiamma-nella-foresta-ebook/9788863363159/2803471
Un piccolo libro dai testi interessanti, arguti e profondamente istruttivi, mai prolissi, dal ritmo accattivante e impreziositi dalle splendide illustrazioni di Andrea Modugno.
Protagonista di questa piccola, grande avventura è Posso, un esserino alto circa 10 cm, una creatura speciale che un giorno, a sua insaputa, si sveglia in un bosco sconosciuto, senza memoria del suo passato.
Il piccolo Posso ricorda soltanto il suo nome ma, con il passare del tempo, scoprirà di possedere dei poteri che si evolvono in base alle necessità e alla situazioni che si troverà a fronteggiare.
Siete curiosi di conoscere qualcosa in più su di lui? Allora non perdetevi il nuovissimo volume "Posso e la Fiamma nella foresta", che racconta il viaggio intrapreso dal nostro "eroe in miniatura" per cercare i suoi simili e ritrovare la propria misteriosa identità nel mondo di Candunia, ormai ridotto in cenere e disabitato.
Il vagabondare di Posso si divide tra questa dimensione magica e un bosco sperduto in Piemonte, dove imparerà a rendere se stesso e gli oggetti che desidera immateriali o invisibili, soprattutto per evitare di venire calpestato oppure di esser visto dagli umani.
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Pur avendo rischiato la vita nel “villaggio degli umani” dominato dal cemento e dalla frenesia, riusciranno comunque ad arrivare in Brasile, dove è invece la natura a regnare sovrana.
Qui incontreranno animali esotici mai visti prima ma non solo... perché in Amazzonia Posso scoprirà molto più di quello che avrebbe voluto trovare...
"Posso e la Fiamma nella foresta" fa parte della collana "The greenhouse" della casa editrice Il Prato, ma potete trovare ulteriori racconti brevi sul nostro piccolo, magico eroe anche sul blog di Silvia, a questo link, dove l'autrice presenterà ai suoi lettori dei piccoli assaggi, veri e propri prequel, alla storia più corposa narrata nel libro.
E ora un consiglio pratico: se volete acquistare questo volume, consigliatissimo, potete farlo spulciando all'interno di questo elenco di link alle librerie che lo rivendono:
http://libreriarizzoli.corriere.it/Posso-e-la-Fiamma-nella-foresta/0qGsEWcWTWMAAAFS04ZUBKBa/uEmsEWcWMKUAAAErNrkdhq_J/pc
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venerdì 4 novembre 2016
#libri: Cari mostri, Stefano Benni
Una Madonna che, invece di piangere sangue, se la ride di gusto.
Un direttore di museo che sfida l'ira vendicativa di una mummia decisamente... vivace.
Demoni in crisi mistica, superati in malvagità dal genere umano.
Questi sono soltanto alcuni dei “mostri” che popolano la poliedrica raccolta di racconti, ben venticinque, che costituisce la tragicomica silloge di Stefano Benni (per l'appunto, Cari Mostri, Feltrinelli, 2015), autore “diabolicamente” bravo a mescolare generi e sottogeneri letterari anche molto differenti tra loro: si va dalla comicità più amara e tagliente all'orrore, elemento predominante insieme a una costante ironia, dall'elemento tragico al thriller più inquietante, dalla rivisitazione di spunti della letteratura classica a versioni “riviste e corrette” di personaggi e fatti di cronaca realmente accaduti.
Sesso, indulgenza verso il pulp e lo splatter più palese aggiungono ulteriore pepe alle storie offerte al lettore su un piatto d'argento, una più divertente e gustosa dell'altra.
Benni, da veterano qual è, insegna al lettore che i mostri non sono soltanto quelli rannicchiati sotto i letti dei bambini o dentro gli armadi, sarebbe forse troppo semplice scacciarli: i mostri, quelli veri, si nascondono dietro un'apparenza normale, quasi banale, un fedele smartphone può trasformarsi d'un tratto in un mostro che imprigiona nella solitudine più nera, un codice Iban dimenticato può tenerci in scacco per diverse ore, una cartella di Equitalia può trasformarsi nel peggiore degli incubi reali.
La contemporaneità si fa strada e si impone prepotentemente, tuttavia i patiti dell'horror più tradizionale non storcano il naso: non mancano certamente vampiri, alberi maledetti, mummie egizie assetate di sangue, creature malvagie a go – go, compreso un sentito (e, forse, dovuto) omaggio a Edgar Allan Poe, maestro del racconto di genere che ha fortemente ispirato quest'opera, ma in chiave assolutamente personale e originale.
Nel complesso, una sfida con un genere particolarmente difficile vinta cum laude da Benni, che si fa voce delle paure e dei problemi che assillano la società contemporanea, e lo fa con uno stile riconoscibile a prima lettura, fluido, ritmato, facilmente leggibile, avvincente fino all'ultima pagina.
E, fra le pagine, non è poi così difficile scovare l'insegnamento che l'autore dona al suo fedele lettore: la paura si può sconfiggere, ma soltanto con un pizzico di (auto)ironia.
"Questo articolo è apparso su Paper Street in data 02/11/2016. Per gentile concessione".
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/cari-mostri-stefano-benni.html
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venerdì 28 ottobre 2016
#libri: Non dirmi addio, Reika Kell
Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Non dirmi addio" di Reika Kell: buona lettura!
Lise è una ragazza dal vissuto difficile: sopravvissuta a un incidente che l'ha lasciata orfana dell'adorata madre e ricoperta di ferite (nell'anima, più che nel corpo, e sono le più difficili da rimarginare), si ritrova nuovamente a Hopefield, nell’albergo di famiglia, doloroso luogo della memoria capace di evocare gli spettri di un passato difficile da digerire.
La ragazza vi fa ritorno dopo anni, dopo esser fuggita col rocker Colin, bello e dannato, e aver rinnegato un padre depresso e una sorella che, da sola, tenta di salvare l'insalvabile.
Lise finirà per mettere in dubbio la propria vita e le proprie certezze, specialmente dopo l'incontro con Adam, un giovane scrittore misterioso, tanto superbo e arrogante quanto sensuale e malinconico.
Questo il tratteggio della trama di Non dirmi addio, romanzo sorprendente di Reika Kell, un volume che, fin dalle prime pagine, è in grado di catturare l'attenzione (e il cuore) del lettore.
Sarà grazie alla maestria del filo narrativo, allo stile pulito, evocativo, suggestivo, alla caratterizzazione dei personaggi, estremamente curata ed efficace, fatto sta che staccarsi da questo romanzo diventa veramente difficile.
La scoperta, pagina dopo pagina, del filo conduttore che lega i due protagonisti, lo sviluppo della passione che avvampa tra i due giovani, fino all'incredibile epilogo ricco di colpi di scena, tutto fa sì che le emozioni traspaiano gradualmente, facendo oscillare Non dirmi addio tra il romanzo sentimentale e il thriller psicologico, tra sensualità e dolore, sofferenza e redenzione.
Reika Kell sa trasportare il lettore in un abisso profondo e, apparentemente, insondabile, sa giocare abilmente con la gamma cromatica delle emozioni umane senza mai sbagliare un colpo, ma soprattutto sa donarci un messaggio positivo, di speranza: l'amore, quello vero, quello con la A maiuscola, quello che fa sussultare il cuore e lo rende libero, esiste; può essere mascherato, nascosto, sepolto sotto un passato di pesanti macerie ma, alla fine, emerge sempre, basta soltanto avere la pazienza, e il coraggio, di accoglierlo a braccia aperte, proprio come imparerà a fare la nostra Lise.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di una giovane autrice che promette decisamente bene: quest'oggi parliamo di "Non dirmi addio" di Reika Kell: buona lettura!
Lise è una ragazza dal vissuto difficile: sopravvissuta a un incidente che l'ha lasciata orfana dell'adorata madre e ricoperta di ferite (nell'anima, più che nel corpo, e sono le più difficili da rimarginare), si ritrova nuovamente a Hopefield, nell’albergo di famiglia, doloroso luogo della memoria capace di evocare gli spettri di un passato difficile da digerire.
La ragazza vi fa ritorno dopo anni, dopo esser fuggita col rocker Colin, bello e dannato, e aver rinnegato un padre depresso e una sorella che, da sola, tenta di salvare l'insalvabile.
Lise finirà per mettere in dubbio la propria vita e le proprie certezze, specialmente dopo l'incontro con Adam, un giovane scrittore misterioso, tanto superbo e arrogante quanto sensuale e malinconico.
Questo il tratteggio della trama di Non dirmi addio, romanzo sorprendente di Reika Kell, un volume che, fin dalle prime pagine, è in grado di catturare l'attenzione (e il cuore) del lettore.
Sarà grazie alla maestria del filo narrativo, allo stile pulito, evocativo, suggestivo, alla caratterizzazione dei personaggi, estremamente curata ed efficace, fatto sta che staccarsi da questo romanzo diventa veramente difficile.
La scoperta, pagina dopo pagina, del filo conduttore che lega i due protagonisti, lo sviluppo della passione che avvampa tra i due giovani, fino all'incredibile epilogo ricco di colpi di scena, tutto fa sì che le emozioni traspaiano gradualmente, facendo oscillare Non dirmi addio tra il romanzo sentimentale e il thriller psicologico, tra sensualità e dolore, sofferenza e redenzione.
Reika Kell sa trasportare il lettore in un abisso profondo e, apparentemente, insondabile, sa giocare abilmente con la gamma cromatica delle emozioni umane senza mai sbagliare un colpo, ma soprattutto sa donarci un messaggio positivo, di speranza: l'amore, quello vero, quello con la A maiuscola, quello che fa sussultare il cuore e lo rende libero, esiste; può essere mascherato, nascosto, sepolto sotto un passato di pesanti macerie ma, alla fine, emerge sempre, basta soltanto avere la pazienza, e il coraggio, di accoglierlo a braccia aperte, proprio come imparerà a fare la nostra Lise.
lunedì 24 ottobre 2016
#libri: Otel Bruni, Valerio Massimo Manfredi
La cascina nella pianura emiliana, i campi coltivati con fatica e sacrifici, la grande stalla, albergo dove ogni pellegrino può trovare ricovero e un piatto caldo di minestra, il luogo in cui ci si riunisce per raccontarsi storie durante le lunghe notti d'inverno, suggestivo retaggio di una tradizione millenaria.
Un mondo antico, fatto di valori semplici ma incredibilmente sentiti, di leggende ancestrali, superstizioni, sofferenze, ma anche solidarietà e piccole gioie quotidiane, un mondo autentico, quello abitato dai Bruni - Callisto, la Clerice, i loro figli, sette maschi e due femmine, una famiglia contadina stretta tra gli eventi della Storia, quella che non guarda in faccia nessuno, che scorre indomita senza curarsi dei suoi piccoli protagonisti.
Questo il contesto che fa da cornice a Otel Bruni (Mondadori, 2011), un'opera che, almeno in apparenza, si distacca dalla consueta produzione letteraria di Valerio Massimo Manfredi, perlopiù dedicata al mondo dell'epica e della storia greco/romana.
Il romanzo, ambientato nell’Italia della prima metà del ’900, possiede una potente forza descrittiva ed evocativa: il Paese è quello raccontato dai nonni e dai bisnonni, più oggettivo rispetto ai racconti familiari, più coinvolgente dei testi di storia che si studiano sui banchi di scuola; il contesto storico quello dell'Italia contadina e della sua irrefrenabile caduta nel nero baratro della Grande Guerra.
Un'opera che attraversa il genere storico e si avvicina al romanzo di formazione, ben percepibile specialmente nell'evoluzione costante dei personaggi, via via mossi da passioni e motivazioni sempre più contemporanee, dal desiderio e dal fascino della modernità, della vita borghese, dalla volontà di riscatto da una vita povera fatta di fatiche (molte) e soddisfazioni (poche).
Se la prima parte del racconto narra di quotidianità in toni decisamente realistici, la seconda, che va dall’ascesa di Mussolini alla seconda guerra mondiale, merita una menzione particolare per l'oggettività con cui vengono raccontate le motivazioni dei giovani di entrambi gli schieramenti politici, ragazzi semplici, influenzati da idee sufficienti a metterli l’uno contro l’altro, fino alla morte.
Lo stile è magistrale, racconta senza giudicare, con una scrittura pulita e chiara, affine a quella della cronaca, che non risparmia al lettore momenti di crudeltà affiancati ad altri di semplice e pura poesia.
Nel complesso un romanzo corale che, a pensarci bene, non si discosta forse poi così tanto dalla produzione manfrediana: protagonista è sempre la Storia, ma soprattutto coloro che la storia talvolta la fanno, altre volte la subiscono, sempre la influenzano e ne vengono influenzati, mantenendo comunque una profonda, ineluttabile umanità.
"Questo articolo è apparso su rivista Paper Street in data 02/10/2016 /. Per gentile concessione".
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/otel-bruni-valerio-massimo-manfredi.html
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venerdì 21 ottobre 2016
#libri: L'effimero fotografico, Giulia Carmen Fasolo
"A volte mi sembra di toccarla la vita attraverso l'analisi dell'otturatore che mi permette di intravederne il senso (spietato e patologico). Altre volte mi dissemina di significati che in parte colgo, in parte lascio perché incapace di comprenderli.
... In questa mia visione, la macchina fotografica assume le sembianze di una protesi di un arto amputato che non c'è più; protesi che talune volte mi serve, anzi mi disturba, tanto che la uso solo quando voglio. Non parto sempre con la macchina fotografica al collo, spesso la lascio di proposito a casa, appoggiata su un ripiano qualsiasi, con la ricarica elettrica volontariamente a secco. Poi sembra che stia lì a chiamarmi, a chiedermi spazio, uno sprazzo di luce o di ombra. E così ci incontriamo. Io e lei, andando nel resto del mondo".
Un rapporto intenso, emozionale, tangibile quanto capriccioso, quello che lega indissolubilmente Giulia Carmen Fasolo, autrice, scrittrice, editor e fotografa siciliana dalle mille sfaccettature, alla sua fedele macchina fotografica, come emerge chiaramente dalle pagine (poche, ma decisamente buone) di L'effimero fotografico (Edizioni Smasher, 2014) saggio suggestivo e poetico sull'arte della fotografia.
Un saggio che non pretende di essere tale, di porsi come opera omnia, esaustiva sull'argomento, ma come una serie di riflessioni che scivolano nel letterario e filosofico, condita da una visione assolutamente personale di questo variegato universo artistico.
E allora. leggendolo, scopriamo come la pensa Giulia (ma non solo lei, il volumetto è ricco di citazioni tratte da grandi autori e fotografi quali Heinrich Schwarz, Diego Mormorio, Walter Benjamin, Franco Vaccari e molti altri) circa il rapporto tra otturatore e morte, sessualità, quali sono i meccanismi di difesa (e chi di noi non li ha mai messi in atto, almeno una volta?) che scattano di fronte a un obiettivo, la psicologia che sta dietro la fotografia ma anche davanti, negli occhi (e nella mente) di chi si ritrova, volente o nolente, di fronte al "mirino" della camera.
Nel complesso, un tributo alla fotografia che è una dichiarazione d'amore, un effimero che può durare il tempo di un click, di uno scatto, o un'eternità quando ci si affida alle parole, un omaggio intenso che si sviluppa attraverso un attento e puntuale excursus analitico (per non dire, direttamente, psicoanalitico) e un'indagine semantica affascinante che emana una profonda conoscenza non soltanto della materia in esame, ma della cultura nella sua accezione più ampia, il tutto attraverso uno stile elegante ma non pesante, denso ma scorrevole come un volume di narrativa.
mercoledì 19 ottobre 2016
#libri: Harry Potter e la maledizione dell'erede, J. K. Rowling
Sono passate appena tre settimane dall'uscita in Italia dell'ottavo capitolo della saga di Harry Potter, La maledizione dell'erede, ed è bastato un solo, scarno volume per mutare un fulgido esempio di fenomeno mondiale della letteratura per ragazzi (e non) in pretesto, palesemente commerciale, per fare della scadente subcultura pop.
J.K. Rowling questa volta ha, purtroppo, mancato completamente il bersaglio, proponendo ai suoi fedeli, per non dire devoti, lettori un volume che si distacca nettamente dalla qualità e dalla bellezza, sicuramente poetica, dei volumi precedenti: un testo che non è romanzo ma adattamento di una sceneggiatura teatrale, una forma ardua, difficile da proporre al lettore che, se in alcuni casi potrebbe diventare accattivante, in altri, come questo, distrugge tutto il fascino della narrazione e dello svolgimento della trama.
E, a proposito della trama, scritta dalla stessa Rowling in collaborazione con gli sceneggiatori, autori e registi britannici Jack Thorne e John Tiffany, presenta spunti encomiabili, nonché i tratti cardine della poetica dell'autrice, amicizia, buoni sentimenti, coraggio, voglia di rivalsa, riscatto, perdono, assoluzione, tuttavia non prende il volo, non riesce a mantenere la magia che il lettore si sarebbe aspettato (e avrebbe preteso, a giusta ragione).
La magia e la suggestione delle ambientazioni, le descrizioni dettagliate e succose che hanno caratterizzato e reso celebri i sette volumi precedenti sono completamente sopite, ma il delitto maggiore è stato compiuto, forse, nei confronti dei personaggi: Potter, Weasley, Granger divenuti loro malgrado mere comparse esasperate nella loro caratterizzazione più estrema, le nuove leve (Albus e Scorpius, rispettivamente figli di Harry Potter e Draco Malfoy) ridotti ad una raffigurazione semplicistica, capovolta, dei genitori, uno capriccioso e stucchevolmente ribelle, l'altro totalmente privo di fantasia (come, del resto, gli autori), i buoni troppo buoni, i cattivi troppo cattivi, tutto troppo semplice, scontato, insomma.
Manca lo smalto, specialmente considerando che, i veri appassionati del mondo di Hogwarts, conoscono a memoria ogni battuta, ogni caratteristica dei propri personaggi preferiti, riescono persino a penetrare nella psicologia di ciascuno di loro, e questo soltanto grazie al meticoloso lavoro da cesellatore della Rowling dei bei tempi che furono; lavoro che, questa volta, è venuto completamente meno anche nello stile narrativo, più spiccio e grossolano.
Nel complesso, qualche barlume di positività in un mare di stereotipi, colpevole di aver spezzato una magia lunga quasi vent'anni e i sogni di milioni di lettori in tutto il mondo.
"Questo articolo è apparso su Paper Street in data 17/10/2016. Per gentile concessione".
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/harry-potter-e-la-maledizione-dellerede-j-k-rowling.html
venerdì 14 ottobre 2016
#libri: Keep calm e impara a capire l'arte, Alessandra Redaelli
Oggi non voglio proporvi una recensione, ma un vero e proprio consiglio per gli acquisti: sto parlando del libro "Keep calm e impara a capire l'arte", della storica dell'arte Alessandra Redaelli, un libro che, a vederlo, non gli daresti una cicca: troppo pop, dal titolo troppo commerciale, troppo... giallo, per i miei gusti.
E invece sorpresa: abbiamo magicamente tra le mani un volume completo ed esaustivo su quella che è l'arte contemporanea, quella dei giorni nostri, quella che, troppo spesso, ci appare assurda, troppo distante dall'umana comprensione, difficile da capire e, soprattutto, da amare.
"Keep Calm e impara a capire l’arte" (Newton Compton, euro 9,90), traccia una serie di profili ben definiti di artisti contemporanei, accompagnandoci per mano alla scoperta delle loro opere più significative; un libro leggero, di piacevolissima lettura ma estremamente efficace, in grado di analizzare puntualmente i concetti base dell’opera degli artisti, partendo dalle domande che tutti noi ci porremmo davanti ai loro lavori.
I protagonisti vengono raccontati per quello che sono, e l'autrice ci permette di capire a fondo quali sono le motivazioni che li hanno spinti a dipingere quadri completamente bianchi o blu, a inscatolare i propri escrementi o a farsi filmare durante i propri momenti più intimi.
Diviso in quattordici capitoli che trattano i temi dell’identità, della morte, del cibo, del denaro e del sesso, questo libro ci invita a essere curiosi e ad approfondire i temi che caratterizzano tutta l’arte contemporanea; d'altronde, il suggerimento iniziale arriva al lettore forte e chiaro: occorre “abbandonarsi al piacere”, lasciarsi guidare dal proprio istinto, dimenticare il pregiudizio, e il gioco è fatto.
Un libro che ha tanto da insegnare ai profani della materia, ma decisamente godibile anche per chi, di arte contemporanea, ne mastica parecchia.
mercoledì 12 ottobre 2016
#mostre: Ai Weiwei. Libero! sbarca a Firenze
Durante il mio ultimo viaggio a Firenze ho avuto modo di vedere una mostra davvero interessante: infatti dal 23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017, a Palazzo Strozzi, è possibile visitare la prima grande mostra italiana dedicata a uno dei più importanti e controversi artisti contemporanei: Ai Weiwei.
Artista dissidente e personalità provocatoria, Ai Weiwei ha invaso Palazzo Strozzi con opere storiche e nuove produzioni che coinvolgono tutto lo spazio circostante: la facciata, il cortile, il Piano Nobile e la Strozzina, uno spazio espositivo in grado di immergere il visitatore all'interno di un perfetto esempio del rapporto tra tradizione e modernità, tipico della produzione artistica dell'eclettico artista.
La mostra propone un percorso suggestivo ed eterogeneo tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto politico e simbolico, permettendo una totale immersione nel mondo artistico e nella biografia personale di Ai Weiwei.
Impossibile restare indifferenti.
Le opere esposte spaziano dal periodo newyorkese, tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui l'autore scopre l’arte dei suoi “maestri” Andy Warhol e Marcel Duchamp, per arrivare alle grandi opere iconiche del nuovo millennio, fatte di assemblaggi di materiali e oggetti come biciclette e sgabelli, fino alle opere politiche e controverse che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione artistica, come i ritratti dei più grandi dissidenti politici della storia, realizzati in mattoncini LEGO, o i recenti progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.
Per quanto riguarda la sua carriera, nel corso degli ultimi venti anni Ai Weiwei si è imposto sulla scena internazionale come il più famoso artista cinese vivente, sicuramente una delle più influenti personalità del nostro tempo, mescolando perfettamente attivismo politico e ricerca artistica al punto da diventare un vero e proprio simbolo della lotta per la libertà di espressione.
Nel complesso, una mostra che va assolutamente vista, ma soprattutto, capita, in grado di sintetizzare perfettamente il rapporto ambivalente dell'artista con il proprio Paese, perennemente diviso tra un profondo senso d’appartenenza, che emerge dall’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, e un altrettanto forte senso di ribellione talmente forte e violento da manipolare oggetti, immagini e metafore della cultura cinese, segnato indelebilmente dalle contraddizioni tra individuo e collettività nel mondo contemporaneo.
Artista dissidente e personalità provocatoria, Ai Weiwei ha invaso Palazzo Strozzi con opere storiche e nuove produzioni che coinvolgono tutto lo spazio circostante: la facciata, il cortile, il Piano Nobile e la Strozzina, uno spazio espositivo in grado di immergere il visitatore all'interno di un perfetto esempio del rapporto tra tradizione e modernità, tipico della produzione artistica dell'eclettico artista.
La mostra propone un percorso suggestivo ed eterogeneo tra installazioni monumentali, sculture e oggetti simbolo della sua carriera, video e serie fotografiche dal forte impatto politico e simbolico, permettendo una totale immersione nel mondo artistico e nella biografia personale di Ai Weiwei.
Impossibile restare indifferenti.
Le opere esposte spaziano dal periodo newyorkese, tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui l'autore scopre l’arte dei suoi “maestri” Andy Warhol e Marcel Duchamp, per arrivare alle grandi opere iconiche del nuovo millennio, fatte di assemblaggi di materiali e oggetti come biciclette e sgabelli, fino alle opere politiche e controverse che hanno segnato gli ultimi tempi della sua produzione artistica, come i ritratti dei più grandi dissidenti politici della storia, realizzati in mattoncini LEGO, o i recenti progetti sulle migrazioni nel Mediterraneo.
Per quanto riguarda la sua carriera, nel corso degli ultimi venti anni Ai Weiwei si è imposto sulla scena internazionale come il più famoso artista cinese vivente, sicuramente una delle più influenti personalità del nostro tempo, mescolando perfettamente attivismo politico e ricerca artistica al punto da diventare un vero e proprio simbolo della lotta per la libertà di espressione.
Nel complesso, una mostra che va assolutamente vista, ma soprattutto, capita, in grado di sintetizzare perfettamente il rapporto ambivalente dell'artista con il proprio Paese, perennemente diviso tra un profondo senso d’appartenenza, che emerge dall’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, e un altrettanto forte senso di ribellione talmente forte e violento da manipolare oggetti, immagini e metafore della cultura cinese, segnato indelebilmente dalle contraddizioni tra individuo e collettività nel mondo contemporaneo.
lunedì 10 ottobre 2016
#news: Paesaggio rurale e politiche agricole. Convegno dell'Associazione GentildonNa a Bergamasco
Sabato 29 ottobre a partire dalle ore 14.30 presso la sala consiliare del comune di Bergamasco (AL), si terrà un interessante convegno intitolato "Paesaggio rurale e politiche agricole", organizzato dall'associazione culturale locale GentildonNa.
Il programma dell'evento è particolarmente ricco, e prevede:
Il programma dell'evento è particolarmente ricco, e prevede:
- 14.30 Saluto di benvenuto di Cristina Piccarolo, Presidente dell'Associazione BelladonNa
- 14.40 Saluto del Sindaco di Bergamasco Gianni Benvenuti
- 14.50 Introduzione e apertura lavori da parte di Michele Maranzana
- 15.05 Giorgio Ferrero - Assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte
- 15.25 Franco Pozzoli - Responsabile CIA zona di Alessandria
- 15.45 Giancarlo Bassi - Coldiretti Alessandria
- 16.05 Roberto Giorgi - Confagricoltura Alessandria
- 16.25 Franco Fischetti - vice Presidente Agribio Piemonte
- 16.45 Coffee break
- 17.00 Enrico Gottero - ricercatore IRES Piemonte
- 17.30 Dibattito e conclusione dei lavori - Michele Maranzana
La partecipazione è aperta a tutti, vietato mancare!
venerdì 7 ottobre 2016
#fotografia: "The other side of Seoul", Fabio Menghinasso
Un mese e mezzo a Seoul. Un fotografo. Il risultato? Una serie di Polaroid intense e delicate al tempo stesso, dove la fluidità dei contorni, la scelta di immagini abilmente rubate alla quotidianità, la capacità di trasfigurare elementi paesaggistici apparentemente comuni in una dimensione che ha, per certi versi, un non so che di onirico, i colori quasi acquerellati, sfumati, pennellate di luce che pervade le immagini, le fa vivere, lasciando trasparire una profonda sensibilità e un occhio esperto, ma non per questo disincantato.
Di cosa sto parlando? Di un progetto fotografico decisamente interessante, "The other side of Seoul", di Fabio Menghinasso, giovane fotografo della provincia di Alessandria che ha tutte le carte in regola per emergere nel variegato mare magnum della fotografia contemporanea.
"Tutti noi abbiamo un'immagine della città moderna, piena di luci, con alti grattacieli, con uomini d’affari in continuo movimento e gente ricca grazie alla loro forte economia. E’ così in parte: Seoul ha una doppia faccia, è ricca nella parte sud ma povera al nord, dove la maggior parte dei palazzi è fatiscente, ci sono persone povere che in strada mendicano per il cibo e uomini in solitudine ridotti come automi a causa del lavoro asfissiante. Nelle mie polaroid ho voluto catturare un volto meno “turistico” della capitale coreana.”, sottolinea Fabio riguardo la sua esperienza.
E c'è riuscito, eccome se c'è riuscito, tant'è che questo reportage ha iniziato a circolare sul web ed è stato pubblicato anche da portali online specializzati, come ArtAbout.
Trasformare la quotidianità in bellezza: una mission ambiziosa, un risultato che, da solo, parla chiaro.
Di cosa sto parlando? Di un progetto fotografico decisamente interessante, "The other side of Seoul", di Fabio Menghinasso, giovane fotografo della provincia di Alessandria che ha tutte le carte in regola per emergere nel variegato mare magnum della fotografia contemporanea.
"Tutti noi abbiamo un'immagine della città moderna, piena di luci, con alti grattacieli, con uomini d’affari in continuo movimento e gente ricca grazie alla loro forte economia. E’ così in parte: Seoul ha una doppia faccia, è ricca nella parte sud ma povera al nord, dove la maggior parte dei palazzi è fatiscente, ci sono persone povere che in strada mendicano per il cibo e uomini in solitudine ridotti come automi a causa del lavoro asfissiante. Nelle mie polaroid ho voluto catturare un volto meno “turistico” della capitale coreana.”, sottolinea Fabio riguardo la sua esperienza.
E c'è riuscito, eccome se c'è riuscito, tant'è che questo reportage ha iniziato a circolare sul web ed è stato pubblicato anche da portali online specializzati, come ArtAbout.
Trasformare la quotidianità in bellezza: una mission ambiziosa, un risultato che, da solo, parla chiaro.
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lunedì 3 ottobre 2016
#libri: Io non amo, Jacopo Lupi
Ecco con un nuovo appuntamento dedicato agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con i portali culturali http://www.recensioniperesordienti.it/ e Chanceincomune.it per proporvi recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: si tratta di siti online nati dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di Io non amo di Jacopo Lupi: buona lettura!
Devis Reno è un ragazzo come tanti, studente universitario a Bologna e impiegato par-time nel policlinico Sant’Orsola, più incline agli eccessi che ai doveri di studente, dedito a divertimento sfrenato, serate alcoliche e, soprattutto, a decine di donne, ragazze di ogni età che, pur con lo slancio e la passione dei suoi vent'anni o poco più, non riesce ad amare realmente.
Il protagonista di Io non amo, di Jacopo Lupi, è un ragazzo come tanti, appunto, proprio perché non riesce a stare solo ma rifugge i legami duraturi, vuole emergere dalla massa ma nello stesso tempo vi precipita, puntualmente e razionalmente, trascinando nel suo vortice di autodistruzione i personaggi che fanno da cornice alla sua vicenda, la bella Ilaria, Michela detta Mimì, l'inseparabile amico Claudio.
La trama risulta avvincente poiché gioca sull'empatia creatasi con il lettore, specialmente se si tratta di un pubblico giovanile, tuttavia lo sviluppo della stessa diventa, a tratti, fumosa, ripetitiva nella narrazione quasi ossessiva delle vicende amorose (o meglio, sessuali, come intuiamo già dal titolo) del protagonista, in una ricerca del piacere che non ha nulla delle raffinatezza sensuale ed elegante dannunziana ma più il sapore di un mordi e fuggi - insapore - da fast food contemporaneo.
Specchio di una società, quella dei giovani d'oggi, in lento ma progressivo disfacimento, o inanellarsi continuo di stereotipi sui generi?
Difficile stabilirlo con certezza, fatto sta che risulta quasi fastidiosa la lettura delle riflessioni, profondamente sessiste, del giovane protagonista, dove la donna viene relegata alla sua amara funzione di oggetto, tanto deprecata sul piccolo schermo ma mai abbastanza nella realtà quotidiana.
Anche lo stile, fluido e vicino al parlato, se da un lato può stimolare l'attenzione del lettore poiché semplice e accattivante, dall'altro scivola nel prolisso, specialmente nelle digressioni riflessive (sottolineate tipograficamente con l'utilizzo massiccio del corsivo) che risultano fini a se stesse ed eccessivamente reiterate.
Nel complesso un romanzo ambizioso, che presenta qualche spunto originale, personaggi ben tratteggiati psicologicamente affini alla contemporaneità, tuttavia privo di poesia, di fascino narrativo, dove le esperienze di vita vissuta vengono narrate in maniera eccessivamente prosaica, sottraendo pathos ed emozione, purtroppo, anche all'epilogo a sorpresa.
Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: si tratta di siti online nati dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web.
E allora proseguiamo con la nostra avventurosa partnership con la recensione di Io non amo di Jacopo Lupi: buona lettura!
Devis Reno è un ragazzo come tanti, studente universitario a Bologna e impiegato par-time nel policlinico Sant’Orsola, più incline agli eccessi che ai doveri di studente, dedito a divertimento sfrenato, serate alcoliche e, soprattutto, a decine di donne, ragazze di ogni età che, pur con lo slancio e la passione dei suoi vent'anni o poco più, non riesce ad amare realmente.
Il protagonista di Io non amo, di Jacopo Lupi, è un ragazzo come tanti, appunto, proprio perché non riesce a stare solo ma rifugge i legami duraturi, vuole emergere dalla massa ma nello stesso tempo vi precipita, puntualmente e razionalmente, trascinando nel suo vortice di autodistruzione i personaggi che fanno da cornice alla sua vicenda, la bella Ilaria, Michela detta Mimì, l'inseparabile amico Claudio.
La trama risulta avvincente poiché gioca sull'empatia creatasi con il lettore, specialmente se si tratta di un pubblico giovanile, tuttavia lo sviluppo della stessa diventa, a tratti, fumosa, ripetitiva nella narrazione quasi ossessiva delle vicende amorose (o meglio, sessuali, come intuiamo già dal titolo) del protagonista, in una ricerca del piacere che non ha nulla delle raffinatezza sensuale ed elegante dannunziana ma più il sapore di un mordi e fuggi - insapore - da fast food contemporaneo.
Specchio di una società, quella dei giovani d'oggi, in lento ma progressivo disfacimento, o inanellarsi continuo di stereotipi sui generi?
Difficile stabilirlo con certezza, fatto sta che risulta quasi fastidiosa la lettura delle riflessioni, profondamente sessiste, del giovane protagonista, dove la donna viene relegata alla sua amara funzione di oggetto, tanto deprecata sul piccolo schermo ma mai abbastanza nella realtà quotidiana.
Anche lo stile, fluido e vicino al parlato, se da un lato può stimolare l'attenzione del lettore poiché semplice e accattivante, dall'altro scivola nel prolisso, specialmente nelle digressioni riflessive (sottolineate tipograficamente con l'utilizzo massiccio del corsivo) che risultano fini a se stesse ed eccessivamente reiterate.
Nel complesso un romanzo ambizioso, che presenta qualche spunto originale, personaggi ben tratteggiati psicologicamente affini alla contemporaneità, tuttavia privo di poesia, di fascino narrativo, dove le esperienze di vita vissuta vengono narrate in maniera eccessivamente prosaica, sottraendo pathos ed emozione, purtroppo, anche all'epilogo a sorpresa.
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